Ancora una volta nel cast del grande maestro bolognese, l’attrice romagnola, esplosa negli anni ’90 come opinionista al Maurizio Costanzo Show, racconta in questa intervista il suo percorso artistico

Rita Carlini, attrice riminese scoperta negli anni ’90 da Maurizio Costanzo, che la utilizzò sul palco del teatro Parioli in veste di opinionista, oggi è un’eccellente caratterista: una tipologia attoriale che quasi non incontravamo più in un mondo, quello del cinema italiano, spesso stereotipato. La Carlini, invece, ha saputo trovare la sua strada grazie a solide basi artistiche e professionali, avendo frequentando la scuola di mimo di Marcel Marceau e, successivamente, quella di Beatrice Bracco, insegnante dell’Actor’s Studio di New York. Dopo aver ottenuto un ruolo di co-protagonista in un episodio di Don Matteo, questa simpaticissima ragazza di Rimini ha incontrato Pupi Avati, che ne ha ampliato ulteriormente le doti utilizzandola per ruoli particolari ne ‘Il testimone dello sposo’, con Diego Abatantuono e Ines Sastre; in ‘La via degli angeli’, con Carlo Delle Piane, Valentina Cervi e Gianni Cavina; ne ‘Il cuore altrove’ con Vanessa Incontrada e Neri Marcoré; ne il ‘Papà di Giovanna’, col grande Silvio Orlando; sino ad arrivare a un ruolo da co-protagnista ne ‘Il cuore grande delle ragazze’ e a una parte nell’ultima pellicola di Pupi Avati, ‘Il signor diavolo’, uscito di recente nelle sale italiane. In questi giorni di ‘rientri settembrini’ l’abbiamo voluta incontrare per parlare insieme a lei di questo nuovo impegno cinematografico, che l’ha segnalata, ancora una volta, come un’attrice camaleontica, adatta a ricoprire ruoli molto particolari.

 Rita Carlini, ancora una volta nel cast di un film di Pupi Avati: é felice?

“Felicissima! Quando arriva la chiamata di Pupi Avati, tutto si ferma nella mia vita”.

Quale ruolo ha interpretato, stavolta, ne ‘Il signor Diavolo’?

“Ne ‘Il signor Diavolo’ sono Nina, la domestica sposata di Don Zanin, interpretato da Lino Capolicchio. Il mio compito è quello di accogliere l’ispettore Momentè nella canonica”.

Un Avati che torna all’horror, dunque, dimostrando di essere padrone assoluto del genere: il ciclo del grande maestro bolognese si chiude o si riapre?

“Dato il succeso di pubblico e critica che sta ottenendo ‘Il signor Diavolo’, a mio avvviso il maestro Pupi Avati ha tutte le carte in regola per riportare in auge il genere ‘gotico- horror’, sepolto da anni, aggiungendo il suo poetico e visionario stile autoriale, che lo distingue da sempre”.

Ci parli un po’ di lei: quale è stato il suo percorso dopo gli anni delle sue stravaganti teorie sul palco del ‘Maurizio Costanzo Show’?

“Dopo la bellissima esperienza al Maurizio Costanzo Show, bellissima per la fiducia in me riposta da Maurizio Costanzo, da cui tutto è partito in termini di visibilità, fui notata proprio su palco del Teatro Parioli da Antonio Avati, che mi propose per un piccolo ruolo, la sartina Zerri ne ‘Il Testimone dello sposo’, a Pupi Avati. Una pellicola che fu candidata agli Oscar per i costumi. Se posso ricordare un aneddoto di quel film, oltre alla grandissima emozione di ciò che sognavo sin da bambina, cioè di lavorare con un regista magnifico come Avati, era l’abito del mio ruolo, già utilizzato da Sophia Loren in ‘Lady L’ di Peter Ustinov. Per me, cresciuta coi sogni del grande cinema e di attori pieni d’incanto e di carisma, è stato un qualcosa di adrenalinico: una di quelle cose strane e inaspettate che ti accadono quando meno te le aspetti. Da lì sono venuti altri 8 film con Pupi Avati, tutti diversi e particolari, ognuno dei quali mi ha lasciato un dolce ricordo di malinconia mista a gioia. Anche perchè ne ‘Il cuore altrove’, ‘Il papà di Giovanna’ e ‘Il cuore grande delle ragazze’ ho lavorato in ruoli anche più estesi, presentati ai Festival di Cannes, di Venezia e di Roma. Ho lavorato anche nel mondo della fiction, in particolare in ‘Don Matteo 2’, dove nell’undicesimo episodio ero l’antagonista della vicenda, la ‘cattiva’ che alla fine viene smascherata. In seguito, ho avuto altre esperienze interessanti in film sperimentali. Mi piace ricordare, in particolare: ‘Bianco’ di Roberto di Vito; ‘Le streghe della Luna’ di Francesca Bertuzzi; ‘The Pyramid’ di Alex Visani; ‘Fatum’ di Armando Verrocchio; e anche ‘Faccia di Picasso’ di Massimo Ceccherini. A teatro, invece, ho vissuto una bellissima esperienza con Nino Frassica e il pittore e commediografo Giancarlino Benedetti Corcos. Infine, tante ospitate in tv, dove ogni tanto ho modo di essere come sono nella vita. Tuttavia, il cinema mi ha aiutata molto a utilizzare tutte quelle parti spesso mutevoli, perchè quasi opposte, che ho dentro di me. Il cinema è una sorta di terapia: ti dona un’identità artistica, al fine di insegnarti a giocare con le distinte sfaccettature di te stessa”.

Pupi Avati è il regista che le è rimasto nel cuore?

“Sì. Pupi Avati lo porto nel cuore perchè è stato il primo, con il fratello Antonio, a credere in me. E perché è un maestro senza età, senza catalogazioni, che sa sempre stupirti. Osservandolo sul set e come persona, t’insegna sempre cose nuove e importanti: coordinate preziose anche nei dettagli, a cui sa sempre dare valore, poesia e verità”.

 E la sua vita privata? Sappiamo che frequenta un circuito romano di amanti del cinema horror: è vero?

“Nella mia vita privata cerco di fare le cose che più mi piacciono: ho un carattere curioso, che si stupisce di tutto, anche di cose che non sempre c’entrano direttamente con il cinema, ma che mi ispirano emozioni, come la moda, l’arredamento, la natura, la medicina. In ogni caso, il primo amore non si scorda mai e, quindi, mi ritrovo spesso in contesti dove si guardano e si scambiano idee a volte intorno al cinema horror, ma più spesso anche sui grandi classici o in film sperimentali. I miei amici romani non sono una ‘setta’ di fanatici dell’horror, ma un ambiente di critici di livello in più di qualche caso…”.

Progetti per il futuro? Un po’ di teatro?

“Nel presente faccio parte di un ‘duo’ musicale: proponiamo canzoni e musica jazz o swing, ma anche grandi classici reinterpretati. Abbiamo costruito una sorta di canovaccio, che poi abbiamo arricchito con canzoni e brani emozionanti del passato. Un’idea nata quasi per caso, che però mi ha portata a viaggiare in tutta Italia, permettendomi di vivere del mio lavoro e di continuare a fare il mestiere più bello del mondo, soprattutto per una donna. Oltre a ciò, ho da poco ricevuto un’interessante proposta cinematografica: se son rose fioriranno…”.