A Palazzo Koch c’è una statua leggendaria che i dipendenti evitano: l’Abisso. Toccarla, secondo la superstizione, porta a “precipitare” nella carriera.

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A Roma ci sono tantissime opere che si fanno notare per la loro bellezza, e altre che diventano leggenda. È il caso dell’Abisso, una misteriosa statua conservata nell’atrio di Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia: un gruppo marmoreo che in pochi osano guardare troppo da vicino. Il motivo? Secondo una curiosa superstizione interna, chi la sfiora rischierebbe… di precipitare nella carriera.

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Un’opera travolgente: la storia di “L’Abisso” di Pietro Canonica, la statua di Palazzo Koch che in tanti evitano

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. “L’Abisso” è un gruppo marmoreo realizzato nel 1909 da Pietro Canonica, grande scultore piemontese noto per la capacità di fondere la classicità accademica con l’intensità del romanticismo moderno: a Palazzo Koch è esposta una delle due copie dell’opera, l’altra si trova nel Museo Canonica alla Fortezzuola, dentro Villa Borghese.

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Il tema è quello dell’amore tragico di Paolo e Francesca, cantato da Dante nel V canto dell’Inferno. Canonica li rappresenta in ginocchio, stretti in un abbraccio drammatico, mentre il loro sguardo è catturato da un punto lontano, quasi risucchiato nella profondità dell’“abisso” dantesco. Le superfici levigate, il movimento laterale dei corpi e la tensione emotiva scolpita nei lineamenti creano un effetto magnetico: sembra di assistere alla frazione di secondo in cui la passione supera il destino.

Ma perché i dipendenti della Banca d’Italia eviterebbero quella statua? La tradizione interna racconta che gli impiegati, soprattutto i nuovi assunti, siano invitati a non toccare L’Abisso e, per i più superstiziosi, persino a non sostare troppo a lungo di fronte ad esso. Il motivo è semplice e colorito: chi indugia davanti alla scultura rischierebbe di “precipitare nella carriera”, scivolando verso ritardi, mancati avanzamenti o incarichi sfortunati.

Si tratta naturalmente di una leggenda metropolitana, una di quelle che nascono spontaneamente negli ambienti istituzionali più prestigiosi, dove la solennità dei marmi e il silenzio dei corridoi creano la cornice ideale per superstizioni e piccoli rituali non scritti. Eppure, come spesso accade a Roma, il fascino dell’opera contribuisce a rendere il mito ancora più credibile: l’abbraccio disperato dei due amanti, sospeso sull’orlo del baratro, sembra suggerire metaforicamente il rischio di caduta.

Photo Credits: Annarita Canalella