‘HO CONOSCIUTO LA MIA OMBRA!’ è il nuovo album di Fasma & GG, un itinerario di ricerca interiore dall’oscurità a uno spiraglio di luce. La nostra intervista.

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Un viaggio nel buio più cupo, una discesa all’inferno del sé in cui le luci possono essere abbagli e far deviare dalla via. Echi danteschi e trame horror accompagnano il nuovo album di Fasma & GG, ‘HO CONOSCIUTO LA MIA OMBRA!’, concept frutto di una ricerca non scontata e piena di graffi. Perché si cade, ci si rialza e si inciampa di nuovo e solo attraversando il buio si raggiunge una luce autentica, quasi una sorta di rivelazione.

Dalla prima all’ultima traccia, il cammino si rischiara e si alleggerisce – nei suoni e nelle convinzioni – fino al disvelamento di una consapevolezza che diventa l’ennesimo punto di partenza. Tempo, riflessione, solitudine, amore e verità sono alcune delle linee guida di questo lavoro che merita un ascolto non superficiale. Ce ne parlano Fasma & GG.

Fasma
Cover album da Ufficio Stampa

Vorrei partire riannodando i fili da marzo 2020, quando uscì il tuo secondo album ‘IO SONO FASMA’ sulla scia del Festival di Sanremo. Che spaccato di vita è stato per te questo tempo che ha poi visto la genesi di ‘HO CONOSCIUTO LA MIA OMBRA!’?
FASMA Sicuramente è stato uno spaccato di vita particolare e pieno di cose. L’album è partito proprio nel periodo più buio del Covid, quando eravamo chiusi in casa. Poi c’è stato finalmente un bagliore di libertà e di nuovo ci è stata levata. È stato un insieme di emozioni per cui non c’era neanche il tempo di farle tue che subito cambiavano. Ci siamo presi molto tempo, tre anni che erano necessari secondo noi per poter uscire con questo tipo di musica. E soprattutto con un disco che avesse, oltre che un concept, una verità.

Le emozioni che l’hanno fatta da padrone sono state, direi, la perdizione se così si può definire e sono andato alla ricerca di me stesso, uscendo dalla tana in maniera diversa anche grazie a tutte le esperienze successe. È come se ti dovessi riscoprire e riaffrontare la realtà con le cose che prima davi per scontate. Personalmente è stato un periodo che abbiamo voluto mettere in musica perché non c’è maniera migliore per testimoniare la propria vita che trasformarla in musica.

Mi piace molto quel punto esclamativo alla fine del titolo, che suggerisce sostanzialmente un’avvenuta conquista.
F Esattamente. È proprio un grido di gioia, in maiuscolo, nel dire ‘ci sono riuscito’. Che poi non è una conoscenza approfondita o definitiva, è un’accettazione che sicuramente è la prima e più importante fase per poi riuscire ad arrivare una pace interiore. Accettare che ci sono parti che ti possono destabilizzare ma che fanno parte di te. Quel punto esclamativo è stato un po’ un coronamento e il titolo è stata l’ultima cosa abbiamo fatto, dopo la copertina. È stata la cosa più difficile e ‘HO CONOSCIUTO LA MIA OMBRA!’ è stato proprio la frase che dici dopo che hai finito l’album. Tutti gli altri titoli sarebbero lunghissimi ma si racchiudono in quel punto esclamativo e nella frase in sé.

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GG Descrive bene il viaggio e il percorso per raggiungere una consapevolezza, era la cosa più giusta da dire.  Significa che aver iniziato a capire chi sono io. E quello è l’obiettivo del disco, far riflettere sul conoscersi che è una cosa molto importante tant’è che l’ombra simboleggia le parti più scure di noi che a volte nascondiamo.

Ma quante sono state le domande che hai attraversato per arrivare a quest’affermazione liberatoria?
F Sono tantissime e ancora oggi me le faccio: di domande ne ho tantissime, di risposte molto poche. E questa è una fortuna perché la mia più grande paura è smettere di essere curioso. Credo che la curiosità sia la benzina della vita, dovremmo insegnare a coltivarla la curiosità delle persone. Sono sempre stato una persona molto curiosa del mondo ma ho avuto sempre molta paura di essere curioso di me stesso.

Però la musica è sempre stata un po’ quel mostro sotto al letto, quella persona che continua a bussare alla porta anche se non le apri. È stata la mia torcia e se non ci fosse stata lei sarei rimasto perso nel buio. Queste domande hanno trovato il modo di essere spiegate in maniera più approfondita grazie alla musica ed è un cammino che ancora sto facendo. Infatti, Soli, l’ultima traccia, non è un punto d’arrivo ma è un esplicitare questa consapevolezza.

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La geografia di questo disco è tutta interiore, è la geografia dell’io. Quali confini pensi di essere riuscito a tracciare e cosa, invece, ancora sfugge? E quanto la scrittura ti ha aiutato a definire certe consapevolezze?
F In realtà la scrittura mi ha fatto anche superare certi limiti, mi ha dato modo di ricordare cose che avevo dimenticato apposta. E mi ha dato un modo di riaffrontare esperienze personali di quando ero piccolo che avevo proprio cancellato. Ho capito che, in realtà, poteva essere un modo per aiutare le persone e questo è il potere della musica: rendere un’esperienza brutta per te bella per qualcun altro. Per questo dico che la scrittura è stato un modo per mettere dei limiti ma soprattutto per superarli e continuare a scavare in fondo. Grazie anche all’amicizia con GG che ha amplificato tutto questo, dandomi la possibilità di arrivare ancora più in fondo di quanto mi aspettassi. Sento che posso andare ancora molto più giù perché c’è tanto da scavare ma mi sento felice perché ho già fatto qualche passo in più. E questo mi rende un po’ più leggero.

“La scrittura ha seguito un percorso emotivo, di vissuto, ed è stato un altalenarsi di consapevolezza e perdita di consapevolezza”, prosegue Fasma. “Rendevo partecipe GG, lo studio e il microfono di tutto ciò che la vita mi dava in quel momento, senza portarmi maschere dietro. È il mio modo di affrontare l’emotività personale , poco teorico e molto pratico”.

In questo viaggio infernale, un po’ dantesco un po’ da incubo, la luce può anche essere un abbaglio, un’illusione (soprattutto nella prima parte). Serve prima il buio, ma richiede tempo e la società di oggi continua a correre. Che rapporto hai con il tempo, come è cambiato crescendo?
F Abbiamo avuto molti problemi, in realtà, con il tempo perché all’inizio sentivamo che ce lo stavamo rubando.

G In passato abbiamo avuto molta fretta nel dover affrontare i primi due dischi e il ‘HO CONOSCIUTO LA MIA OMBRA!’ racconta anche questo. Ci siamo presi più tempo per farlo e anche noi in primis abbiamo riflettuto tanto su questo argomento. Abbiamo capito che è importante certe volte fermarsi e non essere sempre frettolosi, per capire anche che cosa ci fa stare veramente bene. Come dici tu è tutto così veloce che te ne a volte ed è veramente importante fermarsi e capire chi sei e che cosa vuoi fare.

Oggi vedo un sacco di persone, soprattutto ragazzi giovani, che non sanno neanche cosa vogliono fare in un futuro. Ma essere i primi a volersi concedere del tempo per scoprire cosa offre il mondo è importantissimo per poter essere fieri e felici di quello che si farà in un futuro. Bisogna conoscere le cose a 360 gradi e serve tempo: prima devo capire che cosa ho intorno e capire chi sono io e poi vedo cosa devo fare nella mia vita.

Paradossalmente, quindi, anche lo stop imposto dalla pandemia è stato quasi provvidenziale per voi.
F È stato un momento necessario, anche perché secondo me quando la musica si accosta al tempo non viene mai bene. Quando la lavorazione di una canzone viene limitata dal tempo, uccidi la musica. La musica nasce perché deve essere libera, non nasce per uno scopo mentre gli obiettivi hanno sempre un tempo. Noi ci siamo voluti fermare proprio perché stava diventando tutto così automatico e meccanico che è tutto ciò per cui non abbiamo iniziato a fare musica. Ancora oggi non ce ne stiamo rendendo conto ma un domani ringrazieremo questo periodo, questa è la mia riflessione.

G Ci ha fatto resettare un po’ tutto quanto. Abbiamo avuto sempre da correre ed, essendo giovani in questo mondo che non conoscevamo, è stata una corsa continua nei primi anni. E ogni volta che vedevamo questo lavoro come un vero e proprio lavoro vedevamo che aveva delle carenze. Quello della musica non è un lavoro che puoi fare in ufficio, è un lavoro che fai perché lo senti e non può essere una cosa sistematica.

FASMA
Foto di Francesco Quinziato da Ufficio Stampa HELP

Un concept album come questo vorrebbe un ascolto lineare, che è una forma di impegno oggi quasi impensabile per molti. Che tipo di valore aggiunto dà seguire il percorso della tracklist che è lo specchio della ricerca interiore dell’artista, rispetto a un ascolto scorporato?
F Sicuramente dà un valore che oggi abbiamo perso. Sempre a proposito di tempo, visto che ci avevo messo tanto tempo per farlo, vorremmo che la gente impiegasse un po’ più di tempo per ascoltarlo dall’inizio alla fine. E vorremmo che la gente si soffermasse di più sulle cose. Anzi sarebbe bello che la gente si educasse, partendo dall’album, a prendersi quel tempo necessario di cui parlavamo per comprendere determinate cose.

G  La scaletta, poi, è stata scelta anche in base a un immaginario specifico a partire da una storia che avevamo scritto. È partito tutto da un viaggio introspettivo, in un città delle ombre e quindi la tracklist segue i vari pezzettini della storia secondo il nostro punto di vista. Non a caso a circa metà c’è un punto in cui si trova la luce e si inizia a capire che il problema siamo noi. Bisogna iniziare a conoscere e quello è lo snodo di tutto.

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In questo lavoro, ancora più dei dischi precedenti, la componente visiva e iconografica riveste un ruolo importante. Come avete visualizzato il percorso musicale e quanto il cinema ha contribuito alla costruzione di certe atmosfere?
F Èun film horror, sicuramente e anche i video musicali che abbiamo fatto rappresentano queste atmosfere  abbastanza fedelmente il viaggio. Non a caso abbiamo scelto di lavorare e parlare con i registi seguendo ogni minima parte. Volevamo che tutto ciò che ci eravamo immaginati fosse chiaro a livello musicale ma anche a livello grafico e visivo. Quindi, un insieme di immagini horror, scure con quest’ombra… un po’ un Venerdì 13 misto a Death Note, con un demone. Però la cosa bella è che alla fine l’assassino, invece di ucciderti, diventa il tuo migliore amico e ti stringe la mano.

E tutto questo mondo come si tradurrà live?
G Ci stiamo muovendo e siamo già facendo prove per i live perché è un disco che è stato molto studiato per andare su un palco. Ci teniamo tanto a portare qualcosa che possa rendere tanto anche a livello live e vogliamo portare roba suonata. Anzi, stiamo già lavorando a nuovi arrangiamenti per il live che non sarà l’ascoltarsi il disco ma sarà un vero e proprio spettacolo. Non possiamo ancora spoilerare troppo perché è ancora presto, però stiamo lavorando per portare quello che hanno visto le persone nei video e quello che ci siamo immaginati noi nel nostro viaggio anche visivamente sul palco.

Foto di Francesco Quinziato da Ufficio Stampa HELP