Esce per Edizioni BD ‘Hai rubato anche tu questo disegno?’ di Alessandro Ripane: una riflessione importante celata da ironia e cinismo.

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Dopo Ramon hai sgarrato, Alessandro Ripane torna a sperimentare con il mondo del fumetto e dello storytelling in Hai rubato anche tu questo disegno?, edito da Edizioni BD. Proprio come l’opera precedente, anche in questo caso siamo di fronte a una sorta di meta-racconto: la storia disegnata da Ripane è infatti vera e – nel suo dipanarsi – svela al lettore l’origine stessa di Hai rubato anche tu questo disegno?. Sulla copertina troneggia una vignetta che all’illustratore fu appunto rubata anni or sono, diventando di fatto proprietà dell’internet. Se da un lato è impossibile non riflettere sul valore attuale della proprietà intellettuale (con rancore e contrarietà degli autori annessi e connessi), dall’altro il web facilita la notorietà: ma come sentirsi di fronte alla perdita della propria stessa opera? Alessandro Ripane prova a spiegarlo senza rinunciare a una buona e piacevole dose di ironia e cinismo.

«Questo disegno lo feci per una fanzine. Era l’estate del 2013. – racconta Ripane – Ai tempi ce n’erano poche e le tue robe uscivano un po’ di più. Ho mandato quattro disegni, una cosa blanda, e per me la storia finì lì. Ci furono reazioni tiepide, giuste per una tiratura limitata. Poi non ricordo chi mise online la vignetta. Iniziò a fare un po’ di rumore, ma aveva ancora condivisioni normali. Mi trasferii in Svezia e un bel giorno del 2015 mi resi conto di aver ricevuto 2000 messaggi. La mia vignetta era finita sulla pagina dei Prodigy. Da allora addio».

Per dovere di cronaca, i Prodigy chiesero a chi appartenesse la vignetta ma il nome di Alessandro Ripane si perse negli infiniti commenti sotto al post della band. «Ero contento – precisa comunque l’illustratore – perché già dal mese dopo la vignetta finì su locandine di concerti, etichette, tatuaggi. L’ho visto ovunque. Dopo i Prodigy, l’ha ripreso Tom Morello, vittima anche di una mezza shitstorm. La mia preferita è però un’etichetta neonazista italiana. Sono incontattabili e sono inattivi da tre anni. Non c’è modo di mettersi in contatto con loro».

Gioie e dolori di un furto intellettuale

Per farla breve, la vignetta di Alessandro Ripane in men che non si dica ha fatto il giro del mondo. «Da una parte – spiega l’autore – c’è la menata di sapere che ti arriva una chiamata dall’America perché ormai si è istituita una specie di polizia mondiale. Mi scrive persino John Smith dall’Illinois per dirmi Guarda, sono andato a un concerto e c’era questo disegno sulla locandina, gli hai dato il permesso tu?. D’altro canto mi continuano ad arrivare proposte di lavori. Questi bambini di merda continuano a girare più di me. Io ho visto tre posti nel mondo, loro sono stati ovunque. C’è un tizio in Argentina che ce li ha tatuati sulla schiena. Mi ha mandato una foto, è rovinato per sempre». L’unica strada per riappropriarsi della propria opera è quindi stata per Alessandro raccontarne le origini. Non tanto spiegare la nascita intellettuale della vignetta, ma disegnarne il furto.

Alessandro Ripane e la de-costruzione del fumetto

«Non sono un fumettista vero, nasco come illustratore ed è un lavoro che faccio da 10 anni. – spiega infatti Ripane – Sono due mestieri simili, ma distanti. Da illustratore prestato al mondo del fumetto, ho cercato tematiche che non fossero delle avventure, perché fuori è pieno di fumettisti con storie e sensibilità più alte delle mie. Ho cercato situazioni che mi facessero divertire ed esplorare il mondo del fumetto». Se in Ramon hai sgarrato emergeva la volontà «di scardinare e de-costruire il fumetto in modo divertente» (descrivendo di fatto «un fumetto nel fumetto»), in Hai rubato anche tu questo disegno? Ripane si è chiesto «che storia raccontare, perché ho una vita in fondo normale».

«L’intento intellettuale c’è – prosegue – ma è ben nascosto da gag e stupidità. Non sono ferrato sull’autobiografia, ma mi è successa questa cosa che mi ha esposto. ‘Sto disegno è diventato un meme. Bisognava raccontare la sua storia, ma come? Il meta-racconto mi permette di andare in freestyle. Non c’è neanche una sceneggiatura, sapevo solo come iniziare e come finire. Una presa di posizione in fondo non l’ho assunta perché è difficile. Il mio personaggio sta zitto proprio perché ancora oggi non capisco se sia stata una fortuna o una sfiga».

Il web è di tutti

Nel fumetto, Alessandro Ripane (di fatto sempre muto) viaggia attraverso le fasi del rancore portandoci a riflettere sull’assoluta mancanza di regolamentazione sul web. Possibile che per un paio di accordi e note simili Ed Sheeran abbia affrontato un processo, mentre sia normale rubare un disegno e diffonderlo sul web?

«Su internet qualsiasi cosa diventa di tutti. – commenta Alessandro – Molta gente non è educata su queste questioni. Per me è la ruberia totale. Noi nutriamo il web coi cazzi nostri e, se piace qualcosa, diventa di tutti. C’è gente che ascolta canzoni senza sapere chi le ha scritte o chi le canta. Io non voglio diventare famoso. Sono una persona e quello che faccio è il mio lavoro. Ma un’opera, a quanto pare, vive di vita propria. L’unica cosa di cui son contento è che questi due bambini non siano associati al mio nome e viaggino da soli».

Il valore del fumetto

Al di là delle riflessioni su proprietà intellettuale e web, Alessandro Ripane ci tiene a sottolineare che – in fondo – la sua intenzione era semplicemente quella di raccontare «una storia interessante». «Spero di riuscire a far ridere e, nello stesso tempo, a far pensare ai limiti del lavoro. – dice l’autore – Leggo pochissimi fumetti e volevo provare a immaginare e sperimentare sul linguaggio. Cosa succede se un fumetto è conscio di essere un fumetto? Questa è una storia che merita di essere raccontata». «Mi interessa che sia leggibile a 200 all’ora. – prosegue – Voglio che sia veloce, deve essere una corsa fino alla fine senza pause e capitoli. E che sia leggero, perché mi rendo conto che il tema poteva scivolare nel pesantone. Avevo paura del vittimismo e spero che non sia passato, che sia divertente e che sia una riflessione su quello che mi è successo: sappiate che un giorno farete qualcosa e qualcuno ve lo ruberà».

Una riflessione senza vittimismo

Per smorzare i toni, Ripane ricorre a un’unica parolaccia sul finale (rivolta a se stesso dai bambini della vignetta): «Non volevo fare la parte di quello che si lamenta di essere stato derubato, aspetto che ho visto in artisti molto validi. – commenta – È così che funziona il mondo ahimè. Succede e forse è quasi giusto così. Volevo solo una piccola vendetta». Sempre nell’ottica di non appesantire la narrazione, in Hai rubato anche tu questo disegno? si accavallano personaggi strani che si prendono gioco dell’autore stesso. «Sono varie parti di me. – ci spiega Alessandro – Lo psicologo che si arrovella o il detective che ti chiede se hai denunciato. Lui rappresenta i miei amici, a cui rispondevo Certo, ora mando un avvocato in Guatemala. La mia fidanzata invece è una Santa che deve sopportare una persona come me. Questi personaggi mi sono serviti per portare avanti la trama e dar vita alle varie fasi della storia».

Unico colpo di scena: gli editori di BD Edizioni sono i veri villain. «Ma è una menzogna perché sono persone amorevoli. – specifica Alessandro Ripane – Mi son sempre affacciato all’editoria per lavoro ma non so come funziona una casa editrice. Mi son trovato benissimo con loro. Ho voluto omaggiarli facendo fare loro la parte dei villain. L’inizio del fumetto è in realtà l’unica parte di fiction, perché appena ho proposto quest’opera mi hanno detto di sì (nel fumetto invece Edizioni BD lo accusa di aver rubato il suo stesso disegno, ndr). Ma mi serviva questo incipit per far iniziare la storia. Anzi, ti dirò, nella stesura iniziale erano molto più cattivi».