In principio fu Isaac Asimov o forse no: in principio fu Murray Leinster, scrittore americano attivo nei primi decenni del '900, che viene indicato in letteratura come l'inventore del tema degli universi paralleli. Il capolavoro di Asimov sull'argomento arriverà nel '72 e si chiamerà 'Neanche gli Dei', ma è solo una delle tantissime storie fantascientifiche che attingono a piene mani da una affascinante teoria fisica, quella del multiverso, che ipotizza  una serie infinita di universi paralleli intorno a noi.

Una teoria che non è solo fiction, ma viene sostenuta da autorevoli scienziati (uno per tutti, Stephen Hawking) i quali con i loro studi impediscono che venga schiacciata nell'ambito della “scienza di confine”, ovvero il retrobottega della scienza ufficiale dove si studia quello che non può essere studiato.

E' stato Hugh Everett III , nel 1956, a lanciare l'idea (detta interpretazione a molti mondi) che quando tiriamo un dado l'universo si divida effettivamente in un mondo per ciascun numero che può uscire dal lancio. Mondi che coesistono ma che sono invisibili ed impercettibili gli uni per gli altri.

Al momento non esiste la prova provata, nonostante i recenti sviluppi del progetto BICEP2 al Polo Sud puntino proprio in questa direzione: a quanto pare -e semplificando molto- le sperimentazioni condotte dal team dell’Harvard-Smithsonian Institute for Astrophysics potrebbero dimostrare la teoria del multiverso inflazionario, secondo la quale il multiverso è una specie di schiuma, le cui bolle sono gli universi. In ogni momento universi nascono e si espandono vertiginosamente, secondo il meccanismo cosiddetto di inflazione eterna. In seguito questi dati sono stati contestati da quelli raccolti dal telescopio spaziale Planck dell'ESA, che dimostrerebbero come la presenza di polvere interstellare nella Via Lattea avrebbe invalidato le conclusioni del BICEP2.

Abbandonando la scienza e tornando per un attimo nel mondo della fantasia, basta pensare alle famose “sliding doors” del film anni '90 con Gwyneth Paltrow per capire che quello che noi chiamiamo destino potrebbe essere solo una delle tante versioni possibili di quel famoso lancio di dadi. Consolatorio? Frustrante?

Per trovare un senso a tutto questo, c'è chi sostiene che fenomeni molto comuni come il deja-vu altro non siano che “salti” fra una dimensione spaziotemporale e l'altra, per non parlare di tutti coloro pronti a giurare di aver avuto esperienze di viaggi nello spazio e nel tempo.  Il confine fra realtà e fantasia non è mai stato così sottile: un velo che forse da qualche altra parte è già stato sollevato.