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Settembre è un mese decisamente importante per Nesli: dopo il tour Andrà tutto bene, il 4 settembre è infatti uscito l’album ‘Andrà tutto bene – Live Edition’ (che contiene anche un dvd del concerto, immagini di backstage e intervista), mentre l’8 settembre è il giorno del debutto editoriale del cantautore, che ha deciso di mettersi in gioco scrivendo la propria storia in un libro, che porta lo stesso titolo dell’album e del tour.

LA NOSTRA INTERVISTA A COEZ

Insomma, di questo ‘Andrà tutto bene’ Nesli ne ha fatto un vero e proprio mantra, nella speranza di lasciarsi alle spalle un po’ di pregiudizi e di dimostrare di sapere il fatto proprio: “Il perché di questo libro? Me lo chiedevano un sacco di persone. – risponde in conferenza stampa – Dicevano ‘Cavolo, scrivi bene, perché non scrivi un libro?’. Io rispondevo che c’era differenza tra scrivere una canzone e scrivere un libro. A parte questo, però, avevo una storia da raccontare, la mia. È da un po’ che ci stavo lavorando, ma all’inizio non ero prontissimo, perché racconta molto di me e mi vergognavo. Una canzone è a libera interpretazione, un libro no, soprattutto se è scritto in maniera così diretta e cruda”.

 

Nesli e il debutto editoriale con 'Andrà tutto bene'

Troverete tuttavia molta musica in questo testo, che non segue un filo cronologico, ma apre degli “stargate”, “perché se lo avessi raccontato seguendo il tempo – ci spiega Nesli – sarebbe stato più pesante e di difficile comprensione”: in esso ci sono poesie, ‘bozze’ di canzoni inedite e il racconto della vita del cantante attraverso i suoi diversi e difficili passaggi, ad alcuni già noti e ad altri meno, come il significativo 'sparo’ che apre e chiude il racconto.

“Io sono figlio del pregiudizio – commenta Nesli senza peli sulla lingua – da quando ho iniziato a fare musica, per ovvi motivi, e me lo sono sempre dovuto portare dietro. Ti dirò di più, nel tempo ho capito che il pregiudizio è stata una parte formativa della mia gavetta, pensa un po’ che follia! Mi sono dovuto misurare col pregiudizio, l’ho dovuto comprendere, perché era mio nemico, poi ho capito che andava spiegato, perché io sono il primo ad avere pregiudizi. Per spiegarlo, ho avuto la fortuna di fare Sanremo, che mi ha dato l’opportunità in 5 sere di raccontare quello che altrimenti avrei dovuto spiegare in tante interviste e in molto più tempo. Sono convinto che il libro avrà lo stesso risultato: mi aiuterà a far capire cose della mia musica che io sicuramente avevo spiegato male”.

“Ora azzero tutto. – aggiunge Nesli – Una volta che ho raccontato tutto, per me basta. Ora è un nuovo inizio, è stato terapeutico. Anche l’edizione live, la mia prima edizione live, indica proprio questo inizio, questa nuova consapevolezza. Non avevo mai fatto una tournée così importante e c’è stato un lavoro pazzesco iniziato tanto tempo fa dietro le quinte, quindi dalla band e dal suono di quel live. Tutto questo per me aveva un peso ed è l’inizio. In realtà sono anche cresciuto, anche se continuo a mascherarlo (ride, ndr). È come Buona fortuna amore, un funerale felice”.

Nesli, che confessa che il capitolo più difficile da scrivere sia stato quello sulla propria famiglia, si abbandona poi anche a una riflessione puramente musicale, interrogato dai giornalisti sul suo ‘passaggio’ dal rap a sonorità più cantautorali: “Ho smesso di scrivere rap perché sono due mondi separati. Il mondo del rap è un mondo molto chiuso e ho smesso sia per rispetto nei confronti di chi fa rap sia perché non mi andava di tenere aperto uno spiraglio. La mia scrittura però era anomala anche nel rap, io non lo capivo, ma mi rendeva meno efficace. Una volta capito quello, ho compreso che ero molto più portato per l’altra scrittura e infatti mi viene molto più naturale. Quando l’ho capito è stato utile dirlo, e poi dimostrarlo”.