Dal teatro alle parole, ecco la storia di un’inclusione positiva: un invito alla speranza alle porte del secondo anniversario del conflitto russo-ucraino

 L’esperienza del primo laboratorio teatrale composto da giovani rifugiate ucraine in Italia è diventata un libro: ‘Women in Selfie’ (Edizioni All Around, 2024), a firma del regista, artista e scrittore Vittorio Pavoncello, presentato a Roma il 20 febbraio scorso, presso lo spazio ‘Esperienza Europa – David Sassoli’, in piazza Venezia n. 6. L’evento è stato realizzato dall’associazione ‘Donne for Peace’, incollaborazione con la Rappresentanza in Italia del parlamento europeo, nonché patrocinato dalla Rappresentanza della Commissione europea in Italia, dalla Città Metropolitana di Roma Capitale e dalla Regione Lazio. Il libro è un racconto del ‘racconto’: quello del percorso positivo condotto nell’ambito del progetto ’Upe4Inclusion’, realizzato da ‘Donne for Peace’, in collaborazione con Anas Lazio e Solco Srl. Dodici donne ucraine, guidate nel laboratorio teatrale da Vittorio Pavoncello e coordinate da Svitlana Pakalyuk, hanno affrontato il dramma aperto della guerra che si sono lasciate alle spalle. Anzhelika Azaieva, Olena Beksultanova, Svitlana Boiko, Olena Kriuchkova, Olena Kurovska, Iryna Lupan, Nadia Melnik, Anastasia Petrovets, Iryna Shapovalova, Halyna Sviatiuk, Olga Vecherya e Yuliia Nosyk, tutte hanno trovato nel teatro e nel linguaggio universale dell’arte un approdo di comunicazione ed espressione che ha permesso loro di sfidare la paura e di accettare, valorizzandola, la loro nuova vita in Italia, in un’ottica di ricostruzione. Dal superamento delle iniziali difficoltà, soprattutto linguistiche e culturali, all’utilizzo delle tecnologie, alle quali quest’opera si ispira come interconnessione tra passato, presente e futuro, fino alla volontà – contro tutti gli ostacoli – di sopravvivere e tornare a vivere. Di questo e molto altro racconta ‘Women in Selfie’: un libro toccante fino alle lacrime.

Volha Marozava e Vittorio Pavoncello, com’è nato questo progetto e come avete risolto le prime difficoltà linguistiche e psicologiche?

Volha Marozava: “Due anni fa circa, all’inizio del conflitto russo-ucraino, abbiamo pensato a nuovi modelli di inclusione e di empowerment, ma mi sentivo dire che, in questo caso, eravamo emotivamente e personalmente troppo coinvolte, trattandosi dei nostri Paesi. Ci abbiamo messo il cuore nell’elaborare il progetto ‘Upe4inclusion’ e per 15 mesi siamo state una grande famiglia, insieme ad altre 96 ‘profughe’ ucraine. Una volta terminato il progetto non abbiamo potuto interrompere: abbiamo continuato con il laboratorio teatrale grazie Vittorio Pavoncello e Svitlana Pakalyuk. Sono stati loro che, assieme alle 12 ragazze, sono diventati assoluti protagonisti di questo percorso di trasformazione, dove il ‘buio’, piano piano, è diventata ‘luce’. Il teatro dei gesti e la volontà delle ragazze ci hanno portato, oggi, a presentare questo fotolibro unico, che rappresenta una memoria e una storia di ciò che chiamiamo solidarietà e amore”.

Vittorio Pavoncello: “Due difficoltà ci sono sempre state, a dire il vero: la prima è stata risolta dalla traduttrice Svitlana Pakalyuk, sempre presente alle prove; la seconda è sparita lungo il corso delle prove, quando le ragazze hanno capito che ripercorrere la loro vita di rifugiate a causa della guerra, era una opportunità per conoscersi meglio e scoprire se stesse”.

Cosa vi ha donato questa esperienza di diverso dal solito e su cosa si fonda, oggi, la vostra mission?

Vittorio Pavoncello: “A me personalmente, un profondo senso della realtà: questa volta non era come recitare una storia vera, quanto di rivivere su un palcoscenico la propria verità e condizione. Il teatro, di per sé, non è mai ciò che rappresenta. Invece, con ‘Women in Selfie’ era tutto vero: ogni attrice recitava non un’altra, ma se stessa e le difficoltà che aveva incontrato durante il laboratorio”.

Volha Marozava: “La nostra ‘mission’, oggi, è diventata molto semplice: si chiama amore. Amore per il teatro e nei confronti della cultura in generale, che svolge una funzione importantissima, assolutamente preziosa. Lo dico quasi con le lacrime agli occhi: noi ci stiamo mettendo il cuore in quello che facciamo e ci aiutiamo reciprocamente grazie a tre ingredienti magici: empatia, accettazione e congruenza”.

Sempre in tema ricostruzione, avete anche fondato un brand di abbigliamento, ce ne parlate?

Volha Marozava: “Sì, grazie per averlo chiesto. Da piccola sognavo di poter fare moda e ho vissuto una carriera di circa 10 anni nella moda italiana. Successivamente, ho incontrato una persona speciale: Galia, che stava scappando da Kharkiv. Insieme a lei, dopo aver fatto una passeggiata sul monte Giove di Terracina, abbiamo fatto una promessa: che il nostro primo shooting sarebbe stato realizzato proprio lì, nel tempio antico dedicato al Dio Giove che, in astronomia, come pianeta, simboleggia la forza in espansione. Dopo un anno, abbiamo fatto la prima sfilata in Vaccheria e abbiamo realizzato il progetto ‘Maika’ con Francesca Romana Pinzari, fondato sul potere della parola. Stiamo anche imparando ad attribuire un senso diverso al vestire, in cui conta il pensiero, l’idea, la persona, la possibilità di crescere e di creare. In seguito, abbiamo coinvolto anche le partecipanti del progetto ‘Upe4inclusion’ con i loro bambini. E abbiamo sfilato insieme a loro, utilizzando parole di speranza. Il ‘brand Giove’ sarà un’opportunità per molte donne di diventare autonome”.

‘Women in Selfie’ è pronta a diventare una compagnia teatrale a tutti gli effetti, in grado di autosostenersi? E, se sì, quali saranno le vostre prossime iniziative? Cosa vi augurate per il futuro?

Vittorio Pavoncello: “Al momento siamo ancora lontani da questo, che comunque rimane uno dei nostri traguardi. Ma non disperiamo, soprattutto perché le ragazze sono piene di progetti, idee e sorrisi alla vita. La cosa più importante è che la guerra termini e che l’aggressione finisca, affinché queste ragazze possano conoscere la pace come esperienza e dinamicità: non è soltanto la guerra che crea movimento, ma anche e di più la pace”.

Volha Marozava: “E’ vero: siamo ancora in una fase di ‘work in progress’. Tuttavia, voglio creare un po’ di suspense: vi dico solo che sta per essere presentata la nostra nuova linea di accessori fatti con il riciclaggio dei capi e una collezione di abbigliamento dedicato all’empowerment. Inoltre, stiamo lavorando a un libro ‘top secret’ e progettando un nuovo modo per scoprire i talenti”.

Intervista di Vittorio Lussana