È finalmente disponibile il primo album di Sethu, ‘tutti i colori del buio’. Dal vuoto dopo Sanremo alla terapia: la nostra intervista.

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Si intitola tutti i colori del buio l’album di debutto di Sethu (Carosello Records), prodotto dal gemello Jiz. Abbiamo conosciuto Sethu al Festival di Sanremo 2023, quando – con il brano Cause Perse – si rese noto al grande pubblico. Proprio da Sanremo, potremmo dire, è iniziato il viaggio del disco che – in 11 tracce – racconta le sfumature di questo periodo del cantautore tra luci e ombre.

«A Sanremo – ci racconta Sethu – ho vissuto il momento più bello della mia vita. È un sogno più grande di te stare lì dentro. Mi sono però anche reso conto di una serie di cose. Al di là dell’ultimo posto, per me essere a Sanremo è stata una grande soddisfazione, perché non capita a tutti. Dopo un periodo di tante difficoltà, anche nel provare a fare musica, ho capito tuttavia che non sarebbe stata la soddisfazione a risolvere i miei problemi. Sanremo aveva anestetizzato alcune mie problematiche, ma quando a settembre si è spento tutto, sono ricaduto in un periodo buio e sono tornato in terapia. Dopo ho scritto l’album in 5-6 mesi».

troppo stanchi e la title track

L’album nato dunque quasi come conseguenza di un percorso terapeutico, presenta un’unica eccezione: la traccia troppo stanchi scritta anni fa ma ancora tremendamente attuale. «Ho volutamente inserito la traccia in mezzo all’album. – dice Sethu – È molto vecchia. A me non capita quasi mai di tenere le tracce, mi stanco molto presto. Questo brano però ha un significato importante. In primis, doveva dare il nome all’album prima che fosse tutti i colori del buio. E poi sarebbe stata la canzone che avrei portato a Sanremo se non avessi scelto Cause Perse. Sono molto legato nella mia testa a questo pezzo, è l’alternativa. Quando lo risento, capisco che mi descrive. È tristemente attuale».

La title track è curiosamente l’outro, che inizia con un curioso speech. «Pensa che è l’ultima traccia fatta del disco. – racconta il cantautore – Avevamo la consegna da lì a pochissimo. La parte parlata non è mia ma di mio fratello. Io ho l’abitudine di registrare molti discorsi sul cellulare quando parlo. In situazioni con mio fratello lo faccio spesso. In quello speech stavamo decidendo la copertina dell’album». La tecnica dello skit torna molto spesso («Vengo dal rap e lì si usa molto come tecnica», precisa Sethu): ne i ragazzi perduti c’è Emma Galeotti, in sottopressione (non mi avranno mai) una citazione ai CCCP e in problemi un campionamento di Carlo Vanzini.

Sethu e la contaminazione sonora

C’è anche molta contaminazione sonora in tutti i colori del buio, con innesti pop e breakbeat. «Io e mio fratello siamo passati da un genere all’altro. – dice Sethu – Abbiamo fatto tante cose e ci piace spaziare. Da un lato, volevamo essere eclettici cercando di tenere un filo unitario e qualcosa che desse l’impressione di un lavoro da album. Dall’altro, anche se non è un concept album, volevo farvi vedere tutte le sfumature di un periodo brutto e di problemi come la depressione. Da fuori sembra tutto un colore unico, ma dentro ci sono rabbia, rassegnazione e speranza. Quando la gente vede la fotografia di un periodo brutto, vede la punta dell’iceberg. La musica e il sound hanno seguito questa mia necessità di dover dare più emozioni».

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Sul tema della salute mentale, l’album è schietto e deciso. Non è un caso che sia uscito durante la Mental Health Awareness Week, settimana in cui si rimarca l’importanza di diffondere sempre più consapevolezza e dibattito sul tema. «Ho sofferto sempre molto. – dice Sethu – Ho iniziato ad avere problemi di ansia da piccolo e mi sono sentito sempre molto solo. Quando sei poco più che bambino, non capisci e fai fatica a esprimerti. Quindi io in primis ho bisogno di parlarne a voce alta, è il mio esorcismo. Se ne parlo a voce alta, non è più un problema solo mio. Anche altri possono condividere e aiutarti. Possono capirti. Ogni artista ha il suo obiettivo oltre la musica: il mio è essere quel qualcuno che ti fa sentire meno solo».

«Voglio scrivere pezzi felici! – scherza poi Sethu – Il mio obiettivo è arrivare, almeno entro 5 anni, a fare dei brani più sereni». Al momento, però, la musica è per Sethu un’esigenza che non accetta compromessi. «Si fa fatica ad accettare che la depressione sia un problema di salute. Si banalizza tutto. – aggiunge – Non bisogna troppo concentrarsi sul perché, ma più sul fare qualcosa senza la caccia alle streghe. Ogni generazione ha i suoi demoni e quelli della mia sono le malattie mentali. Io credo che se noi giovani inizieremo a prendere coscienza di questi problemi, un giorno ci guarderemo indietro grati di aver sofferto un po’ prima. È come una frattura: devi curarti e prenderti il tuo tempo per far sì che la gamba funzioni ancora. Per la salute fisica tutti la pensano così, per la salute mentale no».

In fondo, al netto dei temi, tutti i colori del buio è un album molto schietto che cerca quasi una soluzione. «Sono uno molto propositivo e credo molto nella luce in fondo al tunnel. – dice infatti Sethu – Certe cose però vanno dette per come sono. Solo rendendoti conto di un problema e parlandone, anche in modo duro, a volte puoi iniziare un percorso di miglioramento. È un pessimismo propositivo». E in questo momento Sethu è più propositivo o più pessimista? «Come artista sono sempre in guerra con me stesso. – ci risponde – Mi faccio mille domande, sono insicuro e sempre un po’ alla ricerca del miglioramento. Sono soddisfatto però di aver messo nell’album cose vere e non fatte per riempire vuoti o per far uscire per forza un disco. Qui dentro c’è il mio sangue e spero arrivi».

Foto di Claudia Campoli