Dopo Sanremo 2023 con ‘Terzo cuore’, Leo Gassmann accompagna lungo ‘La strada per Agartha’, un disco che realizza in sé l’utopia che auspica.

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Se il titolo racconta di un cammino, un percorso in divenire di avvicinamento verso un mondo migliore, l’album ne è già di per sé la realizzazione. L’utopia di una convivenza pacificata si fa realtà musicale concreta ne ‘La strada per Agartha’, il nuovo album di Leo Gassmann. Come se il giovane cantautore. Così, mentre noi che ascoltiamo siamo chiamati a camminare, nell’impegno di un futuro da (ri)costruire, dentro le canzoni Agartha è il presente, Agartha esiste. E a parlarcene è lo stesso artista, reduce dal Festival di Sanremo 2023 dove ha presentato Terzo cuore, uno dei tasselli di questo concept album.

Leo Gassmann La strada per Agartha
Cover album da Ufficio Stampa Universal Music

Partiamo da Sanremo, qual è il tuo bilancio a una manciata di giorni di distanza?
Il festival è andato bene, io sono molto soddisfatto. È stato un Sanremo importante, dove ci sono state tante belle canzoni ed è stato per me un onore farne parte. Per me, poi, è stato bello anche perché sono venuti tanti amici da varie parti d’Italia a sostenermi. Ho avuto una squadra meravigliosa intorno a me, quindi sono molto soddisfatto. È stato bello poter condividere tutto ciò con le persone alle quali vi voglio bene. La musica non avrebbe senso se non fosse fatta di condivisione, quindi sono felice com’è andata a finire.

La percezione, e lo spirito, che hai trasmesso dal palco con la tua esibizione è stata di un divertimento reale e insieme di grande concentrazione. È stato così anche per te in prima persona?
Ogni volta che salivo sul palco per me era come cantare quel brano per l’ultima volta. E ho messo il cuore in quello che facevo, cercando anche di portare rispetto a quel palco importante che secondo me va vissuto in una maniera rispettosa. A Sanremo sono passati tanti grandi artisti e lì si sono scritte tante pagine della musica italiana. Per questo dico che ogni volta che salivo lì per me era un grande onore e lo è stato ancora di più quando ci sono saluto con Edoardo Bennato. È stato è stato un viaggio bello.

“Devo ringraziare la vita per le occasioni che mi regala e devo ringraziare, forse, in parte anche me stesso che mi do la possibilità comunque di vivere queste cose”, osserva Leo Gassmann. “La vita è una questione di scelte e spesso facciamo quelle sbagliate. Invece io ho sempre creduto nella musica e continuo a crederci. Da parte mia, cerco di fare quello che mi è possibile per far star bene il maggior numero di persone”.

In che misura avere una canzone in cui credi evidentemente molto è stato un motore positivo per affrontare un contesto come Sanremo?
Sicuramente ho molto a cuore il brano, che è nato da un’idea di un mio grande amico che è Riccardo Zanotti. Abbiamo lavorato intensamente per far sì di poterlo cantare bene su quel palco come meritava di essere cantato. Terzo cuore è stata l’anticipazione di un percorso che ho avuto il piacere di fare in questi ultimi tre anni dove ho creato quello che considero il mio primo vero disco da aspirante cantautore. Ne ‘La strada per Agartha’ c’è tanto di me e c’è tanto anche delle persone che hanno collaborato per realizzarlo. C’è un proprio un pezzo della nostra vita. Per me sono stati tre anni di grande ricerca e sacrificio per cercare di esprimere quello sono io oggi e credo di esserci riuscito.

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Che tipo di racconto personale e musicale raccoglie questo lavoro?
Questo è un album importante, è un concept album improntato sul concetto di fiaba in cui ho raccolto tante collaborazioni, dall’Inghilterra all’India. E poi ci sono Edoardo – che per me è un maestro, una luce, un faro illuminante –, Riccardo dei Pinguini Tattici Nucleari e Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale che ha scritto un pezzo. ‘La strada per Agartha’ è un progetto nato di amici, nato da tre amici (io, Matteo Costanzo e Giuseppe Taccini) che poi si sono permessi di colorare il mondo intorno a loro di presenze che hanno reso questo viaggio, secondo me, credibile e all’altezza di quello che si annuncia di essere”.

Leo Gassmann
Foto da Ufficio Stampa Universal Music

E quali sono le coordinate di questo itinerario?
Nel mio piccolo, se vogliamo, è anche un po’ un disco di rottura perché ci sono dei generi musicali molto diversi rispetto a quelli che si sentono in Italia. Penso all’alternative pop ispirato alle sonorità di Bon Iver, alla world music di Figli dei fiori con un concetto di musica che appartiene di più ad artisti anglo-americani. Diciamo che sono riuscito a fare quello che sognavo di fare, cioè mischiare il cantautorato italiano a delle sonorità tipicamente anglo-americane.

Ho collaborato una band di Londra, Will And The People, che mi ha dato credibilità anche in un brano in un’altra lingua. Ho avuto il piacere di essere affiancato da questa band che ha una lunga carriera alle spalle e mi ha accolto in casa sua. È stato un po’ un film per me vivere a casa loro per dieci giorni, nelle campagne di Londra a fare solo musica, lontani da tutto e nel nulla più totale.

In un momento in cui l’ascoltatore medio è abituato ai singoli e a un ascolto se vogliamo disordinato, che impegno rappresenta un concept album per l’artista che lo ha pensato e per chi va ad ascoltarlo?
È un impegno secondo me etico. Tutti noi, me compreso, siamo molto più distratti da questa società che va veloce. È molto difficile dedicare del tempo della propria vita all’ascolto attento di un intero disco di 40 minuti o un’ora. Però, la musica non si fa per farla ascoltare a centinaia di migliaia di persone, nel senso che il numero è una cosa relativa. L’importante è testimoniare, dire ‘noi ci siamo, siamo qui e siamo pronti a far sentire le persone meno sole’. Penso che la soddisfazione più bella e più grande sia quando, attraverso la musica, riesci a far sentire le persone meno sole perché si immedesimano in quello che scrivi. Mi piace pensare che questo sia il modo di fare musica.

Un ‘fare’ che sa di artigianalità e non di meccanismi industriali, dunque.
L’attenzione come la dedizione che è stata dedicate a questo disco è in sé musica, perché veramente ‘La strada per Agartha’ è nato da un sentimento sincero. Quello di tre amici che stavano sotto un letto a castello a scrivere e chiudendo gli occhi si immaginavano di poter cantare e suonare queste canzoni davanti a uno stadio stracolmo. La musica ti fa sognare, ti fa uscire dalle quattro mura in mezzo alle quali stai creando quella melodia. E noi ci immaginavamo come un giorno quella musica potesse arrivare ai cuori delle persone e stravolgere la loro giornata.

“Anche se questo disco arriverà a dieci persone, io sono felice perché significa che quello che facciamo ha valore”, spiega Gassmann. “C’è veramente un grande amore dietro a tutto questo, il sentimento tra me, Giuseppe e Matteo è così sincero… ne ‘La strada per Agartha’ abbiamo messo amore, versato lacrime e condiviso paure. È una cosa per la quale vale la pena vivere”.

Il multiculturalismo di cui è portavoce l’album, è un po’ la concretizzazione di quello stesso ideale di collettività rappresentato da Agartha. Ma a che punto siamo noi, secondo te, lungo la strada?
L’album si chiama ‘La strada per Agartha’ perché ascoltare il disco ti porta comunque a viaggiare con l’immaginazione e non è importante raggiungere quella meta. L’importante è il percorso che si fa e, all’interno di ogni brano, c’è un piccolo pezzo di quel percorso. Il messaggio principale è quello di tornare a dialogare tra generazioni senza aver paura di non assomigliare a quello che va di moda oggi. Attraverso il confronto si può raggiungere la felicità e si può rendere il mondo un posto migliore. Non a caso l’ultimo brano, Figli dei fiori con Rahul Kamble, un artista indiano che ho conosciuto a scuola, è un brano che parla della possibilità di ripartire tutti insieme. Se ci proviamo insieme, un giorno magari il mondo sarà un posto migliore. Non è sicuro, però ci dobbiamo provare perché è dalle cose che si fanno insieme che può nascere il cambiamento.

Questo sguardo al futuro si ritrova anche per questo in copertina, dove hai voluto immortalare una classe di bambini. Che cosa rappresentano per te?
I bambini per me sono importanti e il concetto di infanzia appare spesso nei miei testi, mi viene in mente La mia libertà ma anche Figli dei fiori. I ricordi dell’infanzia sono molto presenti e credo comunque i bambini siano la cosa più preziosa che dobbiamo proteggere. Ho tanta preoccupazione nei confronti di quei bambini che nascono in mezzo alle guerre e alla fame perché sono la cosa più pura che esista e se crescono conoscendo il mondo in un’ottica sbagliata rischiano poi di trasformarsi in quella cosa. Invece, il bambino in noi è da proteggere e tutti dovremmo impegnarci per far sì che i più piccoli possano crescere in un mondo migliore anche per dar loro un buon esempio.

“A un certo punto ce ne andiamo tutti quanti”, conclude Leo Gassmann. “La vita è un po’ una staffetta quindi bisogna aiutarsi e lasciare la stanza come l’abbiamo trovata. Oggi c’è tanta violenza però ci sono anche tante persone per bene, che a volte si camuffano, sono più silenziose però secondo me un giorno vinceranno”.

Foto da Ufficio Stampa