Cantastorie, interprete LIS e insegnante di sostegno, Stefania Spanò ha debuttato con il romanzo ‘Nannina’ che racconta la forza delle donne.

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“Le storie hanno il potere di cambiare il mondo, se non quello grande, almeno il proprio piccolo mondo, che per alcuni è l’unico in cui contare qualcosa”. È questo il cardine fondamentale sul quale Stefania Spanò ha costruito il suo primo romanzo, Nannina (Garzanti). Un volume dalla lettura piacevole quanto intensa e coinvolgente che guida in una Napoli quasi d’altri tempi. Suoni, odori, sapori e tradizioni sono quelle di un Secondigliano che si snoda tra viuzze e corti a fare da scenografia a generazioni tanto diverse quanto vicine.

È così che conosciamo Stephanie, dieci anni e una vita davanti, e la nonna Nannina de Gennaro, custode di usi e convinzioni dal passato. Ma soprattutto di storie. “Nannina, la protagonista del mio romanzo, questo fa – spiega Spanò – racconta storie, perché questo è. Una cuntastroppole. Stroppola è una parola a cui non tutti legano un significato. È in effetti una narrazione orale inventata di sana pianta dal narratore di turno, il quale dice “il falso, volendo che sia tenuto per vero”. Mistifica dunque per rendere il verosimile più credibile del vero. Una parente molto stretta del romanzo insomma.

Nannina
Copertina da Ufficio Stampa Garzanti

“Ma quello che più mi seduce della stroppola è il suo rinunciare, almeno formalmente, allo statuto di storia edificante per travestirsi da storiella di poco conto. E affidare la sua morale implicita all’interpretazione degli ascoltatori”, prosegue l’autrice. “Sicura che ognuno le darà il senso di cui ha bisogno. Tutti conoscerete invece i cunti (le fiabe) e i fatti (le storie e le leggende) perché una folta schiera di studiosi e di letterati li ha portati al grande pubblico”.

Nannina: la donna, la casa e i figli

“Alle donne che restavano a casa veniva affidato, senza possibilità di rinuncia, l’incarico di allevare ed educare i figli, ai quali spesso raccontavano stroppole per dirgli indirettamente come si dovevano regolare per campare. Nannina, realmente esistita e realmente mia nonna, decise di professionalizzare la pratica casalinga delle femmine, modellando su di essa la sua identità. E diventando un importante punto di riferimento per la sua gente ed in questo trovò il suo riscatto”.

“Lei conosceva uno per uno i suoi spettatori e ne celebrava i passaggi d’età e i passaggi di stato. Scegliere un racconto, che potesse adattarsi alla situazione personale che l’amico, il vicino o il conoscente attraversava in quel momento, voleva dire conoscerne i turbamenti e le difficoltà e accompagnare il processo di evoluzione del singolo. Chiaramente il suo uditorio prediletto era quello femminile.

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“Lei raccontava alle donne per esortarle a tener vivi i loro desideri, a non sacrificarli e a dar loro il potere di cambiare la realtà circostante. Lo faceva cuntando, poiché la parola crea i mondi in cui andremo ad abitare e la possibilità stessa di parlare ed essere ascoltati è già potere. Rendendolo un mestiere, Nannina si prese il lusso di attingere anche al repertorio maschile. Con la sfrontatezza che le diedero un pessimo carattere, anni di gavetta e un discreto successo di pubblico”.

“Fu così che dalla sua bocca uscirono sia i cunti che le stroppole. Ma mai cambiò lo status di cuntastroppole in quello di cuntista, con cui erano soliti appellarsi i maschi”, aggiunge Stefania Spanò. “Per fortuna le cose non stanno più così, ma io ho dovuto mettermi a fare il suo mestiere di cuntastroppole per misurare la differenza che correva tra me e Nannina, come donna e come artista. Ho varcato soglie di cortili e girato piazze, provando a cucirmi addosso quel mestiere che non esiste più e che, così com’era, proprio non può più esistere.

Nannina Stefania Spanò
IG @lasteffona

“Quel senso di comunità, in cui l’io e il noi si confondono, è sparito assieme alla generazione di mia nonna”, conclude. “È nella fatica di questo passaggio del testimone che nasce il mio romanzo, nella difficoltà di riadattare la stroppola a condizioni politiche e sociali mutate e nella sofferenza di prendere atto che, sotto tanti aspetti, io e Nannina, purtroppo e per fortuna, non siamo poi così diverse”.

La sinossi ufficiale

Secondigliano. Stephanie ha dieci anni e ogni volta che torna a casa si lamenta con la madre perché i suoi cugini giocano all’aperto e lei no. Il motivo è semplice: loro possono perché sono maschi, lei invece è una femmina. Dopo la scuola, si mette a leggere sul balcone, il solo spazio esterno in cui le è concesso di stare. Stephanie studia e studia perché sa che le parole sono la sua unica difesa contro il mondo.

Gliel’ha detto la nonna nei pomeriggi passati a casa sua, due piani sotto nello stesso caseggiato: «Per le femmine tutte le cose sono più difficili. Devi imparare a difenderti. Tu devi sempre tenere il coraggio di parlare, Stephanie». E se lo dice lei deve essere così. Del resto sua nonna è Nannina de Gennaro, detta Nannina la Cuntastroppole, la cantastorie. Per alcuni è solo una vecchia pazza; per altri è colei che, grazie ai suoi cunti, i racconti recitati nei cortili, ha dato un’identità e una dignità alle madri di famiglia sfiancate dalla miseria e dalla protervia degli uomini.

Con le sue storie, Nannina ha donato un volto a chi non l’aveva, ha riscattato i più deboli, ha fatto ridere e piangere. Ma adesso spetta a Stephanie riprendere la sua voce, cercare nei cunti un riscatto, il proprio riscatto, quello di una ragazza che ha un sogno: studiare e scoprire la libertà.

L’autrice

Stefania Spanò è cantastorie, interprete LIS e insegnante di sostegno nella scuola secondaria di primo grado. Conduce da anni laboratori di teatro, scrittura creativa, comunicazione empatica e poesia visiva nelle periferie turbolente dell’hinterland napoletano, nel resto d’Italia e all’estero. Come cantastorie porta in giro i cunti della tradizione di famiglia e quelli scritti da lei. Sogna di fare il giro del mondo con i suoi scugnizzi e tornare a Secondigliano con antidoti e pozioni esotiche di disobbedienza civile. Nannina è il suo primo romanzo.

Copertina da Ufficio Stampa Garzanti