Fare la cresta è un modo di dire molto diffuso in tutta Italia, specialmente a Roma, ma cosa ha a che vedere con l’uva?

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Fare la cresta è un modo di dire molto diffuso in tutta Italia, specialmente a Roma, ma cosa ha a che vedere con l’uva?

‘Ammazza che giannetta!’, sai perché a Roma si dice così quando tira vento?

“Fare la cresta”, il suo significato

Sono tanti i modi di dire comunemente usati nella vita di tutti i giorni di cui, se ci fermiamo a riflettere, non conosciamo l’origine. “Fare la cresta” viene usato in tutta Italia in differenti situazioni, con diverse inclinazioni dialettali e, specialmente a Roma, si conosce molto bene il suo significato.

Infatti, si accusa qualcuno di fare la cresta quando sta per compiere, ha intenzione di compiere o ha compiuto un’azione furba, truffaldina, spesso al fine di risparmiare un po’ di soldi dovuti a qualcun altro.

Il tono adottato in queste situazioni è lamentoso, accusatorio, di denuncia verso qualcuno che si sta comportando in maniere sleale e non corretta.

Le origini del detto

“Fare la cresta” non ha nulla ha che vedere, come si potrebbe pensare, alla cresta di qualche animale. Per conoscere le sue origini dobbiamo spostarci nel campo agricolo, in particolare verso i raccolti dell’uva.

In passato i contadini, nello svolgimento delle loro mansioni quotidiane, si ritrovavano ore e ore a raccogliere l’uva dalle viti, grappolo dopo grappolo. Viene naturale credere che nel frattempo la fame possa farsi sentire e che più di un contadino possa pensare di conservarsi qualche grappolo per suo esclusivo utilizzo.

Ovviamente era un comportamento irregolare, descritto con “fare l’agresto”. L’agresto era un condimento molto simile all’attuale aceto, realizzato con l’uva acerba. L’atto di conservare l’uva da parte dei contadini viene da questo particolare condimento fatto con l’uva, ma veniva utilizzato per l’appunto per denunciare questo tipo di comportamento disonesto.

Ovviamente con il passare del tempo il termine “agresto” si è gradualmente trasformato in “cresta” e così siamo arrivati all’attuale forma del modo di dire.