La recensione della serie tv ora disponibile sulla piattaforma con un episodio a settimana.

Echi di Insterstellar, conditi da richiami a Gravity di Alfonso Cuaron e all’ultima stagione di True Detective: è densa di citazioni la serie Apple TV+ con Noomi Rapace, Constellation, disponibile sulla piattaforma dal 22 febbraio con un episodio a settimana.

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La serie ci presenta a tutti gli effetti l’immersione in una realtà fantascientifica, quasi distopica, che fonde il genere sci-fi con l’horror psicologico. Jo Ericsson, la protagonista a cui da il volto Noomi Rapace, è un’astronauta che ha sacrificato molto della sua vita sulla Terra per coronare il sogno di lavorare nello spazio (la donna divisa fra l’eterno dilemma famiglia e lavoro, ricorda da vicino la Hilary Swank di Away, sfortunata serie Netflix cancellata nel 2020).

Dopo essere sopravvissuta a terribili prove nello spazio, Jo riesce a tornare sulla Terra ma il suo calvario in realtà deve ancora iniziare: la Terra infatti è impercettibilmente diversa da come l’aveva lasciata, abbastanza da farle dubitare della sua salute mentale ma non al punto di toglierle il coraggio di indagare. All’orizzonte si profila infatti un complotto che vede coinvolti gli Stati più potenti del mondo contro cui Jo e la figlia Alice si trovano a lottare, piccolissime Davide contro un Golia che appena si intravede.

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Constellation, la paura viene dal ghiaccio: ma è vera paura?

Molta dell’inquietudine trasmessa dalla serie è ascrivibile allo scenario: i ghiacci eterni e le nevi perenni che accompagnano la narrazione rendono molto bene la solitudine straniante che vive la protagonista. Nello stesso tempo risultano spaventosi come nella miglior tradizione horror, a cui l’autore Peter Harness si è decisamente rifatto.

Diventa faticoso seguire gli sviluppi della serie quando la trama affonda nei meandri della fisica quantistica, è molto più semplice invece immedesimarsi nel dramma di donna e madre della protagonista.

Constellation è una serie tv high budget che cerca di lasciare un segno in un ambito non semplice, quello dell’horror psicologico dove non si vede niente e si immagina tutto, puntando più sull’inquietudine che sulla paura vera e propria e cercando di tenere sempre alto il livello di adrenalina.

Ci riesce? A voi giudicare, soprattutto dopo il finale, apprezzabile perché -anche in questo caso- non semplice come ci si poteva aspettare.