In tutto il mondo attivisti per l’ambiente ‘imbrattano’ opere d’arte per attirare l’attenzione: giusto messaggio ma mezzo sbagliato?

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«Cosa vi interessa di più? L’arte o la vita? Siete più interessati a proteggere un quadro o il pianeta?». Queste le parole gridate da Phoebe Plummer, l’attivista di ‘Just stop oil’ che insieme ad una collega il 14 ottobre ha rovesciato una latta di salsa di pomodoro contro il quadro I Girasoli di Vincent Van Gogh alla National Gallery di Londra. Il 27 dello stesso mese all’Aja due ragazzi hanno sporcato La ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer. In Germania due attivisti del gruppo ambientalista tedesco Letzte Generation hanno lanciato del purè di patate contro il dipinto Les Meules di Monet, conservato al Museo Barberini di Potsdam. E un gesto simile è stato fatto anche a Roma, dove alcuni attivisti di ‘Ultima generazione’ hanno gettato una latta di passata di piselli contro Il seminatore di Van Gogh esposto a Palazzo Bonaparte

Arte sotto attacco, ma l’obiettivo non è danneggiare l’arte

Atti eclatanti, di cui si sono occupati i telegiornali di tutto il mondo, che hanno tutti una cosa in comune: nessuna opera d’arte è stata rovinata. Tutti i quadri, ovviamente, sono coperti da lastre di vetro che li proteggono proprio da atti vandalici o incidenti. È però anche evidente come esistano molti altri quadri di grande valore nei nostri musei che sono meno protetti e che, se colpiti, potrebbero riportare danni permanenti.

Questo non succede perché l’obiettivo degli attivisti di tutto il mondo non è danneggiare l’arte e finire in carcere, ma gridare forte, più forte del brusio incessante della società turbocapitalista che va avanti con il paraocchi, che sta succedendo qualcosa di grave. E che, se non si interviene, quella che getta zuppe sui quadri potrebbe essere veramente l’ultima generazione di ragazzi cresciuta in un mondo ancora vivibile e accogliente.

foto kikapress

Gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti, ma la chiave di lettura è quella che conta. Al telegiornale vediamo servizi bonari sulle persone in costume da bagno ad Halloween, nonostante sia un dato agghiacciante, ma sentiamo molta severità e paternalismo contro questi ragazzi che si gettano sotto le auto del Grande Raccordo Anulare di Roma o che si fanno trascinare via dalle guardie di sicurezza in un museo dove aver sporcato un vetro di purè. “Giusto il messaggio ma sbagliato il mezzo”, è l’opinione comune in merito. Ma in realtà è esattamente così, con la forza della disperazione, che si ottiene l’attenzione e si fa in modo che almeno di questo enorme problema si inizi a parlare ora, quando ancora possiamo fare qualcosa, piuttosto che dopo, quando non ci sarà più nulla da fare.

Come l’arte, il futuro è di tutti

Il problema è così tanto sottostimato che dovremmo banalmente ringraziare i ragazzi che oggi si espongono in prima linea con le loro facce, i loro corpi, il loro coraggio per un disperato tentativo di salvare il futuro. Perché in effetti proprio come l’arte, anche il futuro è di tutti.

E se ci sentiamo profondamente disturbati nel vedere un inestimabile patrimonio artistico a rischio, dovremmo esserlo altrettanto nel sapere che lo è la sopravvivenza stessa della nostra specie. Non stupisce che vengano osteggiati ed insultati, sorte già toccata anche a Greta Thumberg, ma la speranza che dovremmo avere tutti è che riescano a spostare l’opinione di chi fa davvero la differenza. Tutti noi, che andiamo nelle urne a votare, nei negozi a spendere e che ci facciamo convincere di cose ben più surreali.