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Uscirà a breve “Vinicio Capossela nel paese dei coppoloni”, il film tratto dal romanzo del cantautore, che rimarrà nelle sale solo il 19 e il 20 gennaio.

Capossela ci proietta all’interno del suo mondo fatto di creature notturne e mitologiche, riti, canti e silenzi perduti. “È un racconto immaginifico messo in chiave reale” spiega Vinicio che era presente all’anteprima del film, avvenuta in un cinema milanese. Un docu-racconto che ci porta per le strada di Calitri, Alta Irpinia, dove il tempo sembra essersi fermato, lasciando spazio solo al mito.

Lì vivono i Coppoloni, popolo con grandi cappelli in testa, che servono per ripararsi dalle continue intemperie che si abbattono sul borgo, accoccolato sulla collina. È un viaggio attraverso i sensi di Capossela che porta ad esplorare una terra ormai abbandonata dall’Italia stessa, “dai flussi economici e utilizzata solo come discarica o risorsa energetica”, come tiene a precisare a fine film.

Il cantautore ha dato volti e forme a ciò che la cultura e il dialetto paesano lasciano sospesi a metà. I luoghi, le indicazioni, i soprannomi, le persone, diventano così concrete. Ritroviamo Armando Testadiuccello, suonatore cieco; la Banda della posta, combriccola di suonatori che sta di guardia alla posta; Peppe Matalena, che ereditò lo stortonome dalla madre. E poi ancora le mammenonne che cantano litanie in mezzo ad un prato all’ora del tramonto, plotoni di maschi che intonano “La padrona mia” o che conversano in piazza.

Immagini di repertorio si alternano al racconto, così la vecchia ferrovia ormai arrugginita riprende vita, e sullo schermo vengono proiettati i momenti della sua costruzione. Le persone che hanno lasciato il paese “tornano”, con le immagini di sposalizi o di comunioni. La trebbiatrice abbandonata vola grazie alla fantasia del cantautore. La colonna sonora è l’anticipazione del nuovo album di Capossela in uscita a Marzo, con titolo: “Le canzoni della Cùpa”. Canti nati accompagnando riti come, appunto, lo sposalizio o la trebbiatura, e impregnati da tradizione, mito e folklore, sono stati raccolti durante un lavoro dalla gestazione più lunga del decennio, che ora vede la luce in questo disco-giacimento.

Dopo la proiezione è stato presentato anche il corto di Lech Kowalski, basato sulla canzone del “Pumminale”, contenuta nell’album in uscita a marzo. “Il Pumminale è il nome che la cultura popolare dava al licantropo. Chi nasce il giorno di Natale viene punito per questo affronto a Dio e nasce licantropo, ma Mastro Giuseppe, dopo essersi abbandonato al richiamo delle “malestrade” e alla seduzione notturna, anziché trasformarsi in lupo diventerà un porco maiale” racconta Capossela. Lech Kowalski è un regista americano, conosciuto dai più per i suoi documentari sulla scena punk londinese, nel 2005 ha vinto il premio Orizzonti al Festival del Cinema di Venezia per il film “East of Paradise”.