L’impegno per il suo paese, la prigionia e il conflitto in Medio Oriente: le parole di Patrick Zaki nel salotto di Fabio Fazio.

loading

Annunciato inizialmente nella prima puntata, Patrick Zaki è stato ospite a ‘Che Tempo Che Fa’ domenica 22 ottobre. Nel salotto di Fabio Fazio sul canale NOVE, l’attivista ha toccato diversi argomenti a partire ovviamente dalla propria esperienza personale nel periodo di detenzione in Egitto. “Le prime ore sono sempre le più pericolose quando chiunque viene arrestato”, spiega Zaki. “In quel momento dovevo resistere proprio perché so che è il momento più difficile, in cui non puoi cedere”.

Quindi, aggiunge dei dettagli: “Sei soggetto potenzialmente a tortura, fisica e psicologica, non sai dove sei, non hai la più pallida idea di dove ti stiano portando, perdi il controllo di tutto quanto. Di conseguenza è stato il momento più difficile. Segue, poi, anche la tortura psicologica in prigione che non è certo cosa semplice. Non voglio concentrarmi soltanto sulle prime 24 ore, ma su tutta la storia. Ed è quello che ho cercato di fare nel mio libro proprio perché voglio parlare dell’aspetto umano della storia, cioè di come sono riuscito a resistere, di come ho sviluppato delle tattiche per resistere in prigione”.

Patrick Zaki CTCF
Foto da Ufficio Stampa

A proposito, poi, dell’impegno per il riconoscimento dei diritti in Egitto Patrick Zaki non ha dubbi. “Lavoreremo sempre per avere un paese migliore, per avere un paese più democratico e con maggiore libertà. Questo è il mio sogno per il mio paese. Continuerò a lottare in questa direzione e continuerò a cercare di migliorare la situazione. Quello che ho fatto per la tutela dei diritti umani continuerò a farlo perché tutti possano vivere in una situazione migliore, spero davvero che sia possibile”.

LEGGI ANCHE: — ‘Che Tempo Che Fa’, Paola Cortellesi su ‘C’è Ancora Domani’

Tra gli argomenti su cui Zaki è intervenuto c’è anche il conflitto in Medio Oriente. “Quello che abbiamo visto il conflitto è quello che è successo prima ai civili morti. tutti noi. Dobbiamo pensare alla pace e a come riportare gli ostaggi indietro. Dobbiamo lavorare tutti per la pace e per trovare una soluzione politica, perché anche le Nazioni Unite e il Papa hanno parlato della crisi umanitaria. II problema è che tutti i civili, tutti gli ostaggi hanno sono gli stessi e certo in questo momento siamo tutti in una situazione estremamente negativa”.

Foto da Ufficio Stampa / Contenuti in streaming su discovery+ (www.discoveryplus.it)