Che cosa sono le messe a San Gregorio e perché fanno parte del dialetto romanesco? Tutti i dettagli sull’espressione

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Roma non solo è ricca di storia, cultura e tradizione, ma possiede un dialetto romanesco che raccoglie una miriade di espressioni conosciute ormai in tutta Italia. So finite le messe a San Gregorio ne è un esempio. Scopriamo l’origine, il significato ed altre curiosità al riguardo.

So finite le messe a San Gregorio nel dialetto romanesco: significato e origine

L’espressione Sò finite le messe a San Gregorio fa parte del dialetto romanesco ed ha origine proprio dalla Chiesa di San Gregorio dove molto tempo fa si celebrava la messa alle ore 13:00 per far sì che anche i ritardatari o i più pigri potevano seguire la celebrazione.

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Attualmente, però, l’orario della messa è cambiato e in particolare a San Gregorio non vengono più celebrate. Tuttavia, l’espressione è rimasta nel dialetto romanesco che sta a significare appunto: è finita la pacchia.

Altre curiosità sulla chiesa di San Gregorio al Celio

La chiesa San Gregorio al Celio è di origine medievale, fondata nel 575 d.C da San Gregorio Magno (Gregorio I). Ha subito delle modifiche nel XVII e XVIII secolo. Nella cappella Salviati vi è un dipinto della Vergine che, secondo la leggenda, avrebbe parlato a San Gregorio.

Egli proveniva da una antica famiglia romana nobile, la gens Anicia, da cui era originario anche Papa Felice III. Poi trasformò la sua casa in un monastero e dedicò la chiesa a Sant’Andrea Apostolo.

Possiamo analizzare la struttura della chiesa sia da un punto di vista interno che esterno. La parte interna è di tipo barocco ed è divisa in tre navate separate da sedici colonne antiche, decorate con pilastri e stucchi. Ci si sono mosaici interessanti e un pavimento cosmatesco.

All’esterno della chiesa ci sono diversi oratori a cui si può accedere attraverso un piccolo giardino, che ospita opere d’arte come quelle di Gregorio Magno che conserva il trono in marmo del Papa. Poi ancora, opere dedicate a Sant’Andrea, Santa Barbara e Santa Silvia.

FOTO: SHUTTERSTOCK