‘Final Fantasy XVI’, per la prima volta nella storia della saga, vanta il doppiaggio in italiano: intervista a Alessandro Capra e Katia Sorrentino.

Sarà disponibile dal 22 giugno Final Fantasy XVI, nuovo capitolo standalone della serie Final Fantasy che introduce una storia completamente nuova. Siamo nel regno di Valisthea, una terra benedetta dalla luce dei Cristalli Madre e dove la pace vacilla mentre la diffusione della Piaga minaccia di distruggere i suoi domini.

Il destino della terra è deciso dagli Eikon, potenti bestie evocate e dai loro Dominanti, uomini e donne che sono stati benedetti con la capacità di invocarli e padroneggiarli. Questa è la storia di Clive Rosfield, un guerriero a cui è stato conferito il titolo di Primo Scudo di Rosaria e che ha giurato di proteggere suo fratello minore Joshua, il Dominante della Fenice, l’Eikon del Fuoco.

Per l’Italia c’è poi un’ulteriore novità: per la prima volta, un capitolo standalone della saga è stato infatti doppiato in italiano. Per comprendere quanto il doppiaggio sia importante nel mondo videoludico abbiamo chiacchierato con Alessandro Capra – che ha prestato la voce al protagonista Clive Rosfield – e con Katia Sorrentino, voce di Benedikta Harman. 

Alessandro Capra e Katia Sorrentino: le voci italiane di Final Fantasy XVI

Qual è stata la prima reazione al pensiero di doppiare un gioco così atteso e così iconico nella cultura videoludica?
Alessandro Capra:
«Ricordo benissimo il momento in cui ricevetti la chiamata che mi preannunciava la possibilità di doppiare il gioco. Si presentarono contemporaneamente il tipico entusiasmo da inizio di una nuova avventura (e stavolta che avventura…) e una discreta preoccupazione da analisi delle possibilità sulla disponibilità che avrei dovuto garantire per il lavoro. Una volta appurato che avrei potuto partecipare al progetto, l’entusiasmo si prese tutta la scena. Nessuna ansia da prestazione, nessuna energia negativa: solo la voglia di dare il massimo. Iniziai a informarmi meglio sugli sviluppi che stavano accompagnando la nascita di quest’opera, e a incorporare pian piano le immagini e le sensazioni reperibili dai materiali già in circolazione. Per scaramanzia, come faccio praticamente sempre, non ho comunque dato per garantita la mia partecipazione al progetto finché non ho messo piede in sala per la prima sessione di registrazione».
Katia Sorrentino:
«Shock (ride, ndr). Come ho già avuto modo di raccontare in altre occasioni, tralasciando anche lo stupore iniziale, la perplessità e la preoccupazione hanno presto avuto il sopravvento su quello che normalmente sarebbe stato puro entusiasmo. Io stessa sono una videogiocatrice da praticamente sempre, da ancora prima di iniziare a dedicarmi al doppiaggio, per cui so bene che importanza possa avere la saga di Final Fantasy in ambito videoludico. Proprio perché tengo molto al prodotto e non fatico a immaginare cosa possano pensare o desiderare gli appassionati come me, l’ansia da prestazione, a cui sono già spesso soggetta per carattere, è stata notevole!».

Emozioni e difficoltà

Qual è stato l’aspetto più emozionante?
Alessandro: «L’aspetto più emozionante del doppiaggio, della recitazione in generale, è sicuramente quello di poter vivere continuamente altre vite. A volte distanti anni luce dalla tua, altre volte molto simili. Il personaggio di Clive racchiude in sé alcuni elementi tipici dell’eroe alla ricerca e riscoperta di se stesso, in perenne riflessione e turbamento. Sono caratteristiche che mi coinvolgono in prima persona e con cui empatizzo facilmente. È sempre molto emozionante quando una tua sensazione si sposa perfettamente con quella che sta esprimendo il personaggio: essere se stessi pur essendo altri».
Katia: «Mi ricollego alla risposta precedente: conosco e seguo Final Fantasy da moltissimi anni. Alcuni capitoli in particolare hanno letteralmente segnato la mia adolescenza o fatto sì che mi avvicinassi a persone che nutrivano la mia stessa passione, con le quali ho poi stretto amicizie durature nel tempo. Insomma, potrete capire bene che tipo di valenza affettiva possa avere per me. E che effetto possa farmi pensare di essere diventata in qualche modo parte di questa saga, cosa che mai, MAI, avrei pensato potesse succedermi! Per di più interpretando un personaggio come Benedikta che, sono onesta, non credevo avrebbero affidato a me, pensando ad altre colleghe».

fbt

E la maggiore difficoltà?
Alessandro: «Nel doppiaggio dei videogiochi l’aspetto emotivo deve fare i conti con molti vincoli tecnici. Uno di questi è che per la maggior parte delle battute dei filmati occorre fare coincidere perfettamente l’onda (termine tecnico che indica la traduzione grafica dell’onda sonora generata dal parlato) della voce italiana su quella della voce originale. Questa necessità a volte mina fortemente il mantenimento dell’intenzione e dell’emozione che si sta cercando di esprimere. A questo, aggiungiamo che la voce originale di Clive aveva precise caratteristiche timbriche, di emissione e intonazione. Abbiamo cercato di seguirle scrupolosamente».
Katia: «Cercare di andare oltre i miei timori relativi al non risultare idonea su di lei o a quello che avrebbe potuto pensare il pubblico. Col senno di poi, vada come vada, credo davvero che sia stato fatto il meglio possibile, tra tutti, compatibilmente coi mezzi a nostra disposizione (che, in generale, quando si doppiano i videogiochi non sono praticamente mai gli stessi del doppiaggio tradizionale) e tanto basta».

Qual è l’aspetto del vostro personaggio che avete amato di più?
Alessandro: «Potrei avere risposto già in parte a questa domanda, e di sicuro gli aspetti che ho amato sono stati parecchi. Tra questi, il perenne turbamento di cui parlavo poco fa. La prima cosa che vediamo di Clive sono i suoi occhi, pieni di ricordi e rimpianti. È un primogenito che non ha ricevuto il dono che sarà invece riservato al fratello minore. È una sorta di eterno secondo che accetta di stare al suo posto con amore e dedizione. Quest’incompletezza sarà il motore della sua ricerca, una volta precipitati gli eventi. Credo che in molti potranno immedesimarsi in lui».
Katia: «Al momento temo di non poter approfondire molto questa risposta, me ne scuso, ma diciamo che Benedikta è più di ciò che potrebbe sembrare e questo senz’altro è stato affascinante da un punto di vista recitativo. In generale, trovo che una donna spietata sia infinitamente più divertente da interpretare di una principessina in difficoltà. Mi dà la possibilità di tirare fuori qualcosa di molto distante da me, di giocare con toni e intenzioni che nella vita quotidiana non utilizzerei di sicuro».

Gioie e dolori del doppiaggio nel mondo videoludico

Final Fantasy XVI viene doppiato per la prima volta in italiano: quanto è importante, secondo voi, per i videogiocatori nostrani potersi godere l’avventura nella propria lingua?
Alessandro: «Il doppiaggio nella nostra lingua è una grande occasione per immergersi pienamente in quest’avventura. Siamo in un’epoca molto fortunata: possiamo scegliere i parametri con cui vivere la nostra esperienza di gioco. Credo sia un’opportunità imperdibile. Soprattutto in un periodo in cui il doppiaggio sta affrontando la minaccia delle intelligenze artificiali, che in futuro potrebbero sostituire gli attori in carne e ossa con voci sintetiche. Il doppiaggio ha una missione: mantenere l’anima di ciò che vediamo e sentiamo sullo schermo. Leggo spesso molti commenti di giocatori che affrontano la questione con prese di posizione piuttosto politiche, tra chi adora il lavoro dei doppiatori e chi considera il doppiaggio la rovina di un’opera. Suggerisco di far tesoro di tutte le possibilità che abbiamo a disposizione, sono d’accordo con chi ha intenzione di fare diverse run in diverse lingue. Sarà anche un modo per valutare al meglio il nostro lavoro».

C’è qualche preoccupazione in merito?
Katia: «Ah-ha! Qui arriviamo al motivo principale della mia preoccupazione. Cercherò di trovare un equilibrio nel rispondere come Katia videogiocatrice e Katia doppiatrice. Non posso far finta di non sapere che in tutti questi anni il pubblico, me inclusa, ha comunque potuto godersi i vari capitoli della saga almeno a livello testuale. Quindi non so quanto in effetti possa essere fondamentale. Capisco anche che possa essere molto strano ritrovarsi davanti alle nostre voci, quando ci si è abituati ai suoni inglesi o giapponesi. Ecco perché ho una particolare ansia da prestazione. Di sicuro, però, è un evento importante, un punto di svolta. Una condizione che, spero con tutto il cuore, potrà fornire un’esperienza forse ancora più immersiva. E magari far sì che il XVI non sia il primo e ultimo Final Fantasy doppiato, augurandoci appunto che questo venga ben recepito. Per fortuna ci sono anche molti fan del doppiaggio italiano che, datemene atto, se fatto bene può tranquillamente essere un valore aggiunto e credo anche che avere la possibilità di scegliere cosa ascoltare non sia cosa da poco. Finora questo non era stato possibile».

Il segreto del fascino di Final Fantasy

Dopo questa avventura qual è secondo voi il fascino/segreto del successo della saga di Final Fantasy?
Alessandro: «A questa domanda non so rispondere in modo oggettivo o analitico. Probabilmente se ne potrebbe parlare per ore incrociando dati di storia del videogame, di marketing, di vendite e di critica videoludica. Il dato di fatto è che un’idea, l’ultima fantasia di un visionario, ha saputo creare così tanta continuità al punto di essere diventata cult. È entrata in pieno nel cuore dei giocatori, come una canzone, un film, uno sport, un romanzo. Probabilmente ha saputo sintonizzarsi spontaneamente con i bisogni emotivi di queste persone. Sono percorsi che in alcune occasioni forse si possono studiare a tavolino. Credo tuttavia che, in questo caso, il segreto di un successo così duraturo sia quello di aver sempre messo la più sincera passione creativa in ogni progetto».
Katia: «Non saprei, anche perché non tutti i capitoli hanno sempre messo tutti i fan d’accordo tra loro, anzi. Molti anni fa forse sarebbe stato il passaggio dalla classica pixel art dei GDR alla CGI. Ci sono stati così tanti cambiamenti nel tempo! Magari è anche questo. Essendo ogni gioco, salvo qualche eccezione, un capitolo con una storia a sé si è alleggeriti dal dover necessariamente recuperare le puntate precedenti. Da un po’ anche il sistema di combattimento è totalmente cambiato, passando dagli storici turni a dinamiche decisamente più action. Abbiamo assistito anche alla parentesi online (con l’XI e il XIV) che ha dato la possibilità di non giocare più da soli, ma in compagnia di amici sparsi in tutto il mondo. Insomma, ce n’è stato, ce n’è e chissà per quanto ancora ce ne sarà, per tutti i gusti. Alla saga può davvero approcciarsi chiunque. Per quanto riguarda me, è davvero il legame affettivo di cui parlavo a farla da padrone».