Esce ‘Ad Maiora’, il secondo album del trittico di Orlvndo che racconta di dolori e trasformazione. La nostra intervista.

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Dopo Ad Hoc, il trittico di Orlvndo si arricchisce di un nuovo capitolo: Ad Maiora, il nuovo album (disponibile in fisico e digitale dal 17 marzo per XO La Factory e distribuito da ADA Music Italy) è un viaggio in 12 tracce che racconta un processo di «trasformazione».

«Ad Maiora parla del cambiamento che si vive quando si passa dalla vita adolescenziale e le insicurezze all’essere un adulto. – ci racconta il cantautore – È interessante che la concezione di questo trittico sia partita nel 2019. Non sapevo dove mi avrebbe condotto, era solo un sogno. La mia vita, invece, ora sta prendendo proprio la direzione che avevo anticipato nel 2020. Non era un augurio per uno status superiore ma un augurio per me, per superare ogni step della mia vita». Anche per questo, Ad Maiora «è un disco molto sentito e molto sofferto». «Ho passato un periodo molto difficile e particolare. – ci dice Orlvndo – Quando vuoi fare musica, hai il doppio della pressione addosso. Ho vissuto molti alti e bassi e ho imparato a non darmi una risposta. Non c’è sempre una regola nella vita. Questo album è veramente un diario di dolori, di emozioni».

Da un lato, provare ad essere così trasparente ha comportato un po’ di timore, «ma ho sempre voluto essere completamente nudo e senza un rivestimento agli occhi delle persone». «Se ho il coraggio di farlo io – dice l’artista – forse anche una sola persona avrà il coraggio di essere chi è. Se voglio vivere la mia vita, la voglio vivere sognando. Anche la concezione dell’album in sé è stata una corsa a una velocità fuori di testa. Abbiamo fatto uscire un pezzo ogni 40-45 giorni. Alcune canzoni sono nate una settimana prima dell’uscita, ma ho sicuramente capito che so gestire la pressione».

Ad Maiora, un diario di viaggio

Ad Maiora, come ogni disco di Orlvndo del resto, rappresenta il modo del cantautore «di interpretare me stesso, in questa vita». Le 12 tracce non potevano dunque che essere nate «nel periodo Ad Maiora», senza ripescaggi dal cassetto.

«Dalla prima all’ultima traccia si nota un cambiamento di prospettiva. – racconta Orlvndo – Uno degli obiettivi era quello di arrivare a 50 anni, ritrovarsi in un bar con tutto il team ed essere orgogliosi di questo lavoro. È un pezzo di vita». Facciamo tuttavia notare al cantautore che i suoi brani hanno comunque una cifra stilistica ormai indistinguibile. «Eppure le canzoni nascono dal conflitto – risponde – in realtà non voglio avere questa cifra stilistica. In alcune di queste canzoni non credevo minimamente, sono altri che mi hanno detto di metterle. Io mi perdo nella mia testa e nelle mie cose. Non ho realmente un metodo. Le canzoni arrivano nei miei attimi di dimenticanza, quando mi dimentico chi sono arriva il genio, ma non sono io. Alcune canzoni spoilerano cose che capiteranno. È un mix di magia e esoterismo, sono quasi vittima di questo estro e di questo gioco. Voglio solo raccontare».

E così il mood sonoro finisce per essere indissolubilmente legato al testo, grazie anche al producer Simone Laurino. «A fine disco – dice Orlvndo – ho notato che non riesco a trovare la differenza tra rabbia e tristezza in queste canzoni-cinema. Inseguono il mood del brano, impostato dal mio produttore Simone Laurino che è un genio. Lui empatizza con ciò che dico».

Ad Maiora e il seme di Ad Astra

La tracklist non è dunque casuale. «Siamo partiti con l’idea di fare un EP, ma alla fine abbiamo deciso per l’album. – dice il cantautore – Abbiamo investito giorni nel cercare di dare una quadra. Ad Maiora è il semino di Ad Astra, che sarà l’ultimo progetto del trittico. Non so ancora però cosa sarà. Confessione, l’ultima traccia, è la verità nuda e cruda. C’è disperazione alla fine, rabbia ma con una presa di coscienza. So che c’è una strada e, per quanto io scappi perché la musica mi spaventa e ci litigo, mi riporta alla verità. Ho già dei pezzi che sembrano precursori. Ma per ora devo vivere».

Foto: Giacomo Capraro (Branco Studio)