‘Buscando Money’ è il titolo della sua hit divenuta virale a mesi dalla pubblicazione e che gli ha permesso di superare i confini dell’underground. L’intervista a TWENTY SIX.

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Con Buscando Money (Warner Music), diventata virale a mesi dalla release, il nome di TWENTY SIX ha superato la soglia dell’underground, sua zona d’elezione alla quale non intende rinunciare, e degli appassionati del genere. Elia Viano (nome all’anagrafe dell’artista tech house savonese) è oggi fra i produttori più attivi a livello internazionale, con un’estate fitta di impegni alle console di tutto il mondo e un piede (quasi) negli Stati Uniti. Lo intercettiamo durante il suo ultimo passaggio in Italia prima di volare di nuovo oltreoceano.

Se dovessi presentarti a chi non ti conosce, come in una carta d’identità artistica, quali sarebbero le prime cose che racconteresti di te? E quali sarebbero i brani essenziali da ascoltare?
Diciamo che io mi definisco un produttore tech house. Quello che è successo in questi mesi con la traccia Buscando Money, che è diventata virale, si discosta un pochino da quello che poi in realtà è il mio focus a livello di profilazione. Quindi se devo definirmi sono un produttore e DJ tech house a cui piace comunque introdurre vocali all’interno delle produzioni. Non sono uno di quei produttori underground settoriale che rifiuta il vocal perché commerciale. Mi piace, anzi, però appunto il tipo di profilo che vorrei mantenere è quello della corrente house e tech house. Quindi, come playlist che ti direi canzoni abbastanza underground che non tutti conoscono però quello è il mio genere di riferimento.

Buscando Money
Cover singolo

È la musica che voglio fare e credo di poter portare una nuova ondata all’interno di questo genere che è di nicchia. Sento di poter portare un qualcosa che riesca ad raggiungere audience diverse. Per me rimane Buscando Money resta una traccia che ho prodotto e, che per quanto mi riguarda, aveva sonorità non così commerciali. Poi, per fortuna, ha preso certi canali però comunque ho cercato di mantenere un primo drop in cui non ci fosse un vocale e un basso con un groove ben definito che la potesse rendere adatta anche una dance più underground.

Ti ha stupito il successo che poi ha avuto nel corso dei mesi?
Mi ha stupito più che altro proprio il fatto che sia esplosa dopo sette mesi perché l’abbiamo rilasciata a luglio del 2023 ed è esplosa a febbraio 2024 Credevo tanto nella traccia ovviamente, ma non pensavo di poter arrivare a fare certi numeri. Un successo del genere è impensabile e la viralità, per me, resta qualcosa che non ha una formula. Non esiste una formula per ricercare la viralità, è semplicemente un qualcosa che deve funzionare molto e poi deve andare. Mi ha stupito questo successo e anche il fatto che ora ci siano tante persone che si avvicinano alla mia musica, ascoltando non solo Buscando Money ma anche resto della mia discografia. Ed è bellissimo È stato un po’ un cavallo di Troia per far vedere il mio stile generale.

Ma questo tuo nome d’arte anglofono, TWENTY SIX, da dove nasce?
Semplicemente il 26 è il numero che mi sembra mi segua da sempre: lo vedo in strada e riesco sempre ad associarvi qualcosa di importante.  

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Hai una platea internazionale, ma arrivi discograficamente parlando dalla provincia italiana, da una città come Savona. Quanto è stato un limite e quanto invece un motore?
Sono di Savona ma negli ultimi sei anni ho vissuto a Pavia perché lì ho frequentato l’università. Non è Milano ma la cosa buona di Pavia è stata il fatto che mi è sempre piaciuto organizzare feste e fin dall’inizio del mio percorso come TWENTY SIX ho potuto fare eventi. Quando la concorrenza era minima, se non inesistente, ogni weekend avevo la possibilità avere spazi in cui suonare la mia musica e proporre nuove tracce che stavano per uscire, raggiungendo più persone. Tutto questo è stato molto importante per avere una crescita un po’ più rapida rispetto agli altri nel settore, pur essendo emergente.

Lo stesso discorso vale per Savona perché, analizzando il mercato sul savonese, abbiamo capito che non c’era nulla di simile e anche lì, lo sorso anno, siamo riusciti a fare la prima stagione estiva e poi quella invernale. Quindi, più che un limite essere all’ombra di una città più grande è stata proprio la mia fortuna perché siamo entrati in luoghi in cui non c’era nient’altro per quanto riguarda il tipo di prodotto che proponevamo. Abbiamo creato più affiliazione con la gente che frequentava gli eventi e che era davvero molto più affiatata. Ci siamo inseriti in città più piccole, come dicevi tu più all’ombra di altre, ma penso che sia stato proprio il Game Changer.

Twenty Six e Tayson
Foto da Ufficio Stampa

E quando c’è stato il salto alla professione vera e propria?
Circa dieci anni fa. Mio padre mi aveva regalato una piccola console con cui ho iniziato a suonare un po’ in casa mia. Fin dall’inizio mi è sempre piaciuto proprio l’aspetto della produzione musicale, quindi del produrre qualcosa di mio e cercare di introdurre qualcosa di diverso prendendo ispirazione da altre produzioni che mi piacevano. Così, verso i 18 anni, ho iniziato producendo più elettronica a livello di EDM e poi a frequentare club più underground presenziando a serate tech house.

Mi sono innamorato dell’atmosfera che si crea, della connessione con il dj: si crea un ambiente che io definisco più elegante, proprio una connessione diversa. Da lì ho virato su questo genere e per circa due anni ho prodotto e basta, senza far uscire niente per sentirmi pronto. Appena ho avuto una decina di pezzi pronti mi sono presentato al management con il quale lavoro tutt’ora e da lì abbiamo iniziato la nostra collaborazione. Ed è successo quello che stiamo vedendo.

Come giudichi la scena italiana in questo momento?
Penso che a livello di produttori siamo molto forti. Ogni giorno su Instagram mi imbatto in produttori magari per niente seguiti che però hanno qualità altissime e tracce validissime da far uscire. A livello di club, poi, mi sono sempre trovato bene anche in Italia. Ti dico la verità, la maggior parte delle mie date le ho fatte in Italia e mi piace la dancefloor italiana, il modo in cui reagiscono le persone. Poi, appunto, facendo un tipo di tech house che coinvolge anche una parte più vocale, sono sempre riuscito ad accomunare i gusti di pubblici diversi. Mi piace sempre sonare in Italia perché riesco appunto a capire cosa vuole la gente.

E la platea estera, invece, come risponde?
Di recente ho avuto l’opportunità di suonare in Sud America e al momento è diventato il mio luogo preferito! In Italia, ti ritrovi ancora con le persone che vengono alla serata giusto perché è sabato sera e vogliono andare a ballare. Ma non sanno chi sta suonando nel locale. In Sud America, invece, il 90% delle persone che sono sulla dancefloor sanno che serata è, chi è il brand di riferimento, chi è il DJ. Si informano e sono più affiatati. C’è consapevolezza della serata che si sta andando a fare e c’è anche interesse nel sentire differenti stili musicali. Quando in Sudamerica c’è un DJ internazionale si sente l’importanza dell’evento mentre qua, a volte, ci sono persone che sono proprio di disinteressate o comunque distaccate dalla cosa.

C’è margine di miglioramento secondo te?
Guarda, io semplicemente voglio lavorare sulla mia musica e farla piacere a più persone possibile In modo tale, quando suono, siano davvero interessate a venire all’evento. Questo è l’obiettivo finale unico.

Tornando a Buscando Money, che storia ha alle spalle? Come è nata?
Quando ho la possibilità di suonare al di fuori dell’Italia, non sono un turista di quelli che vedi in giro a guardare le chiese o i monumenti. Cerco sempre di andare in uno studio e mettermi a produrre musica. L’anno scorso ero a Madrid e chiesi al promoter di andare in uno studio a fare un po’ di musica. Lì incontrai Tayson Kryss, il cantante di Buscando Money e, dieci minuti dopo che ci eravamo presentati, stavamo già producendo. Lui aveva registrato una parte della voce a cappella e abbiamo prodotto penso per dieci, dodici ore senza neanche mangiare. C’è stata subito una grande connessione come non mi è mai successo con nessun altro, assurdo.

TWENTY SIX
Foto di Cristina Checchetto da Ufficio Stampa

Anche lui, come me, è produttore quindi ci siamo capivamo al volo su ogni modifica che volevamo fare. Sono state ore intensissime per cui doveva per forza uscire qualcosa di perfetto! Abbiamo chiuso la traccia a marzo dell’anno scorso e l’abbiamo pubblicata a luglio ma la viralità è arrivata dopo un bel po’ di tempo. Fino a febbraio eravamo intorno al mezzo milione di ascolti e da febbraio a maggio ne ha fatti 100 milioni.

Creativamente, che periodo stai vivendo? È una stagione fertile?
Per me è sempre un periodo fertile perché, come ti dicevo prima, la cosa che mi è sempre piaciuta di più è produrre musica. Ho già più di dieci canzoni che sono già pronte per essere mandate alle etichette in promozione e agli altri DJ. Alcune sono già programmate per l’uscita come il prossimo brano per Spinnin’ Records Bidi Bam in collaborazione con Jenn Morel, una cantante americana molto brava americana. Ad agosto uscirà un’EP con una label un po’ più underground con un remix di Stefano Noferini, un pilastro di questo genere, e stiamo lavorando per far uscire a settembre la nuova traccia.

C’è qualche collaborazioni che sogni?
A livello di cantanti non sogno grandi collaborazioni. Mi imbatto spesso in cantanti molto emergenti, oppure vocalist che mi mandano sample, e per il tipo di musica che voglio fare non ho bisogno del cantante ultra famoso. La collaborazione dei miei sogni ce l’avrei più che altro con altri DJ e produttori. Ti cito  Quindi ti posso dire Michael Bibi e Black Child.

Per l’estate dove porterai la tua musica?
Dopo l’Italia, sarò in Equador per cinque date e poi farò la mia prima data Ibiza a metà giugno. Quindi, abbiamo già confermato altre date in Sudamerica tra Colombia, Brasile, Uruguay e Messico e stiamo lavorando per gli Stati Uniti. Stiamo iniziando a ottenere le prime richieste ma dobbiamo lavorare per i permessi. E poi avrò Corfù a Ferragosto e altri appuntamenti tra Italia e Spagna. Cerco di fare più serate possibile per conoscere nuova gente e creare nuove connessioni perché penso che, in questo periodo, sia fondamentale espandermi più che posso. Per riposarmi avrò tempo più avanti, adesso non è assolutamente il momento di riposarmi.

C’è un palco che più di altri vorresti calcare?
Ti direi lo Space Miami. È sicuramente uno degli obiettivi per il prossimo anno. Adesso che stiamo iniziando a ricevere le prime richieste negli Stati Uniti, ci stiamo lavorando. È un che richiede il suo tempo ma, una volta dentro, penso che posso farmi notare. Quindi, tra gli obiettivi dell’anno prossimo, inserirei sicuramente questo.

E tra dieci anni dovei di vedi?
Questo non saprei dirtelo sinceramente, perché è una cosa che cresce costantemente che mi mette male pensare fra dieci anni! Guarda in soli tre mesi cosa è successo! Magari sarò presidente degli Stati Uniti, mai dire mai. A parte gli scherzi, sinceramente penso che sarò a un buon livello ma non saprei definirti bene dove potrei essere. Sono aperto a tutto, a mischiare qualsiasi tipo di genere e cambiare il mio approccio alle cose.

Immagini da Ufficio Stampa