Tolo Tolo recensione: grottesco, acido e provocatorio. Ecco cosa c’è da sapere sull’ultimo film di Checco Zalone

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Dimenticate il trailer Immigrato e archiviate le polemiche che ne sono scaturite. L’ultimo film di Checco Zalone, che sbarca domani nei cinema italiani, è qualcosa di completamente diverso. Chi ha visto la pellicola in anteprima si sbilancia: è il film della svolta. Abbiamo trovato qualche recensione di Tolo Tolo sul web e sembrano tutti concordare sulla buona riuscita dell’opera. Riuscirà a bissare il successo straordinario di Quo vado?

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Tolo Tolo recensione: un film di rottura

Secondo la recensione di chi ha avuto la fortuna di vedere Tolo Tolo in anteprima, l’ultimo film di Checco Zalone saprà sorprendere. Nella pellicola, che esce quattro anni dopo Quo vado?, si riconosce la comicità esilarante del protagonista ma con qualche nota diversa. Forse, di maturità.

Pur non essendo mai aggressivo, moralista o moralizzatore, e volgare, questa volta Checco è meno candido (ma forse sotto sotto più buono); e il film più provocatorio, grottesco, acido. Perfino più cattivo” scrive Comingsoon.

Una comicità a tratta amara, pare di capire, che fa ridere e riflettere non tanto sul ‘diverso’ ma sui difetti degli italiani. Di quelli che, ad esempio, come il personaggio principale, scappano all’estero per evadere le tasse.

Sconsigliato ai sovranisti

La trama del film si snoda attraverso avventure e disavventure, anche surreali che vedono protagonista un imprenditore italiano che si trasferisce in Kenya per sfuggire alla pressione fiscale italiana. Dal cuore dell’Africa tornerà in Italia insieme a un gruppo di migranti, attraversando il deserto e imbarcandosi per approdare sulle coste del Belpaese.

“Tolo Tolo – si legge in un’altra recensione è un film altamente sconsigliato all’”italiano medio” con derive sovraniste, a meno che non sia disposto a ridere di sé. L’eventualità è remota, ma in fondo non impossibile. E di contro, il film è pronto a scontentare anche l’area radical, come chiunque abbia perso la voglia di stupirsi (…) E il risultato è un linguaggio del tutto personale, irriverente e politico, che non risparmia alcun cliché dell’Italia di oggi”.