Dopo la finale di ‘MasterChef 12’, la nostra chiacchierata con Edoardo, Mattia, Hue e Bubu tra (pochi) rimpianti e progetti.

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Confermando tutti i pronostici, il dodicesimo vincitore di MasterChef Italia è Edoardo Franco, che – nella finalissima – ha sconfitto Thi Hue Dihn e Antonio Bubu GargiuloAntonino CannavacciuoloBruno Barbieri e Giorgio Locatelli hanno premiato il suo menu Tutto mondo, ispirato dal titolo del murale realizzato da Keith Haring. Una vittoria che per Edoardo rappresenta semplicemente «ciò che volevo fare. – ci dice il vincitore – Ero qui per cambiare la mia vita e l’ho fatto. Questa è la mia vittoria, ho fatto quel che volevo, sono rimasto me stesso e ho fatto vedere chi sono». Amatissimo dal pubblico a casa, Edoardo individua due momenti chiave del suo percorso: l’ingresso nella MasterClass («Lì mi son detto Me la gioco») e il secondo Pressure Test, quello del minestrone: «Volevo uscire dalla mia comfort zone – confessa – ma non sapevo come fare. Alla fine mi son ritrovato a farlo senza volerlo. Ho fatto un piatto che non immaginavo di fare».

Follia e spontaneità sono state, del resto, due caratteristiche di Edoardo, dodicesimo campione di MasterChef, nel corso dell’edizione. «In effetti sono un casinista», scherza in proposito Edoardo, che però non nasconde un pizzico di (giusta) strategia. «Ho voluto giocare sporco, illudere gli altri che facevo schifo. – commenta -Mi piace giocare e l’ho vissuta come una presa in giro positiva. Credo in fondo che sia stata la mia attitudine sin dal primo momento».

«Ero comunque la mia più grande paura. Poi l’ho superata, dopo due puntate mi sentivo a mio agio. – dice – E il punto di forza penso sia stato questo: sapermi adattare in ogni situazione. A MasterChef devi sempre essere pronto e non avere limiti. Io sono andato come un cavallo. Mi interessava lasciare un messaggio e qualcosa di buono».

MasterChef 12, vince Edoardo: ma nel futuro ancora tanta gavetta

A proposito di messaggi positivi, nasce da questa intenzione anche il menu Tutto Mondo («L’idea era di venire a casa mia e mangiare bene – dice – rispettando le culture, divulgando e mettendoci amore»). Anche perché – spiega Edoardo – «la mia fortuna è avere una famiglia che sta bene, non ho problemi. In questi casi ti chiedi quale sia il tuo posto nel mondo. Io so che esiste un lato più sfortunato del mio e ho voluto vederlo, rimanere aperto. Un mio amico mi ha detto che nel bene e nel male sono cosciente. Al ragazzo che ero direi quindi Rimani cosciente e aggrappato a te stesso».

I viaggi, il lavoro come rider nascono anche da questa indole innata di Edoardo. Che ai giovani consiglierebbe proprio di «ascoltare il loro cuore e non chi gli sta intorno». «È importante capire chi sei e quali sono le tue esigenze. – continua – A volte per uscire da una brutta situazione devi soffrire. Serve pazienza. Piuttosto fate cazzate, ma fatele vostre. Siate voi stessi. Ascoltiamo troppe cose ed è meglio capire quello che ci serve». E, anche se viaggiare fa sempre bene, Edoardo precisa che «non è la soluzione e non può essere visto come unica opportunità. La condizione perfetta sarebbe avere l’opportunità di stare bene dove siamo».

Ora, guardando al futuro, Edoardo è fermo nel dire che serve ancora «gavetta». «Ho ancora tanto da imparare, poi se riesco aprirò un locale. – chiosa – Ma niente rider. Non voglio fare asporto, mi piace il concetto di stare insieme».

Hue, Mattia e Bubu

La finale – senza particolari screzi – ha visto al fianco di Edoardo gli altri due finalisti: Hue e Bubu. «Non ho rimpianti – dice quest’ultimo – forse impiatterei qualcosa in modo diverso, ma a posteriori è facile giudicarsi. La delusione è dovuta al momento, a un verdetto che speravi fosse diverso. Ma va bene così, io credo che abbiamo vinto tutti». Nel futuro? «Voglio aprire il mio ristorante e portarlo a un livello alto – risponde – ma prima devo viaggiare, conoscere e fare esperienza nei ristoranti».

«Per me, come dal primo giorno, questo è l’inizio del mio progettone della vita con la cucina. – dice Hue – È un percorso umano e culinario. Non cambio idea, adesso devo raccogliere più occasioni possibili per migliorarmi ancora. Prima devo trovare la versione migliore di me. Così, quando ci saranno nuove opportunità in Vietnam, potrò approfittarne al meglio. Sto pensando di scrivere un libro, ma non di ricette. Vorrei raccontare la cucina vietnamita e le emozioni e i vissuti dei nostri piatti. È il mio desiderio».

A un passo dalla finalissima si è invece fermato Mattia, lo «zio» di questa dodicesima edizione. «Per metà percorso – commenta – sono stato il più anziano, anche se ho appena 40 anni. Un po’ per come sono fatto, perché sono molto protettivo, i ragazzi mi hanno trattato un po’ da zio. Poi, ovvio, non si può andare d’accordo con tutti. A prescindere da MasterChef, credo si veda che mi hanno voluto bene davvero. Quei rapporti me li porto a casa, più di quanti mi aspettassi».