La macabra curiosità che si cela dietro l’obelisco di Villa Celimontana

Roma oltre i luoghi comuni, oltre gli stereotipi e le critiche… ecco la Roma che ci piace: quella che risorge ogni volta che si scopre una leggenda nuova, una storia ancora non ascoltata, un monumento di cui non si conosceva l’esistenza.

La Capitale continua a regalarci chicche e segreti custoditi sinora, come quello macabro e terribile nascosto sotto l’obelisco di Villa Celimontana.

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L’obelisco in questione è di origine egizia e riporta il nome di Ramses II (1279-1213 a.C.), portato a Roma nel XV secolo per decorare un tempio di Iside sul Campidoglio. Nel 1582 divenne un regalo che il senato romano fece al duca Ciriaco Mattei per ringraziarlo della sua preziosa collaborazione con i musei capitolini, per conto dei quali aveva raccolto preziosissime opere d’arte.

Il duca lo fece restaurare, collocandolo sopra un masso rosso vivo in modo da diventare un ornamento ben integrato nello stile architettonico della villa. Facciamo però un salto nel 1820, quando fu don Manuel Godos ad acquistare la prestigiosa residenza nella capitale e diventarne proprietario. Il principe della Pace e di Bassano volle restaurarlo completamente e spostarlo da un’altra parte.

Per l’occasione Don Manuel diede una grande festa cui invitò i personaggi più in vista della Roma dell’800, e proprio durante quei momenti di gioia e spensieratezza si consumò la tragedia.

Un operaio che lavorava per il signore era intento a pulire il basamento dell’obelisco dalla ghiaia, quando una corda si ruppe e il masso pesante cadde sulle sue mani, tranciandole di netto.

Leggenda vuole che lo sfortunato operaio, apprezzato in città per la sua allegria, impazzì dal dolore e Don Manuel, rapito dai sensi di colpa, lo prese con lui conferendogli un lauto vitalizio.