Tra le rovine dell’Appia Antica si nasconde una storia di potere, violenza e ingiustizia: la tragica fine di Annia Regilla.

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Tra i cipressi e i resti dei mausolei che costeggiano l’Appia Antica, si nasconde una delle storie più drammatiche dell’antica Roma: quella di Annia Regilla. Dietro l’eleganza di un tempietto sopravvissuto ai secoli si cela una oscura storia di potere, violenza e ingiustizia che ancora oggi ci invita a riflettere. È la storia di una donna nobile, amata dal popolo, ma vittima del suo stesso destino. L’avevi mai sentita?

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La storia di Annia Regilla: un matrimonio dorato che si trasformò in incubo

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Annia Regilla nacque nel II secolo d.C. in una famiglia aristocratica legata alla corte imperiale: una vita di agi e privilegi la attendeva. Ma a soli 14 anni fu data in sposa a Erode Attico, ricchissimo retore greco e precettore di Marco Aurelio.

L’unione, più politica che amorosa, la portò lontano da Roma, in un mondo dominato dalla volontà del marito, noto per il carattere collerico e autoritario.

In Grecia, Regilla cercò di costruirsi un ruolo: divenne sacerdotessa e benefattrice, ma la vita domestica si trasformò presto in un inferno. Erode era spesso violento e infedele, e la giovane moglie, incinta del sesto figlio, trovò una morte orribile: venne percossa da un servo su ordine del marito e morì a soli 35 anni. Il fratello Bradua portò Erode a processo accusandolo di omicidio, ma il potente retore fu assolto, probabilmente grazie all’intercessione dell’imperatore Marco Aurelio.

Dopo il processo, Erode tentò di cancellare i sospetti costruendo monumenti grandiosi in memoria della moglie. Tra questi, il più celebre è il cenotafio sull’Appia Antica, nel cuore dell’attuale Parco della Caffarella. L’edificio, spesso chiamato “Tempio del Dio Redicolo”, è in realtà un monumento vuoto dedicato a Regilla, ornato da colonne corinzie, fregi a meandro e una facciata scenografica.

Ancora oggi, tra le rovine dell’Appia, il “mausoleo di Annia Regilla” resta un muto testimone di un femminicidio ante litteram, simbolo del potere e della violenza patriarcale nella Roma imperiale.

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