La natura, i suoni acustici, il valore dello storytelling: Davide Van De Sfroos ci racconta ‘Manoglia’, un album libero.

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«Se questa è un’isola, benvenuti sulla mia isola»: è con queste parole che Davide Van De Sfroos ci accoglie nel mondo di Manoglia, il nuovo album «non introverso, ma interiore» che contiene 11 tracce inedite. Un progetto delicatissimo che al power folk preferisce un impianto sonoro acustico e dedicato alla natura, come si evince anche dalla cover, realizzata da Michele Cerone.

«Benché il disco fosse fortemente connotato verso il discorso autunnale – ci dice Van De Sfroos – volevo una copertina in stile psichedelico, à la Grateful Dead. Invece ho conosciuto Michele che ha toccato la psichedelia più à la Yellow Submarine. E il disegno, infatti, esplode. Inizialmente era una pianta ricavata da un antico erbolario, lui ha aggiunto la maschera e gli ho consigliato di mettere al posto delle foglie queste piume. Quando ho vito la realizzazione finale, mi sono quasi commosso. Ogni foglia è una canzone». Quelli di Manoglia sono brani ripescati dai taccuini di Van De Sfroos («A differenza di altri che lo hanno fatto con la droga, io ho dilapidato parte del patrimonio nell’acquisto di taccuini», scherza). Brani nati sotto un albero o in mezzo ai boschi, venuti alla luce quasi fosse giunto ormai il tempo.

«È da aggeggi come questo che nasce il disco. – ci spiega il cantautore – Perché alla fine ce l’hai in tasca, entri nel bosco e scrivi. E sotto la luna provi ad abbozzare, seguendo un altro vento: quello delle possibilità o della creatività. Un vento che spazza via i foglietti e comincia a muoverli, allora capisci che hai di fronte già una canzone fatta». Sarà per questo che Davide Van De Sfroos ha optato per un «esperimento super acustico, senza batterie o suoni complessi». Manoglia – nei suoi propositi – «lascia aprire le ali alla farfalla delle possibilità acustiche, per lasciar spazio a strumenti come banjo e mandolino. Ci sono persino canzoni gestite da un pianoforte. E la voce è sussurrata e non gridata perché è un album meditativo».

Davide Van De Sfroos e Manoglia: natura e uomo

Se è vero che Manoglia sposa la filosofia del less is more, le canzoni di Van De Sfroos restano uno specchio che mostra il riflesso di ognuno di noi. «Riguardano tutti perché sono sovrapposte ai ricordi. – ci dice il cantautore – C’è l’energia fondamentale delle cose legate alla terra e alla natura, che ci porta a comprendere ciò che è in alto. Cosa siamo senza il ricordo di ciò che è stato? Cosa regaliamo all’albero che ci dà tutto? L’albero ci dà linfa, il frutto. Io qualche volta gli regalo un abbraccio o il titolo di un album». Viviamo tempi bui e il rapporto che abbiamo con la natura è estremamente complicato: «La natura non guarda in faccia a nessuno, ti può dare tutto o toglierti tutto. – commenta in proposito Van De Sfroos – Noi diciamo che è prepotente, violenta e crudele. Eppure facciamo le isole di plastica nell’oceano. Chi è, quindi, veramente crudele?».

Un pensiero che ha guidato la fluidità della sequenza dei brani e i suoni («senza pippe per audiofili»): un concept pronto a girare l’Italia durante l’instore e ad arrivare al Teatro degli Arcimboldi il 29 febbraio 2024 (prodotto e organizzato da MyNina): «Porterò sul palco questi suoni – dice in proposito Van De Sfroos – e vedremo se inserire qualche ospite. C’è una band rodata che farà di tutto per ricreare questa magia».

La filosofia di Manoglia

In fondo, però, Manoglia più che un album è una filosofia. Ed è anche l’ennesima estensione dell’arte di Davide Van De Sfroos, arrivata probabilmente qui alla sua forma più pura e scarna. Al centro c’è sempre il racconto, storie di vita che guardano al passato per sperare nel futuro. «Sì – ci dice il cantautore – la persona è sempre stata al centro. C’è l’uomo nel suo luogo o in movimento, l’uomo nelle sue mitologie e anche nel suo intimo, come in questo caso. Sono tematiche legate alla vita stessa, a quella filosofia che non devi neanche studiare perché ti attraversa. Ogni volta che riesco a portare questi personaggi sotto i riflettori, mi sento di aver fatto il mio dovere dal punto di vista narrativo. Senza narrazione non sarei attratto così tanto dal pianeta canzone. Sono uno storyteller: se non ho niente da raccontarti, non voglio riempire un cilindro di suoni. Usare la piattaforma del disco come foglio per me è fondamentale».

Davide Van De Sfroos è però anche un narratore fuori dal tempo. Da qui anche la decisione di far uscire Manoglia (BMG/MyNina) in versione vinile, vinile colorato in edizione limitata e numerata, versione cd e download, ma non in streaming. Il motivo è spiegato in parte in Forsi. «Forsi parla delle incertezze e del volersi ribellare a questo mio tempo. – ci spiega – Un tempo che mi impone una nave su cui salire per forza. Viviamo nel controsenso. Forse arriverà una nave, ma resterò qui senza valigia e senza biglietto. Per questo canto che arriveranno a spiegarmi che dovrò fare il TikToker».

Una ribellione che «parte dalla scelta di una musica non di questo tempo. Meglio però rimanere nella propria incertezza sana che in una certezza imposta da un sistema. Sappiamo benissimo che Manoglia è un disco distante da quello che stiamo ascoltando oggi. Lo dico senza critiche. Questo disco non ha tempo, ha il suo tempo. Va nel passato, diventa vagamente lirico ed è ciò che vuole essere: libero».