Il nuovo progetto di Davide Trebbi, che arriva a sei anni dall’ultimo e in collaborazione con Edoardo Petretti, è un viaggio in dieci brani in cui Roma è sia protagonista sia cornice

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Compie dieci anni di vita il progetto Schola Romana, ideato da Davide Trebbi, e festeggia con un nuovo lavoro, Dieci Decimi, che arriva a sei anni di distanza dall’ultimo. Un album su rotaia che narra scorci, personaggi e storie della Capitale e che esce il 3 aprile su tutte le piattaforme digitali e con produzione indipendente in cd e vinile.

Il disco, in collaborazione con Edoardo Petretti, racconta Roma con una visuale completa (10/10, appunto) attraverso 7 pezzi originali, 2 cover e 1 intermezzo. Un viaggio in dieci brani in cui la Città Eterna è sia protagonista sia cornice, con una galleria scanzonata e fedele di personaggi che la vivono, la percorrono e talvolta la maltrattano. 

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Schola Romana: la Roma di Dieci Decimi

La Roma di Dieci Decimi parte, quindi, dal tram numero 3 (con la traccia Er Tre) per finire con Stazione Termini, crocevia di arrivi, partenze, malinconie e solitudini.

«Per raccontare e ammirare Roma – spiega Davide Trebbi – il viaggio di Dieci Decimi inizia proprio da un giro sulla circolare più famosa di Roma. E palazzo dopo palazzo, strada dopo strada, l’urbe si rivela al passeggero e ogni luogo parla, canta, racconta storie: dal bombardamento di San Lorenzo alle statue in sottana della Basilica di San Giovanni. Da Viale Manzoni, con l’Alessandro in questione che si tace al teatro Brancaccio in cerca degli antichi fasti artistici, fino a concludere il giro al tramonto davanti a Porta San Paolo. Resistenze di un tempo e persistenze presenti perché Roma questo è: una città sempre presente al mondo e a se stessa ogni giorno. Un passato universale e un presente capitale dove il pubblico e il fatto privato si incontrano».

Ecco quindi Roma che si svela all’ascoltatore, tra rime romanesche, poesia e le sonorità inconfondibili di Schola Romana.

I brani

E se Interno 5 – la seconda traccia ispirata alla prosa di Cesare Pascarella – ci porta in una casa, in un condominio come tanti, con umanità diverse e bizzarre e sensibilità artistiche… uscendo dal portone ci si ritrova a Ponte Sant’Angelo con Boia nun passa ponte, in cui la storia incontra la leggenda di Mastro Titta, boia di Roma, che quel ponte attraversava per andare a eseguire le condanne capitali, spesso esemplari, commissionategli dal Papa re.

La quarta traccia ci riporta agli anni ’70, quelli di Antonello Venditti e di A Cristo, ballata politica e ironica che ci ricorda gli equilibri dell’epoca con un talking blues tra padre eterno e discendenza e con un ulteriore omaggio di Schola Romana ad Antonello Venditti, nel rivendicare un giovanile ammazzate Gesù Crì quanto sei fico, che costò al cantautore romano – all’epoca neanche trentenne – un fermo in caserma per vilipendio alla religione cattolica. 

Si arriva così al cuore del disco – in questo caso in italiano e non in romanesco – con L’albero. Ispirato all’attuale conflitto in Ucraina, il brano vuole cantare l’umanità e la speranza che resistono durante ogni guerra. La traccia numero 6 vede un prologo strumentale (Il giorno, la notte, la guerra) al piano sequenza in musica di 16 Ottobre ’43 (settima traccia), il sabato nero della comunità ebraica romana. È la rappresentazione del silenzio d’inferno che rimane a testimoniare lo svuotamento del ghetto all’alba di quel sabato maledetto.

Ma è anche ritratto della colpevolezza di tutti gli attori dell’epoca, da Papa Pio XII al popolo italiano tutto, testimoni distratti una delle più oscene tragedie del ‘900. Su questa traccia è presente l’oud, liuto arabo, per precisa volontà di raccontare Roma come risultato di un universalismo musicale e culturale, fin dai tempi antichi. Da qui l’idea di inserire un suono del Mediterraneo.

Dalla tensione al sentimentalismo

Per alleggerire la tensione il disco diventa sentimentale, o quasi. Amore che nun parli, traccia 8, con la voce di Alice Clarini, aiuta l’ascoltatore a riprendere fiato sui toni della ballad dolcemente realista, disincantata e tutto sommato speranzosa. Prima di arrivare a Termini e alla conclusione dell’album c’è però anche spazio per una traccia originale quanto curiosa: Regginella, storia di un’ape accecata da luci artificiali e da venti di inquinante modernità che nella sua lotta per la sopravvivenza sembra assomigliare a un paziente in seduta psicanalitica. Il disco si chiude sulle note anni ’50, nostalgiche e infallibili, di un brano poco conosciuto e riscoperto per l’occasione: Stazione Termini, a firma Cerri/Testa, affresco della stazione centrale dell’urbe che vede passare coppie e umanità disparata.

Dieci Decimi sarà presentato dal vivo il 23 Aprile all’Asino che Vola alle ore 21, poco dopo il Natale di Roma del 21 Aprile. Info e prenotazioni: 3382751028/067851563