Dopo l’esperienza a ‘X Factor 2022’, la cantautrice DADA’ pubblica il suo primo progetto sospeso tra Napoli e l’Italia. L’intervista.

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Si intitola ‘Mammarella’ il primo EP della cantautrice napoletana DADA’ che di venerdì in venerdì approfondisce il progetto discografico con una serie di contenuti ad hoc dedicati alle singole tracce. A comporre il disco, sei brani in cui la tradizione si fa racconto di oggi e l’esperienza personale diventa riflessione condivisa. Dal palco di X Factor 2022 a questo lavoro, DADA’ conferma una vocazione musicale personalissima e dai tratti fortemente ispirati alla sua terra ma capaci di guardare lontano parlando a tutti.

Abbiamo raggiunto Gaia a poche ore dal concerto che l’ha vista protagonista a Fiumicino e ci siamo fatte raccontare di più sul suo percorso, sulle sue aspirazioni e su ‘Mammarella’.

Dada'
Cover album da Ufficio Stampa CoCo District

Come stai vivendo queste settimane, tra l’uscita del tuo EP ‘Mammarella’ e questa cascata di singoli?
È un momento molto ricco ma anche inaspettato. Ho programmato e diretto questo EP e questi singoli a cascata per rispettare una gradualità che mi fa bene nella vita di tutti i giorni e che penso possa farmi bene anche nella musica. Per questo, ho voluto provare a sviscerare brano dopo brano, momento dopo momento anche per godermi di più l’uscita di tutto sperando di farla godere al pubblico. D’altra parte, per me resta tutto inaspettato a partire banalmente dall’accoglienza di un brano e dal fatto che i singoli escono mentre sono in tour. Anche questa è una nuova esperienza per me. Quindi si affollano impegni e in questa in questa folla di bellissime cose ce n’è un’altra bellissima, ovvero quella di poter imparare a fare questo mestiere nell’effettivo. Credo sia qualcosa di bello e sano da riconoscere perché soprattutto oggi, almeno per me, è importante anche far trasparire al pubblico che tutto è in costruzione. E mi piace il fatto che, andando avanti, restino queste porte aperte da cui le persone continuano a curiosare nel mio mondo.

A questo proposito, la scelta di lanciare ogni venerdì un brano, in tempi di sovraffollamento musicale, è quasi un atto di coraggio.
Mi sono resa conto, insieme al mio team, che questa scelta poteva essere un modo per valorizzare le tracce andando anche un po’ contro l’onda discografica visto che finiamo di pubblicare l’ultimo brano a inizio agosto. Personalmente, dopo aver affrontato un primo momento di buio e di ricerca, ho capito anche che questa gradualità serviva in primis a me. E poi è molto curioso vedere che tipo di attenzione suscitano le varie pillole visual e musicali. Sono un momento breve ma intenso e questo mi fa chiedere ancora di più che cosa sta cosa può succedere… È quasi un giochino, un esperimento. Si va a tentoni tra le proprie cose che come poi è come si procede nella vita.

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Hai curato ogni aspetto di questo lavoro, ma qual è stato il punto da cui sei partita?
Questi brani sono nati in tempi totalmente diversi. Ce ne sono alcuni che ho scritto a 17 anni, chitarre e voce mentre altri sono dell’anno scorso. Tutto è partito dall’immaginazione: quando hai tanti brani nel cassetto li coccoli un po’ a turno e pensi sarebbe bello fare una cosa e poi un’altra ancora. Immaginando, ho capito che in questi sei brani c’era un filo conduttore e che potevo magari fare qualcosa in più. Questa sensazione condivisa con il mio ci ha dato lo sprint per poter ideare tutto nel dettaglio. Il progetto, poi, l’ho rimasticato centinaia di volte perché man mano che si fanno le cose ci si scontra magari con le difficoltà o semplicemente si cambia idea. Quindi è sempre tutto in corso d’opera.

Dada'
Foto da Ufficio Stampa CoCo District

Nell’artwork dell’EP ti presenti come Pulcinella, in dolce attesa, che perde la maschera: che cosa vuoi rappresentare e come questa raffigurazione racconta quello che poi è il tema nodale, ovvero la dualità?
Intanto è una Pulcinella incinta perché rappresenta un po’ questa poetica in divenire. A me non piacciono le strutture chiuse, geometriche… certo, una definizione nella vita serve per orientarsi però a me piace lasciare sempre la porta aperta soprattutto in ambito artistico dove magari posso sfogarmi di più rispetto alla vita reale. E c’è questa gravidanza poetica di possibilità sempre in divenire. Per quanto riguarda, invece, il sistema della dualità, Pulcinella è simbolo degli opposti: maschera e persona, grottesco e malinconia, maschio o femmina. Mettere la pancia a Pulcinella significa estremizzare questa dualità e, se la dualità viene estremizzata, si disintegra. Quindi, il mio scopo era quello di prendere questi presupposti per estremizzarli a tal punto come in una matrioska da farli disintegrare. La dualità alla fine c’è come ambivalenza di fondo che non porta diciamo né all’una né all’altra direzione. Al massimo è la sfumatura dell’insieme.

È una stagione molto fortunata per Napoli, che sta vivendo un momento d’oro. Quanto il legame con la tua città ti ha indirizzato dal punto di vista artistico, considerata anche la scelta del dialetto?
Sicuramente è un momento fortunato, quasi rinascimentale. Non perché Napoli debba riscattarsi da qualcosa ma semplicemente converge maggiori attenzioni sotto tanti punti di vista. Io non ho mai pensato, in realtà, di cantare in lingua napoletana: ho fatto veramente tanti giri con la mia testa e, per gusto personale, sono andata più sull’internazionale. Durante il lockdown, però, mi sono ritrovata davanti a un computer a produrre e in quel momento di estrema incertezza per tutti mi è venuto spontaneo usare la lingua napoletana.  Mi sono resa conto che se mi arrabbiavo, sbloccavo in napoletano; se piangevo, usciva il napoletano; se ridevo, la battuta la facevo in napoletano! E allora ci ho provato.

Gigi D’Alessio in un video dice, estremizzando un po’ il concetto, che i napoletani sono bilingue dalla nascita perché parlano la lingua madre che è il napoletano e poi imparano l’italiano. Non è del tutto sbagliata come estremizzazione, io stessa ricordo mia nonna, davanti ai fornelli, parlarmi in napoletano. Ho capito che forse mi dovevo impegnare un po’ di più se volevo comunicare a tutte le persone intorno a me. Quindi, diciamo che mi ha segnato in questo senso perché è come se fossi figlia anche di un’altra lingua e di un’altra cultura. È qualcosa che rimane un po’ sospeso, quasi un po’ incantato con i suoi pregi e i suoi difetti.

E l’esperienza a X Factor come ha inciso da questo punto di vista?
A X Factor ho avuto una piccola percezione legata al fatto che il napoletano è ben accolto se lo parlano e lo cantano gli uomini, meno se lo fa una donna. Nei commenti mi sono stati mossi ci sono state tantissime critiche circa la lingua ma non significa nulla. Ci sono artisti napoletani uomini che fanno numeri grossissimi e forse su alcune figure c’è ancora da bilanciare. Che a usarla sia un uomo o una donna, il napoletano è una lingua che può suonare diversa ma può essere tanto accogliente in un uomo quanto in una donna.

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Foto Kikapress

Adesso, rispetto a tempo fa, sto ricevendo feedback molto positivi: non arriva il leone di turno a sentenziare. C’è un dialogo molto attivo con il pubblico, sia nei commenti sia nei direct, e le persone si aprono anche in maniera molto personale. Credo che nel dialogo sia la forza di tutto anche perché, se non ricevessi delle critiche, non avrei poi la consapevolezza per fare il passo successivo. Credo che l’arte provenga sì dall’artista ma siamo comunque esseri relazionali. L’altro mi serve.

Ogni brano ha un’intro in italiano, rivolta soprattutto a un pubblico non strettamente partenopeo. Per chi non è di Napoli, o comunque campano, cosa speri di poter far arrivare della cultura della tua città?
Non voglio che qualcuno pensi che la mia musica sia legata solo al napoletano perché di fatto non lo è. Sono convinta che le canzoni siano più che altro un suono che si veicola anche attraverso la parole che crea delle suggestioni. Ho voluto fare questa introduzione in italiano per incominciare ad aprire un po’ il ventaglio del mio mondo considerato che, prima di questo progetto, avevo comunque scritto brani in italiano e in inglese. Vengo da un cantautorato italiano quasi classico e anche nella quotidianità mi piace parlare sia in italiano sia in napoletano. È più il feticcio del cucire le parole insieme che pensare a chi mi voglio rivolgere.

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La mia musica è aperta e ho fatto queste introduzioni in italiano perché questo progetto vuole raccontare delle parti di Napoli in corrispondenza con alcune mie parti caratteriali Parlo sempre di Napoli come se fosse una persona e alla fine parlo un po’ di me e un po’ di Napoli. È una delle città più tappezzata di stereotipi e pregiudizi – pizza, mandolino eccetera eccetera – alcuni punti forse andavano visti un po’ più da dentro. Mi definisco un Cicerone in qualcosa di più intimo.

Abbiamo citato X Factor 2022, ma qual è la fotografia che ti è rimasta più nel cuore?
Se ripenso a X Factor mi è rimasto il mio sorriso. Ricordo benissimo la prima audizione con quel sorriso in faccia e, quando mi sono rivista, mi ha fatto anche tenerezza. Quindi se mi parli di X Factor mi viene in mente quell’immagine di me con il completo verde che sorrido.

Dada'
Foto da Ufficio Stampa CoCo District

Sei in piena fase live, che tipo di risposta stai avendo dal pubblico?
È un tour molto fitto che ha già una ventina di date alle spalle e ce ne saranno altrettante. Anche qui sto imparando perché ogni volta è un’esperienza nuova e a ogni tappa il pubblico è diverso. A del luogo e dell’interazione, nasce qualcosa di diverso da scoprire. Ogni concerto è una piccola masterclass perché non ho mai avuto la possibilità di fare tutto questo ed è divertente. Toccherò regioni e città in cui non so ancora come reagirà la gente, quindi vedremo.

Ma canzoni nel cassetto ce ne sono al momento?
Diciamo che vivo con un cassetto molto pieno di brani, da quando ero piccola! Ho iniziato a scrivere più o meno quando di anni ne avevo 12 e ci sono ovviamente molte cose scartate però ci sono anche molti brani che stanno là. Quindi sicuramente, appena ci sarà un minimo di riposo da tutta questa estate, mi metterò a spazzolare qualche altra cosa.

Foto da Ufficio Stampa CoCo District