Raffaello Sanzio fu un artista amato e ammirato: la sua fama lo portò alla morte? O fu qualcos’altro? Ecco cosa ne sappiamo ad oggi

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La mostra su Raffaello Sanzio alle Scuderie del Quirinale apre oggi 5 Marzo. Gli accessi del pubblico saranno regolati in modo da garantire il rispetto delle distanze di sicurezza, come da decreto. Dunque perchè non immergersi nelle opere del grande artista e approfondire la sua storia?

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La mostra “Raffaello 1520 – 1483”, che proseguirà fino al 2 Giugno, celebra il quinto centenario dalla morte del famoso artista. Una morte misteriosa, sulla quale sono state avanzate diverse ipotesi.

Come morì Raffaello Sanzio? Ecco una spiegazione del suo malanno

Si dice che Raffaello Sanzio avesse una relazione con una delle sue modelle; colei che è ritratta nel quadro “La Fornarina”. La bella fanciulla si chiamava Margherita Luti ed era figlia di un fornaio di Trastevere. Tuttavia le cronache del tempo riferiscono che il soprannome non venisse tanto dal mestiere del padre, quanto dal lavoro notturno della giovane che era, presumibilmente, una prostituta. Sulla storia fra la Luti e Sanzio si favoleggia di un matrimonio segreto, mentre affatto segreta era la condotta libertina dell’artista.

Giorgio Vasari, nella sua opera “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”, scrisse che il pittore urbinate si ammalò gravemente. Una febbre molto alta e impossibile da debellare lo tormentò per 15 giorni prima della dipartita. I sintomi descritti hanno fatto pensare che fosse sopraggiunta una malattia venerea a stroncare la vita del pittore.

Tuttavia il mistero non si risolse e quando la salma di Raffaello fu riesumata, due secoli più tardi, sorse una nuova ipotesi.

Raffaello fu avvelenato? Ecco cosa si sa al riguardo

Un’altra possibilità è che l’artista urbinate sia stato avvelenato. Bisogna ricordare che Raffaello Sanzio era molto amato e celebre ai suoi tempi. Era nelle grazie della corte papale, il che gli garantiva un certo potere oltre a lavori prestigiosi e ben pagati. Naturale quindi che la sua fama e la sua posizione potessero suscitare invidia in altri artisti, suoi concorrenti. Bastano queste motivazioni a sospettare l’avvelenamento? Certo che no. A supportare questa tesi c’è la riesumazione della salma di Raffaello, effettuata nel 1722. In quell’occasione furono rilevati gli effetti di un avvelenamento da arsenico sul cadavere del pittore che, dopo quasi 200 anni, era conservato perfettamente.