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Roma non è soltanto un cielo aperto ma anche un insieme di tradizione, storia e modi di dire tramandati generazione dopo generazione. Sono tante le espressioni romane conosciute in tutta Italia, tra questi vi è “Becca sti spicci: ne avete mai sentito parlare? Ecco l’origine e altre curiosità al riguardo.

“Becca sti spicci”, qual è il significato?

Becca sti spicci” letteralmente significa Tieni queste monete. Solitamente viene usata quando qualcuno vuole fare vedere di aver compiuto un’impresa di una certa difficoltà o vuole ostentare qualcosa.

“Becca sti spicci”, qual è l’origine del modo di dire?

L’origine di Becca sti spicci è incerta, ma all’espressione è stata accreditata un’ipotesi ben precisa.

Essa rimanda al gesto di elemosinare ma in modo dispregiativo. Infatti, solitamente si pensa all’azione di gettare dei soldi a terra, che è un atto umiliante, e al soggetto che dovrebbe raccoglierli. Dunque ne esce un rapporto di gerarchia tra chi “offre” e chi “prende”. Il termine “spicci” indica le monete di poco valore, che, tuttavia, per la persona umiliata potrebbero essere utili.

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L’espressione oggi viene usato in modo ironico, anche se non mancano persone che ne fanno un uso improprio e di disprezzo.

Il modi di dire sopracitato è legato alla Roma coatta, quando qualcuno per forza doveva dimostrare qualcosa mettendo in cattiva luce l’altro.

Il “coatto” è infatti un individuo rozzo, dalla parlata volgare e dall’abbigliamento privo di gusto. La frase, infatti, è usata quasi sempre con enfasi da chi ha il fare “sbruffone”, “spaccone” cioè qualcuno che si dà delle arie, insomma il tipico sborone romano a cui piace farsi notare.

Altri modi di dire del dialetto romano

Il dialetto romano è ricco di modi di dire e alcune frasi vengono usate anche in altre parti d’Italia. “Sei figlio dell’oca bianca”, “Non farti infinocchiare”, “Fare il giro delle sette chiese”.

Fare il giro delle sette chiese”, è un modo di dire conosciuto in tutta Italia, oggi, con questa espressione si indica il tempe che si perde a girare a vuoto o il tentativo di avere organizzato un incontro con qualcuno per parlargli, ma senza aver riscontrato successo.

Poi ancora il “figlio della gallina bianca”, in latino “gallinae filius albae”. Tale espressione si trova anche nella XIII satira di Giovenale, nell’Istitutio oratoria di Quintiliano e negli Adagia di Erasmo. La frase è diventata comune ed è usata in ogni circostanza: tra i banchi di scuola, negli ambienti di lavoro, in famiglia. Insomma, è diventata un modo dire del linguaggio quotidiano.

FOTO: SHUTTERSTOCK