Dopo il ricordo di Eros Ramazzotti, che ha annunciato via social la morte di Pino Daniele, anche Jovanotti ha affidato a facebook un lungo addio all’amico prematuramente scomparso.

L’ULTIMA ESIBIZIONE DI PINO DANIELE

"Con Pino mi accadeva un fenomeno inspiegabile" ha scritto, "dopo qualche minuto che stavo con lui mi veniva un accento un po’ napoletano. Sul serio, se ci passavo una giornata poi a fine cena mi ritrovavo a usare espressioni tipo ‘uè’ o perfino ‘guagliò’. Era un influsso che lui aveva, pinodanielizzava l’atmosfera. Lo faceva con la musica ma se ci penso bene lo faceva proprio con tutto se stesso che era tutto un se stesso fatto solo di musica. Ho tante ore di ‘volo’ a bordo dell’astronave PinoDaniele, decolli atterraggi vuoti d’aria turbolenze ma soprattutto ore di vita e di musica indimenticabili iniziate molto prima di conoscerlo".

Compagno di viaggio e amico, Jovanotti ha poi raccontato dei live e dei concerti da fan. "Pino Daniele è stato il mio primo concerto" ha scritto. "A vedere Pino al Palaeur di Roma invece ci andai io da solo, 1981, biglietto comprato in prevendita con soldi miei che avevo messo da parte. Che band strepitosa, io non ci capivo niente ma mi fecero sentire in una zona tra la festa e il pericolo, tra il sogno e la minaccia, tra la rabbia e la gioia, dove poi ho scoperto che avviene sempre la grande musica. Era una musica diversa, coraggiosa, libera, selvatica, intelligente e nuova e che mi era entrata dentro come qualcosa che non sai da dove arriva ma che ti porta via, pinodanielizza l’atmosfera.
L’album Nero a Metà, un capolavoro assoluto di ogni tempo. Poi uscì Vai mo’ che aveva questo

 

titolo svelto, che mi faceva impazzire già a partire da lì. E c’era dentro Yes I know my way, la prima volta che pensai che un italiano poteva essere funky e arrabbaito senza perdere il sorriso".
E poi il 1994 quando Jovanotti, Pino Daniele ed Eros Ramazzotti diedero vita a uno dei tour più seguiti di tutti gli anni Novanta. "Passarono gli anni, io diventai Jovanotti, continuai ad essere un fan, lui era sempre il grande Pino Daniele, lo era sempre di più. Amato e riverito sia dagli stonati che dai musicisti virtuosi.
Lo conobbi nel 1994, mi proposero di fare il tour con lui ed Eros. Non ci potevo credere.
Pino Lorenzo Eros. Il manifesto lo fecero disegnare a me, col pennarello tracciai un sole addosso ad un palazzo, era il mio modo per immaginare la mappa di un’esperienza che mi avrebbe cambiato la vita, dividere il palco negli stadi con due grandi della musica italiana, diversissimi ma uniti da quella volontà di far filtrare il sole attraverso il cemento armato.
Eros lo conoscevo già da prima perchè avevamo lo stesso agente. Con Pino legammo tanto, mi voleva bene e io mi sentivo un prescelto a poter essere in confidenza con quel grande artista che mi sembrava fatto di musica, pensava solo alla musica, zero menate, la musica al centro di ogni cosa. Mi regalò la sua amicizia sanguigna e fraterna. Pino era simpatico e ti faceva piegare dalle risate, quando voleva, i suoi racconti sono letteratura blues e commedia dell’arte, belli come certe sue canzoni, e divertenti come i film di Totò, che per lui era un dio. Tante emozioni oggi, troppe tutte insieme".

L’ULTIMO MESSAGGIO SU FACEBOOK DI PINO DANIELE

Infine un omaggio a Napoli, patria di Pino Daniele. "Conservo il ricordo della giornata di Napoli, allo stadio San Paolo, 13 giugno 1994. (..) Quella Napoli si riconosceva in Pino Daniele, l’artista che aveva saputo valorizzarla non attraverso le sue maschere ma partendo dalla realtà e dalla poesia, l’uomo che l’aveva liberata dagli stereotipi, che l’aveva portata nella modernità senza perderci in cultura e in umanità. Pino Daniele è per Napoli quello che Bob Marley è per la Jamaica, ma siccome i napoletani sono

 

napoletani e Napoli è Napoli, tutto è amplificato, tutto è più grande più complesso più rumoroso più infuocato più indescrivibile a parole".

"Che musicista incredibile che è stato Pino" ha concluso Jovanotti postando una foto che lo ritraeva insieme all’amico scomparso e a Eros Ramazzotti. "Aveva i denti grandi, da uomo di Neandertal, e un fisico possente quasi da neonato gigante, con il torace da buttafuori segnato da una cicatrice proprio in mezzo, incline alle belle mangiate specialmente quando la parola “fritto” accompagna la descrizione della pietanza, ma con la chitarra sapeva essere di una leggerezza che io ho visto solo nelle farfalle. Per lui era IMPOSSIBILE, credetemi, IMPOSSIBILE, produrre una sequenza di note che non fosse bellissima, quando si metteva lì a improvvisare. Studiava sempre la chitarra, non ha mai smesso di studiarla, di accarezzarla, di farci ballare le sue dita sulle punte o di prenderla a pugni. Quando aveva la chitarra in braccio si completava una figura che non lasciava entrare dentro nient’altro, un equilibrio cosmico, il simbolo di una croce, non sto esagerando, senza la sua chitarra in braccio Pino era incompleto. E di quel suo falsetto naturale che usciva da quelle grandi ossa, ne vogliamo parlare? (…) Pino Daniele è stato un artista enorme, un vero gigante, e il tempo non farà altro che consolidare questa sua immensa importanza per la musica e per la cultura dei nostro paese. Napoli perde il suo figlio musicista più grande del dopoguerra, senza nessun dubbio, e uno dei più grandi di tutti i tempi, ne sono del tutto sicuro".