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Al Torino Film Festival commuove e fa riflettere l’opera prima di Lucio Viglierchio, presentata fuori concorso nella sezione Festa Mobile. Il documentario si chiama Luce Mia, un gioco di parole sonoro che storpia e migliora il nome della malattia che ha colpito Lucio, costringendolo non solo a mesi di terapie e di speranze appese a un filo, ma a confrontarsi – soprattutto – coi propri demoni, con la paura di non esserci, lungo un percorso in tutto e per tutto catartico.

L’incubo di Lucio inizia nel 2010, quando gli viene diagnosticata una leucemia mieloide acuta, ma è solo in un secondo momento che il regista torna ad esplorare i luoghi protagonisti della sua terapia, finendo per incontrare Sabrina, con cui costruirà un’amicizia profonda e molto rara.

È di questo che la pellicola parla, mostrando il dolore in tutte le sue sfaccettature: una sfida per tutto il team che ha lavorato dietro le quinte, a partire dalle case di produzione coinvolte, la torinese Zenit Arti Audiovisive, il Piemonte Doc Film Fund e Rai Cinema, che in conferenza stampa ha rinnovato tutta la sua fiducia nel progetto, confermando anche l’idea di portare Luce Mia in tv, “perché la diffusione sul piccolo schermo è molto importante e può rompere molte barriere”.