Sono passati ben 15 anni da Tourist, disco multiplatino con circa 3 milioni di copie vendute in tutto il mondo: un tempo infinito considerando i serrati ritmi della discografia odierna, ma non per St. Germain, che – in barba ai dettami del mercato moderno – si è preso il tempo necessario per partorire il nuovo album omonimo, in arrivo il 9 ottobre e anticipato dal singolo Real Blues.

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“Il tour è stato molto impegnativo. – confessa il dj francese durante un incontro con i giornalisti – Ho fatto più di 300 date, è stato molto complicato perché ho girato il mondo. Ero molto stanco, quindi ho voluto prendermi una pausa. Nel 2004 ho comunque fatto uscire l’album del mio trombettista, nel 2005 ho fatto un grande concerto in Cina e quindi, a dir la verità, solo nel 2006 mi è tornata la voglia di ricominciare a studiare e fare ricerche per il nuovo album”.

Quando St. Germain parla di ‘ricerca’ si riferisce a una vera e propria immersione nelle sonorità africane, che ha avuto modo di conoscere e inserire in questo nuovo e variegato disco: “Nel 2006 ho voluto iniziare a scrivere per il nuovo album, ci ho messo quasi un anno, ma è venuto fuori una sorta di Tourist 2, per cui non ero molto contento delle sonorità che ero riuscito a ricavare. Ho praticamente cancellato tutto, ho ricominciato da capo e mi sono interessato alle sonorità africane. Ho iniziato dalla Nigeria, ascoltando delle ritmiche nigeriane che già conoscevo abbastanza, come l’afrobeat, ma devo dire che anche il risultato con quelle sonorità non mi è piaciuto. Per cui ho virato verso il Ghana, ma in quel caso non avevo dimestichezza con quel tipo di sonorità e mi sono accorto che erano troppo complicate da mescolare con i ritmi elettronici, quindi ho lasciato perdere. Mi sono approcciato al Mali e lì ho trovato quello che poteva interessarmi. Erano sonorità che già conoscevo, ma ciò che mi ha più colpito in assoluto e che mi ha fatto capire che questa era la strada da percorrere sono stati dei cacciatori del Mali, direi una specie di guerrieri che creavano delle sonorità tradizionali. Ho iniziato a lavorare proprio con queste sonorità alla fine del 2009, dando il via a un lavoro molto lungo. Dopo, difatti, ho dovuto trovare i musicisti giusti per poterle riprodurre. Volevo tenere i miei musicisti storici, quelli con cui ho fatto Tourist, ma non erano in grado di riprodurre al meglio questo tipo di sonorità, per cui ho iniziato a integrare nella mia band musicisti africani. A livello di line-up e di strumenti musicali ho introdotto quindi strumenti tradizionali del Mali”.

 

Non c’è niente di politico, tuttavia, nella scelta del musicista francese: “È una questione di gusto personale. – precisa St. Germain – Sono rimasto veramente colpito dal modo che queste persone hanno di suonare. Dovete vederli suonare! È il motivo per cui nel live li porterò sul palco. Hanno una tecnica particolare, che a noi europei non appartiene assolutamente. Ho visto un dvd con un tributo a John Lee Hooker, che suonava i suoi pezzi con vari artisti: non è che lui avesse chissà quale tecnica come musicista, ma è capace in 15 minuti di suonare due accordi soltanto e tenere comunque viva l’attenzione delle persone”.

Gli chiediamo, a questo punto, se a spingerlo verso la ‘strada’ verso le sonorità del Mali – create da strumenti musicali come la kora, il balafon o il n’goni – non sia stata una certa saturazione di stimoli sulla scena europea: “Ovviamente. – ci risponde – Mi sono accorto che sul mercato europeo continuavano a ripetersi le stesse sonorità. Conosco tantissime persone che lavorando al French Touch alla fine hanno scelto di virare su altre cose, perché effettivamente la storia continuava a ripetersi, non c’erano mai spunti nuovi e nuovi stimoli. Tant’è che quando nel 2006 ho ricominciato a comporre, mi sono accorto che mi veniva fuori la stessa sonorità di prima, una sorta di Tourist 2 appunto. Non era il più tempo di uscire con un album del genere. Ero stanco, ero stufo di quelle sonorità e quindi mi sono aperto a nuovi orizzonti”.

Un disco pensato, dunque, così come la copertina, nata dalla collaborazione con l'artista francese Gregos: “Ho incontrato questo artista a Montmartre, dove abito. Una mattina nel 2006 mi sono svegliato e davanti alla porta di casa mia c’era questa maschera. Sono rimasto molto colpito e affascinato, considerando che poi tutto il quartiere pian piano si è riempito di queste 'opere'. Mi sono incuriosito e ho voluto conoscere l’artista che stava dietro queste creazioni, abbiamo iniziato a chiacchierare, abbiamo simpatizzato e ho pensato che se avessi fatto un album sarebbe stato un progetto interessante da mettere in copertina. Quindi abbiamo lavorato alla cover".

Un ritorno in grande stile, insomma, con qualche rischio, ma con tanta personalità: “Io lavoro in questo modo – ci risponde il dj, quando gli chiediamo se serve tanto coraggio per lanciare progetti così innovativi – mi sono preso il mio tempo perché è l’unico modo di lavorare che conosco. Tourist non era un album che andava incontro alle richieste del mercato, l’ho fatto e ha funzionato probabilmente perché io sono fatto così, mi metto in gioco e voglio fare in modo che ciò che viene fuori mi assomigli il più possibile. Devo essere io in primis contento del mio lavoro, altrimenti non sarei me stesso”.

Non è un caso che non abbia consigli da dare a chi voglia iniziare questo ‘mestiere’, se non quello di “lavorare sodo” ed “essere se stessi”: “All’inizio si copia, è ovvio, perché bisogna fare pratica. – conclude – Se trovi ciò che ti piace, provi a riprodurlo nello stesso modo, proprio perché bisogna fare piccoli tentativi per costruirsi un’esperienza e arrivare al proprio suono. Ma è importante chiudersi in casa, lavorare tanto e essere onesti con se stessi e con il pubblico”.