Edita da Edizioni Curci, è disponibile la colonna sonora de ‘La Bella Estate’ firmata da Francesco Cerasi. La nostra intervista.

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Arriva nelle sale il 24 agosto il nuovo film di Laura Luchetti La Bella Estate e, contemporaneamente, esce in digitale la colonna sonora originale della pellicola firmata da Francesco Cerasi ed edita da Edizioni Curci. Una sfida non semplice proprio per le molteplici sfaccettature del lungometraggio, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Cesare Pavese. La colonna sonora – registrata dal compositore insieme all’Orchestra di Roma – è ispirata alla tradizione musicale tardo romantica proprio per rimandare all’estetica dell’epoca. Per comporla, Francesco Cerasi è partito dal brano La bella estate, non sincronizzato nel film: il primo scritto per il progetto.

«Quando si fa un tema, se piace al regista, si cerca di portarlo nel film. – ci dice subito Francesco – In questo caso, ci siamo accorti che il tema sembrava appartenere a questi due personaggi e all’epoca. Tuttavia ci sembrava anche troppo cantato. Si dice che al cinema la migliore musica è quella più giusta e non quella più bella. È musica applicata e, come nelle relazioni, è tutta questione di spazi. Il brano non lasciava il giusto spazio al racconto, ma è stato la mamma degli altri pezzi. Abbiamo pensato più a cellule organizzate un po’ meglio nella trama della colonna sonora. È bizzarro, ma è così».

Francesco Cerasi e la non musica

L’equilibrio degli spazi è del resto necessario quando si compone musica per immagini. «Mi capita a volte di proporre al mix, quando stiamo per ultimare il film, di sfilare qualche secondo di musica o brani interi. – dice Cerasi – C’è una potenza maggiore nella struttura». Un’operazione che potrebbe essere paragonata, per il compositore, al mondo dell’architettura: «Ci sono gli appassionati di barocco, ma c’è anche il romanico. – ci spiega – Avere 175mila note in 5 secondi è interessante in certi casi, ma controproducente in altri. Avere la musica dall’inizio alla fine del film crea un horror vacui. Pensa che il film più bello che ho visto in sala è Roma di Alfonso Cuarón, che non ha una colonna sonora originale. La musica però c’è: in una scena in una galleria, i clacson sono intonati e creano una trama musicale. Ne La Bella Estate è stato possibile farlo. C’era bisogno di sentire la musica e la non musica, che è diversa dal silenzio».

Un lavoro sinergico ma neanche troppo. Francesco Cerasi ci confessa ridendo che Maria Cristina La Parola – costumista del film – è in realtà la sua compagna («Ha fatto un lavoro incredibile»). Nell’ottica però di produrre composizioni pure, Cerasi ha dovuto allontanarsi tanto dal film. «Altrimenti – ci spiega – rischiavo di commentare l’estetica, mentre per me è importante riuscire ad avere il fuoco sull’emotività e sullo schema dinamico dei personaggi. Ho cercato di non farmi trasportare troppo. Un anno fa ho scritto La Bella Estate leggendo la sceneggiatura. Subito dopo ho composto altri brani rimasti invariati nel film. Verso gennaio, quando il film era pronto, ho iniziato a raffinare alcune cose e correggerne altre che potevano migliorare».

Il lavoro con regia e maestranze

Estetica e emotività devono andare di pari passo. Ma anche «indovinare l’immaginazione del regista» non è così semplice. «Partiamo in parallelo e bisogna giocare a indovinarsi. – dice Cerasi – Devo cercare di creare una musica che abbia un senso. Mi sono astratto all’inizio per cercare il canto di queste due donne e dopo ho lavorato molto sulle scene. Ce ne sono alcune in cui ho stemperato il ritmo. Ecco, il lavoro in sinergia col montaggio è straordinario». Del resto, Cerasi e Laura Luchetti si conoscono dal 2008: «Abbiamo un’intesa molto spontanea sulla musica. Anche quando non indoviniamo subito quello che immaginiamo, il procedimento di correzione o finalizzazione è brevissimo. È difficile che non ci capiamo».

La sfida maggiore è dunque stata proprio condurre il «processo di eliminazione del troppo cantato»: «Rischiavamo – spiega Cerasi – di suggerire una colonna à la Orgoglio e Pregiudizio. Di farci prendere più dall’epoca che dal senso. La storia di Pavese è modernissima in realtà, anche se è ambientata quasi un secolo fa. Parla di sentimenti che ora per i giovani sono primari: l’apparire con una foga talvolta malsana talvolta e la libertà che possiamo chiamare fluidità e che viene raccontata con naturalezza. Non c’è un giudizio. Non c’era bisogno di cantarci troppo sopra. Bisognava far cantare le protagoniste e le immagini. È stato un lavoro delicato, ma faticoso per fortuna no».

Infine, Francesco Cerasi commenta il lavoro con l’Orchestra Romana: «Ha dato molto colore alla musica. Ci sono due correnti: c’è chi dice che la musica è suono e chi dice che è note. La verità sta nel mezzo. Il suono è importante per una composizione e abbiamo voluto un organico da camera perché è l’unico riferimento a quell’epoca. C’è poi una dose di spring attitude, di voglia di far fiorire questa melodia in un’esposizione solare ed estiva. La Bella Estate, a dispetto del titolo, parla di quattro stagioni. Al primo brano si contrappone quindi Doler d’amor, il suo contraltare».