Alexia ci racconta l’album natalizio ‘My Xmas’, ma anche la storia che l’ha portata a diventare ciò che è oggi e a non nascondersi più.

Il 25 novembre è uscito My Xmas, il nuovo album a tema natalizio di Alexia. Dieci canzoni – tutte in inglese e prodotte da Luca Serpenti – attraverso cui l’artista segna il proprio ritorno discografico. Più di un ritorno, tuttavia, My Xmas è per Alexia un vero e proprio svelamento: una presa di posizione netta, artistica e umana, nel tentativo di mostrarsi come mai prima d’ora. «Quando questo lavoro era ancora la mia priorità assoluta, un album di Natale si faceva quando non si avevano idee, a fine contratto o quando una casa discografica aveva bisogno di fare cassetto. – ci dice Alexia – Adesso è cambiato il panorama musicale e mi sento totalmente al di fuori del sistema».

Salvifico, per Alexia, è stato il periodo di lockdown («Anche se non è bello dirlo», sottolinea). «Ho provato qualcosa di nuovo – ci spiega – potevo finalmente riposarmi, staccare il cervello e per la prima volta dedicarmi a quello che mi piaceva e basta».

«Il mio gruppo di lavoro mi diceva Ma vuoi andare in pensione?. Poi, a Natale, stavo facendo l’albero con una playlist natalizia in sottofondo che spazia da Ella Fitzgerald a Sara Vaughan. E ho scoperto che c’erano tante canzoni interessanti, neanche troppo associate al Natale. Mi è venuta voglia di provare a cantarle e pensare a un progetto per l’anno dopo».

My Xmas è dunque un disco che riporta Alexia «alle origini», soprattutto per l’entusiasmo e la positività che contiene. E anche per la scelta dei brani, legati dal fil rouge della resa dal vivo e di una sorta di racconto. Attraverso le canzoni natalizie, Alexia riesce infatti a raccontare se stessa e il momento storico in cui viviamo.

Alexia, My Xmas e la scelta dei brani

La canzone che proprio non poteva mancare in My Xmas, per Alexia, è Have yourself a Merry Little Christmas. «Sapevo che volevo farla piano e voce. – ci racconta Alexia – Volevo spogliarla di tutto e che la mia voce si sentisse pienamente. Non perché sono brava, ma perché ho voluto inserire nella mia interpretazione il vissuto che c’è in questa canzone».

Il brano, tuttavia, lega anche Alexia a Judy Garland.

«In un certo senso, Judy Garland un po’ racconta in piccolissima parte anche la mia storia. – dice l’artista – Io sono una bambina prodigio, ho cantato sin da piccola sui palcoscenici prima di approdare a palchi più importanti da grande. Questa spada di Damocle sulla testa ce l’ho sempre avuta. C’è stato un periodo in cui non volevo più cantare, poi a 19 anni ho iniziato a semi-lavorare con una cover band e non sono più tornata indietro. Da quando ho 19 anni cantare è quindi ciò che mi dà da mangiare. E a volte appariva la voglia di dire basta, di non essere quella cosa. Mi chiedevo dove fosse Alessia».

Poi il lockdown e l’opportunità «di essere anche Alessia: una moglie, una madre, una donna».

«Vorrei non essere riconosciuta. – ci dice la cantante – A volte accompagno mio marito alle sue cene di lavoro e mi chiedono di cosa mi occupo. Non sono in tv da tanto e non so cosa dire, ma mi piacerebbe dire una palla. Invece poi dico sempre la verità e allora mi riconoscono. È veramente strano».

Christmas is all around e l’omaggio al popolo ucraino con Carol of the bells

L’album My Xmas ha regalato ad Alexia l’entusiasmo delle prime volte. Dopo Have yourself a Merry Little Christmas la scelta è ricaduta su Christmas is all around.

«L’ho scelta perché non pensavo fosse una canzone di Natale. – dice Alexia – L’ho scoperta per caso andando alla ricerca di brani. È stato il primo provino che ho provato a fare con Luca e mi è piaciuto tantissimo com’era venuto. Il secondo brano mi ha dato la spinta per i brani successivi».

Tra i brani successivi, spicca Carol of the bells, scritta dall’autore statunitense Peter Wilhousky sulla base del canto tradizionale Ščedryk scritto da Mykola Leontovych. Un omaggio al popolo ucraino.

«È un brano bellissimo che ho scoperto magicamente. – spiega Alexia – L’avevo già sentito in diverse salse, poi per caso dai Pentatonix e mi son detta di volerlo fare così. Luca è stato bravissimo a dargli una deriva un po’ rock e io mi ci sono buttata a capofitto. Sento molto il tema ucraino. Ho un’ammirazione verso gli ucraini che non ho mai provato, una spinta profonda. Ho voluto fare a modo mio questo omaggio».

La ripartenza e le due anime di Alexia

Ascoltando My Xmas, in fin dei conti, ad emergere è tantissima anima. Lo faccio notare ad Alexia.

«Era quello che speravo si avvertisse. – risponde – Quando ci lavoravo pensavo che fosse una cosa figa. Avevo la percezione che questo disco mi vibrasse sotto la pelle. Non so cosa succederà, ma fino ad ora sono molto felice perché so che lo andrò a cantare dal vivo e ho una band entusiasta. Per me significa tanto passare la mia anima al pubblico a pochi centimetri di distanza. È la mia grande conquista, perché è la prima volta che faccio una cosa che parte dalla mia capoccia. Queste canzoni pazzesche mi sono venute in aiuto. E sono diventate un po’ mie».

Ma è una crescita umana che ha portato Alexia, in fondo, a essere l’artista che è oggi.

«Un percorso umano cominciato forzatamente e con grande dolore quando ho avuto la mia prima figlia. – ci racconta Alexia – Durante la gravidanza, ho dovuto veramente fare i conti con me stessa. Mi sono resa conto di non aver vissuto da ragazza. Mentre gli altri facevano le loro esperienze io dovevo lavorare, ero sugli aerei, negli hotel, salivo su macchine di lusso, facevo promozione, spettacoli nei mall. Il mio compagno dell’epoca lavorava con me ed era in Italia. Alla fine il nostro era diventato un rapporto professionale perché l’altro rapporto non c’era più. Le amicizie, poi, erano solo di interesse. Quando ho lasciato la mia casa discografica, ho cambiato anche città e vivevo in una solitudine totale. Quando dico che mi fanno tenerezza i ragazzi dei talent show, è perché li vedo sballottati da una situazione in prima serata alla necessità di cantare nei centri commerciali. Ti devi preparare nel bagno e mangiare un panino al volo. A volte, magari, neanche quello».

Il pensiero di Alexia va quindi alla sua partecipazione, nel 2021, a Star in the Star su Canale 5. «Ho accettato dopo tante trattative perché io non apparivo e non si vedeva la mia faccia. – ci racconta – Sapevo che dovevo farlo bene perché il mio volto non rappresentava una garanzia. Quando vado a fare una cosa e apro la bocca, tutti esultano a titolo gratuito. È stata una sfida e un lavoro faticosissimo, ma ho voluto partecipare per dimostrare che per fare questo mestiere bisogna sudare. E poi ci vuole un momento per fermarsi, costruire una nuova progettualità e capire chi sei veramente. Io ci ho messo una vita per capire chi sono veramente e spero di non perdere questo focus, perché è la cosa che ti fa stare bene. Si cerca di sopravvivere in qualche modo, ma dal punto di vista discografico uno deve capire cosa vuole fare e non uscire a tutti i costi».

«Voglio raccontare la mia storia. – conclude Alexia – L’ho sempre tenuta un po’ per me. Oggi invece ho voglia di raccontare. Sono diventata una grandissima chiacchierona e adesso è il mio punto di forza. Prima mi chiudevo, mi nascondevo dietro la musica e dietro la mia potenza vocale senza esprimere veramente chi fossi fino in fondo. Voglio parlare con le persone e mettermi a nudo, anche facendo qualche gaffe e rischiando di essere mal interpretata. Voglio dire le cose onestamente, a volte sono anche piccantelle ma mi sento in diritto di dirle perché so di non aver mai fatto male a nessuno. E se ho ferito qualcuno era perché non ero presente, a fuoco, centrata. Ero sballottata a destra e sinistra dal lavoro, non avevo coscienza di ciò che facevo. Ma ero solamente spaventata. La verità è che non mi sono mai sentita all’altezza di ciò che stavo facendo».

Foto: Avi Meroz