Le regole per la riapertura dei ristornati nella fase due non soddisfano gli operatori del settore e anche i grandi chef rischiano il tracollo

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I grandi chef tuonano contro il governo. Le regole per la riapertura dei ristoranti nella fase due non soddisfano e, sebbene sia necessario tornare al lavoro, è importante – ritengono i ristoratori – essere messi in condizione di poterlo fare senza fallire. Sono numerose le voci di ristoratori e rinomati cuochi di fama internazionale che si sono alzate negli ultimi giorni, chiedendo maggiore attenzione al governo per un settore strategico per il Paese ma che rischia il tracollo.

Riapertura ristoranti fase due, parlano i grandi chef

Ha fatto molto rumore, nei giorni scorsi, l’intervista di Alessandro Borghese al Corriere della Sera. Lo chef protagonista di show televisivi di successo ha lanciato l’allarme. “Senza aiuti dello Stato resisto un mese” aveva detto.

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Borghese ha sottolineato i ritardi sulla cassa integrazione: lui stesso ha anticipato l’assegno ai suoi 64 collaboratori. E poi, ha detto, servono aiuti immediati per far fronte alle spese che rischiano di mettere in ginocchio persino un’attività consolidata come la sua. Non sappiamo se da oggi, 18 maggio, il suo ristorante a Milano, Il lusso della semplicità, riaprirà: sui social non c’è alcun riferimento e sul sito del locale, al momento, non è possibile prenotare.

Prima della riapertura dei ristoranti al pubblico nella fase due, aveva aperto col delivery e l’asporto il locale di Carlo Cracco a Milano. Anche lui però era stata piuttosto critico nei confronti del governo. A Sky Tg24 aveva chiesto maggiore interlocuzione con gli operatori del settore evidenziando le difficoltà post lockdown.  E all’ipotesi paventata dall’Inail nelle linee guida di qualche giorno di fa di prevede divisori sui tavoli tra i clienti, lo chef era stato perentorio: “Plexiglass nel ristorante? Piuttosto chiudo!

Non solo regole, ma fondi ai ristoratori

Dopo la discussione tra Governo e Regioni, le linee guida dell’Inail per la riapertura dei ristoranti nella fase due sono state riviste. È stata ridotta, ad esempio, la distanza obbligatoria tra i clienti, che scende a un metro. Resta l’obbligo di indossare guanti e mascherine per i dipendenti e la raccomandazione di favorire il servizio all’aperto. La prenotazione diventa obbligatoria per evitare eventuali assembramenti di clienti furii dal locale in attesa di un tavolo. E poi il gel igienizzante per le mania a disposizione degli ospiti, l’aerazione dei locali, i menù su app e lavagna.

Insomma, ripartire per i ristoratori non sarà facile e richiederà sforzi enormi, anche dal punto di vista economico per adeguarsi alla normativa. Un impegno che in tanti oggi non potranno permettersi, essendo stati chiusi per due mesi con introiti zero.

Una situazione che fa vacillare anche ristoranti famosi come quello di Gianfranco Vissani in piazza San Pantaleo a Roma. “Da lunedì cominciamo a fare il delivery però è una piccola toppa, rispetto al lavoro che perdiamo, perché si lavora soprattutto il sabato e la domenica. E poi, diciamocela tutta: quanti sono in Italia quelli che ti pagano una cena 200 euro con il delivery?” ha detto lo chef a Il Tempo. L’altro ristorante in Umbria, invece, resterà chiuso e non riaprirà neanche per la consegna a domicilio: “Sono in mezzo alla campagna, consegno ai cinghiali?