Alex Braga ci racconta la sua installazione a Ipotesi Metaverso: ‘Automatic Impermanence’ nasce per generare vertigini.

C’è anche Alex Braga ad esporre alla mostra Ipotesi Metaverso, a Palazzo Cipolla a Roma fino al 23 luglio 2023. Il musicista e artista porta nella capitale la sua Automatic Impermanence, un’esperienza di moltiplicazione sensoriale capace di far sbiadire i concetti di spazio e tempo. «Tecnicamente – ci dice Alex Braga – l’installazione è una derivazione del concetto di automatic impermanence, che tra l’altro sta anche per AI. Le varianti sono molteplici. Anche perché sto lavorando al mio nuovo disco insieme a Robert Lippok, il mio produttore: si chiamerà Snapshot of automatic impermanence. L’idea con cui ho costruito la mia intelligenza artificiale è proprio quella della reiterazione costante di gesti diversi e quindi della ricerca».

«Per farla breve – sintetizza Braga – è la ricerca dell’infinito nel finito». E, alla base dell’installazione, c’è il concetto che «come esseri umani, il nostro corpo è finito e limitatissimo. Questa è l’unica maniera che abbiamo per aprirci una porta verso l’infinito. L’unica ambizione di ogni essere umano è, del resto, quella di cercare l’infinito dentro i confini che abbiamo a disposizione».

Alex Braga, l’intelligenza artificiale e la musica

Partiamo dal principio. A-MINT è l’intelligenza artificiale realizzata da Alex Braga insieme ai professori Francesco Riganti e Antonino Laudani dell’Università Roma Tre: un risultato incredibile nel campo della creazione di musica AI. «A-MINT fa proprio questo – spiega Braga – permette di espandere le proprie capacità e possibilità muovendosi in tempo reale e all’impronta insieme all’artista. Ogni volta che suono la traccia madre, chiamiamola così, il fenomeno viene fuori costantemente variato. Anche se sono piccole, impercettibili micro-variazioni di arrangiamento». L’idea di Automatic Impermanence viene da qui. Per Alex Braga, «fare un disco vuol dire proprio fissare un momento, che il giorno dopo diventa una cosa differente».

«L’impermanenza automatica – dice Alex – si può percepire nell’installazione. È il concept che porto avanti anche nei testi e nella parte del visual. Sul disco, ovviamente, questo concept non può che essere una fotografia, uno snapshot di quello che in quel momento è». Quando è arrivata ad Alex la proposta di esibire una sua installazione negli spazi di Ipotesi Metaverso, per l’artista, significava «portare nella mia idea di metaverso uno spettatore».

Il metaverso secondo Braga

Ma cosa è esattamente il Metaverso? «La mia idea non è fatta di avatar e di pupazzetti, perché quello non è il Metaverso. – risponde – Quello è marketing che ci hanno venduto come la grande rivoluzione. Il Metaverso, per quanto mi riguarda, è la capacità sempre più performante grazie alla tecnologia di poterci sovrapporre tra il mondo fisico e il mondo digitale. In modo estremamente simbiotico e sinergico».

In questo senso la ricerca di Alex Braga va in direzioni totalmente opposte. Il metaverso di Braga non serve «a cambiare i capelli o ad avere le sneakers virtuali di Gucci», ma per «capire come queste queste due realtà debbano continuare a compenetrarsi in una continua ottica di volano, per cui una è strategica per l’altra. E diventano inscindibili per la nostra crescita spirituale in primis e di percezione poi». Nello specifico, l’installazione a Palazzo Cipolla dona uno spazio alla realtà uditiva su cui Braga lavora da tempo. «Ho accentuato ancora di più questo concetto – spiega – per togliere dalla comfort zone il visitatore. Si entra nell’installazione. E l’unica sorgente sonora è un pianoforte che si muove da solo. In realtà non suona, è l’unica cosa che non produce suoni: nel centro della stanza c’è quindi una sorgente che però in realtà non produce nulla, perché la musica arriva da un’altra dimensione».

In Automatic Impermanence c’è infatti un sistema di spazializzazione site specific. «La musica volteggia – per usare le parole di Braga – ti gira intorno, ma non sai mai da dove arriva e dove andrà». Oltre che di sensazioni, lo spaesamento è anche visual: «Lo spettatore si materializza, si smaterializza, passa, si scompone, entra nel particellare», spiega l’artista. Un cosmo che è anche un po’ un’altra dimensione, grazie a uno scanner 3D che coglie la figura tridimensionale e la smaterializza per poi materializzarla dentro un un un altro mondo. «La dimensione reale e la dimensione digitale si sovrappongono – conclude Braga – perché lo spettatore è sempre in bilico. In teoria, si esce dall’installazione con un po’ di vertigine, che ti apre a vie diverse».

Il senso della vita

L’apertura a vie diverse, secondo Alex Braga, è di fatto necessaria. «Abbiamo la necessità di percepire che viviamo una vita multidimensionale, altrimenti la nostra speranza dov’è? – ci dice – Il senso della vita non è nella quotidianità, ma in qualcosa di più elevato».

La polarizzazione e il massimalismo sono mortali. E se così è, l’unica speranza è l’integrazione. «L’alienazione totale è pericolosissima. – spiega Braga – Anche per questo mi piacerebbe dedicarmi all’educazione alla tecnologia. È l’educazione al futuro che manca completamente. In questo senso, Ipotesi Metaverso è stato un esperimento veramente coraggioso e assolutamente necessario. Il suo successo ti fa anche capire che c’è bisogno di fare divulgazione. Dovremmo andare nelle scuole a parlare, a spiegare ai ragazzi che il telefonino mangerà loro l’anima se non saranno educati ad un utilizzo corretto e sostenibile della tecnologia». «Intendo sostenibile per l’anima – si corregge poi Braga – la sostenibilità esistenziale arriva prima anche della sostenibilità climatica».

Foto: Luca Perazzolo