Abbiamo ascoltato i 30 brani in gara a Sanremo 2024: tra ballad e sorprese, ecco i nostri primi pareri sulle canzoni.

È finalmente arrivato il giorno degli ascolti in anteprima dei brani di Sanremo: nel 2024 si può forse a ragione parlare più di sequestro di persona, visto che le canzoni sono 30. Tantissime e tutte di qualità. Intanto alcune doverose premesse: il 2024 è l’anno delle sorprese, dei pezzi spiazzanti da parte di artisti da cui ti aspetteresti tutt’altro. È anche l’anno delle canzoni d’amore, perché in pochi hanno optato per testi politici e sociali e anche chi porta brani uptempo ha preferito un bagno nei sentimentalismi.

Al riguardo, Amadeus ha chiarito che non sia stata una sua scelta, che «qualcosa di sociale è arrivato, ma a volte sembra una scorciatoia. Il tema sociale funziona con una bella canzone, altrimenti non serve». C’è poco (anzi pochissimo) rock e, anche qui, Amadeus chiarisce che non arrivano proprio brani simili, nonostante quello che lui si aspettava sarebbe stato l’effetto Måneskin. Come sempre, il primo ascolto lascia il tempo che trova e – anche per questo motivo – non metteremo voti.

Clara. Diamanti Grezzi porta la firma di Alessandro La Cava e Katoo. Lo stile di Clara è già chiaro da Sanremo Giovani: qui il suo mondo urban spinge ancora di più, con un ritornello meravigliosamente dance. Sembra in parte un’evoluzione di Boulevard ed è un bene. Da ballare.

Diodato. Ti muovi è una splendida ballata diodatesca (che è un mio neologismo). Un brano che sembra parlare della fine di una relazione, un tema che tira fuori il meglio del cantautore anche se in futuro gli auguriamo amori più sereni. Lo stile è quello del romantico Diodato, che sempre ci piace e sempre un po’ ci commuove.

Mahmood. Tuta Gold è un capolavoro. Ricorda il groove di Soldi più che la tenerezza di Brividi ed è il Mahmood che mi piace di più: su queste frequenze non c’è storia e non ha rivali. Meriterebbe di (ri)vincere, ma poi penso che gli altri cantanti magari inizierebbero a odiarlo un po’. Però se ha una hit clamorosa che possiamo farci?

Sangiovanni. La prima sorpresa è Finiscimi di Sangiovanni che porta una ballad, una canzone d’amore che ho letto da qualche parte pare sia dedicata a Giulia Stabile. Sangiovanni qui canta le sue scuse e – sono onesta – non me l’aspettavo: è un Sangiovanni inedito, da riascoltare.

Loredana Bertè. La vena di rock di questo Sanremo 2024 arriva con Loredana Bertè, ma Pazza è molto più di questo: è un brano bellissimo, con un testo molto potente che dentro ha tutto. Empowerment femminile, amore per se stessi, consapevolezze. È uno dei brani più belli del Festival e io sogno Loredana sul podio, magari con la corona.

Bnkr44. Governo Punk è un titolo ingannevole, perché il brano a livello sonoro viaggia su frequenze più moderate. È una canzone più movimentata di Effetti Speciali e il collettivo toscano l’ha riempita di molti riferimenti (i Blur, per citarne uno). Alla Gen Z piacerà come è giusto che sia.

Alessandra Amoroso. Per Fino a qui, la Amoroso si è circondata di autori sopraffini (Abbate e Ettorre) e di Takagi & Ketra. Il brano è una ballad nello stile tipico di Alessandra, ma occhio al testo: i riferimenti vanno da L’Odio di Mathieu Kassovitz a Sally di Vasco Rossi e il pezzo è complicatissimo per significati e significanti.

Fred De Palma. L’altra sorpresa arriva da Fred che – con Il Cielo non ci Vuole – a sorpresa non porta il reggaeton. Il brano è più dance e techno, ricorda gli esordi di De Palma con più maturità e consapevolezza. È senza dubbi uno dei tormentoni del Festival: a metà brano già la canticchiavo. La trovo irresistibile.

Fiorella Mannoia. Mariposa è un brano fuori gara. Vira verso il folk e il tappeto sonoro è un’esplosione di strumenti che non vedo l’ora di ascoltare nel contesto dell’Ariston. Per composizione e varietà, è il brano migliore del Festival: mestiere e contenuti. Bellissima.

The Kolors. Un ragazzo una ragazza non deluderà chi ha cantato, ballato e dato di matto con Italodisco. È un tormentone dichiarato, con lo scopo di far ballare tutto l’Ariston. Questa band sembra aver trovato la propria quadra e sembra inarrestabile. Preciso che io ero grandissima fan anche del brano del 2018: come a dire The Kolors, mi avevate già convinto a Frida (mai, mai, mai).

Emma. Apnea è una nuova sfumatura di Emma, un brano uptempo con un inciso irresistibile e persino un droppino che godrò tremendamente a vedere sul palco dell’Ariston. A me questa Emma piace tantissimo: grintosa e spinta, persino coraggiosa.

Santi Francesi. L’identità artistica dei Santi Francesi è chiara, anzi cristallina. L’amore in bocca è solo l’ultimo tassello di un percorso evidente, che non scende a compromessi. La capacità compositiva del duo è eccezionale (tra le migliori in gara). Loro dicono che il brano nasca da una sessione improvvisata, figuriamoci quando ci mettono la testa.

Rose Villain. Dalle prime note di Click Boom! pare che Rose Villain abbia portato una ballad e mi son chiesta se avessi sentito bene. Ma tranquilli: Click Boom! è una mina in cui Rose Villain ha voluto mettere tutte le proprie sfumature (compresa una struttura vocale molto complessa). Difficile dimenticarla.

Negramaro. A Sanremo 2024 i Negramaro fanno i Negramaro e lo fanno benissimo. Ricominciamo tutto non è un brano ma una poesia che solo la voce di Sangiorgi potrebbe recitare così bene e con così tanta empatia. È un brano talmente raffinato che me lo sono immaginato già con l’orchestra: sublime.

Big Mama. La Rabbia non ti Basta ha una produzione fighissima ed è tutto da ballare. C’è poco rap (ma in generale in tutti i brani sembra che i rapper si siano un po’ concessi una pausa), ma lei è talentuosissima e il testo poi è una vera e propria dichiarazioni di intenti. Un po’ di cazzimma, finalmente.

Renga Nek. Pazzo di Te è un brano d’amore in cui le voci – ormai note – di Nek e Francesco Renga si mescolano e, nello stesso tempo, trovano spazio per esistere da sole. Una ballad eseguita da due super artisti.

Ghali. Il brano di Ghali è uno dei pochissimi che riflette e canta della società odierna senza filtri, ma del resto in questo Ghali è un maestro. La sua Casa Mia è una hit fatta e finita, con una base che viaggia verso gli anni ’80 e temi necessari. La sentiremo tantissimo.

Irama. Tu no dimostra per l’ennesima volta che a Irama non piacciono etichette né definizioni. È un brano a sé stante, non comparabile a niente di ciò che avete potuto ascoltare finora. Per sonorità si avvicina più a Ovunque sarai che a La genesi del tuo colore, con una prova vocale eccelsa.

Angelina Mango. La noia non è stata scritta per annoiarsi e, del resto, porta la firma di Madame e si sente. Dopo Che t’o dico a fa‘ Angelina sembra essersi affezionata quantomeno a un immaginario meridionale: non c’è niente nel testo, lo preciso, ma la base ricorda un po’ sonorità sud americane e sud italiane. Pezzone.

Geolier. Tra i papabili vincitori, fosse solo per merito, per me c’è lui e su questo non si discute. I p’ me, tu p’ te è una hit e una delle migliori canzoni di Sanremo 2024. C’è chi ha chiesto ad Amadeus come mai questa scelta, visto che i non napoletani non capiranno niente. Il direttore artistico ha giustamente risposto che «non è musica partenopea, ma nazionale». Infatti, facciamolo diventare l’Inno d’Italia.

Maninni. Maninni arriva a Sanremo in punta di piedi con Spettacolare ed è una delle ballad più belle del Festival. Probabilmente è un cantautore che l’Italia deve un po’ imparare a conoscere, ma ripassare la sua discografia (da Vestito Rosso a Senza, ad esempio) potrebbe non essere una cattiva idea: questo artista ha un mondo da farvi scoprire.

La Sad. La band dello scandalo non si snatura e, per fortuna, con Autodistruttivo conferma il proprio stile che è un unicum in Italia. Sono tra gli artisti che ho ascoltato di più nel 2023 per cui il mio parere potrebbe essere di parte, ma solo questa band sa cantare un preciso malessere generazionale senza scadere nell’eccesso. Sanremo ha bisogno di loro, fidatevi.

Gazzelle. Anche Gazzelle, con Tutto qui, non scende a compromessi. È una poesia (a proposito leggete il libro di poesie di Gazzelle, Limbo. Pensieri Inversi), una carezza delicata e sofisticata che conferma la penna e il mood del cantautore. Al suo meglio nella sua semplicità.

Annalisa. Sul foglio degli appunti ho scritto Che hit e non posso che confermarlo. Non è una ballad, anzi. È un brano uptempo, bellissimo. Solo una parola: pazzesca. Non dico altro.

Alfa. Finalmente ce l’abbiamo fatta a portare Alfa sul palco dell’Ariston. La sua Vai! è un brano particolarissimo, in cui si percepisce la chitarra e un suono che definire orecchiabile è dire poco. Ogni canzone di Alfa mi piace, mi fa cantare e sorridere: questa non fa differenza (per fortuna).

Il Volo. Quando parte Capolavoro, la canzone de Il Volo, si capisce subito che viaggiamo su un altro livello. Eppure, sembra che i tre ragazzi abbiano optato per uno stile meno pomposo, meno lirico. Quella vena di pop a Il Volo dona moltissimo: occhio al podio.

Dargen D’Amico. Il brano più particolare, complesso, strutturato di Sanremo 2024 è quello di Dargen D’Amico. Onda Alta è un mix di critica sociale, composizione complessa e ballabilità. Una riflessione sulla vita destinata a tormentarci a lungo: sembra un ossimoro, ma Dargen D’Amico è molto più di Dove si balla. Sul palco ce lo dimostrerà.

Il Tre. Il Tre è il miglior rapper della sua generazione, ne sono convinta. Con Fragili sceglie un po’ la strada del pop, condendola con un po’ di rap che adatta al testo. Lui, per me, è bravissimo. E sospetto che anche Fragili ci tormenterà a lungo.

Mr.Rain. Due Altalene è in pieno stile Mr.Rain, più articolata però a livello compositivo rispetto a Supereroi. Per me Mr.Rain ha una penna unica in Italia e nel brano c’è qualche genialata compositiva che potrebbe spiazzare. Una conferma.

Ricchi e Poveri. Chi si aspettava i Ricchi e Poveri all’Ariston intenti ad omaggiare la loro generazione resterà deluso. Ma non tutta la vita è un brano uptempo, una versione 2.0 dei Ricchi e Poveri che funziona alla grande, ma talmente alla grande che forse è uno dei miei brani preferiti.