La nostra intervista a Gaia Girace, Valentina Bellè, Simona Distefano e Micaela Ramazzotti, protagoniste della serie ‘The Good Mothers’.

loading

È stata presentata alla 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, portando a casa il Berlinale Series Award: un’ottima presentazione per The Good Mothers, serie italiana che arriverà su Disney+ il 5 aprile. Un’opera corale quella raccontata da The Good Mothers, che parte dall’omonimo bestseller del giornalista Alex Perry: tre donne, cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ‘ndrangheta, decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata che lavora per distruggerla dall’interno.

Interpretata da Gaia Girace (Denise Cosco), Valentina Bellè (Giuseppina Pesce), Barbara Chichiarelli (Anna Colace), Simona Distefano (Concetta Cacciola) e con Micaela Ramazzotti nel ruolo di Lea Garofalo, la serie ripercorre le vicende di Denise, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce. Ad aiutarle la P.M. Anna Colace che, appena arrivata in Calabria, ha un’intuizione: per poter abbattere i clan della ‘ndrangheta, è necessario puntare alle donne.

«È stata un’esperienza molto intensa. – ci dice Micaela Ramazzotti – Nel mio caso, ho girato solo durante le ultime settimane di riprese, quando ormai era tutto molto collaudato. Si percepiva però che stavamo lavorando a qualcosa di interessante, che stavo facendo una cosa di cui tutti eravamo appassionati. Il cinema è una macchina, si fa in tanti. Se tutti suonano la stessa musica, c’è qualcosa che frigge e che ti piace condividere: ho sentito questo. Tutti eravamo all’unisono per un progetto importante. Queste donne, in fondo, fanno di tutto per ribellarsi».

The Good Mothers: storia di donne coraggiose

Sono personaggi intensi quelli della serie The Good Mothers. «Ho capito che Denise non si arrende mai. – dice Gaia Girace – Anche se ne ha passate di tutti i colori. Ha avuto tante delusioni, ma non si è mai arresa». «Dopo aver lavorato sul personaggio di Giuseppina – aggiunge Valentina Bellè – ho una consapevolezza molto diversa della difficoltà e di che cosa richiede quello che adesso noi celebriamo come grande coraggio. Uscire da un contesto sociale e morale che ti è stato insegnato, è anche doloroso».

«Vivere questa storia e questo personaggio mi ha permesso di avvicinarmi a questo tipo di vita. Magari lo si legge sui giornali, ma non sempre siamo realmente in ascolto. – dice Simona Distefano – Non proviamo noi stessi quello che succede agli altri. Sappiamo che è giusto lottare contro queste cose, ma quando le vivi in prima persona sai cosa vuol dire veramente. Spero che, attraverso le nostre interpretazioni, anche il pubblico possa immedesimarsi in queste condizioni».

Ma quanto è importante, al giorno d’oggi, raccontare queste storie? «Io non conosceva Giuseppina, non conoscevo queste storie. – ci risponde Valentina Bellè – Sono come favole. E rendersi conto che accadono tuttora è importantissimo. È una presa di coscienza anche di un luogo. Purtroppo c’è ancora un forte bisogno di parlare di queste storie. E di parlarne tanto».

Foto: Claudio Iannone