Calendimaggio liberatorio

Quell’immaginaria linea Maginot che ci separava dalla fase 2 scompare infine col 4 di maggio.  Nell’illusorio orologio del tempo,  ancora vittime di un invisibile e subdolo vagabondo con la testa coronata, organismo onnivoro che là fuori ci attende sempre con irriducibile  protervia,  ce ne restiamo ligi alle regole del lock-down, ma profondamente irrequieti nell’aspettativa di come andrà a svolgersi un’ambigua fase 2.

Il silenzio assordante è l’ossimoro che ci tiene ancora compagnia. Dalle finestre sventolano le bandiere tricolori ormai consunte dalle piogge invernali, in un simbolico abbraccio a tutti gli italiani che hanno sofferto e che continuano ad essere falcidiati da un nemico che nemmeno la scienza riesce ancora a capire da quale preciso focolaio provenga. E’ la guerra dei “ma” e dei “forse”,  dei presunti complotti, delle ricerche di laboratorio da parte della bioingegneria cinese di Wuhan dalle quali sarebbe sfuggito il coronavirus. Certamente, di colpevoli trame del silenzio.

Gli animali, nelle città vuote, si stanno riprendendo il loro territorio  com’era nella notte dei tempi quando comparvero sulla faccia del globo. I cinghiali razzolano nelle strade deserte. Gli uccelli, nei loro voli aerodinamici cari a Leonardo da Vinci, sono i veri padroni dell’aria, degli alberi, delle grondaie. Sono tornati i pappagallini verdi, gli aggressivi gabbiani, i timidi pettirossi, i corvi e  le cornacchie, i piccioni affamati che cercano un nido sulle caldaie  dei balconi dopo essersi esibiti in romantiche e inimmaginabili  danze riproduttive.

Ora che i parrucchieri potranno riprendere in mano le loro forbici,  le signore dello show-biz diranno addio alle loro chiome spampanate che ci strappavano un sorriso. Finiranno le gare all’ingrasso, le spaghettate invernali, le torte fatte in casa e manicaretti vari. Finiranno le gratuite performance ginniche in video-skype seguite magari da corroboranti immersioni in piscina secondo l’usanza finlandese.

Tutto  ciò a fronte di certe abitazioni popolari, specie dal centro Italia fin verso il Mezzogiorno, laddove, nella più amara delle contraddizioni,  sono costrette a vivere intere famiglie  in pochi metri quadrati invasi dall’umidità, con la pioggia che penetra dai soffitti e dove i topi se la ballano in barba al coronavirus. Lì, la ginnastica si fa, e molto faticosa,  per mettere insieme il pranzo con la cena.

E’ questo lo scenario di un tempo senza tempo, tra realtà confezionate e realtà vere . Crogioliamoci allora in questo periodo di costrizione che ancora ci resta.  Forse, ne avremo nostalgia. Tenere duro significa aiutare noi stessi e gli altri ad uscire dall’impasse del momento. Abbassare la guardia significa invece vanificare alcuni risultati confortanti di regressione del contagio.

Cosa ci attende non si capisce molto bene. Per ora, restiamo chini sui nostri tavoli di lavoro in un obbligato smart-working,  E se quest’estate  verranno riaperti gli stabilimenti balneari,  quale impatto  surreale sarà la visione di una spiaggia divisa in scomparti familiari da lastre di plexiglass… E ci vorranno informare se queste lastre, sotto i raggi cocenti del sole,  ci creeranno un soffocante effetto serra?

Che dire poi dei famosi “congiunti”? Secondo le informazioni,  si tratta dei parenti fino al 6° grado e, per il coniuge, fino al 4° grado.   Ed allora dovremo andare in giro con lo stato di famiglia storico o, quantomeno, con  un bell’ elenco di parenti, amici, fidanzati ufficiali  e filarini occasionali.  E le famiglie allargate dove le mettiamo?  Tutti a bagno nell’acqua di mare che, nell’obbligo del  condizionale, dovrebbe essere il peggior  nemico del coronavirus!  Viene poi da chiedersi, cosa succederà una volta usciti dall’acqua? Tutti di corsa a rintanarsi nelle cabine di plexiglass.

Vero è che le ragioni di un’economia italiana allo stremo delle sue forze impongono certe  scelte, d’altronde piuttosto costose per gli operatori del turismo se non vogliono chiudere del tutto le loro attività, quel turismo che, neanche a dirlo,  è il primo volano delle nostre risorse.

Sarà dunque una strana e difficile estate all’insegna del futuribile.  Sicuramente, non sarà un “tana libera tutti“!

Angela Grazia Arcuri

Roma, 4 maggio 2020