Su Paramount+ è disponibile il documentario sulla storia dei Milli Vanilli: ce lo racconta, tra luci e ombre, Fab Morvan.

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Il mondo dell’industria discografica cela molto spesso le sue ombre e – se esiste una storia in grado di mostrarcele – è indubbiamente quella dei Milli Vanilli. Un vero e proprio scandalo del pop che – a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 – fece ampiamente discutere per poi finire nel dimenticatoio. A far luce su questa vicenda spinosissima ci prova ora il documentario Milli Vanilli, presentato al Tribeca Festival e ora disponibile su Paramount+. Diretto da Luke Korem, attraverso numerose interviste Milli Vanilli racconta nel dettaglio l’ascesa del duo composto da Robert Pilatus e Fabrice Morvan: sotto la guida del celebre producer Frank Farian, i due artisti europei conquistarono le classifiche col brano Girl You Know It’s True, arrivando persino negli USA e vincendo un Grammy come Best New Artist nel 1990.

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Così come fu rapida la loro ascesa, tuttavia, fu repentino il declino: Farian rivelerà al mondo che i Milli Vanilli in realtà non cantassero i loro brani. Un vero e proprio scandalo che porterà via al duo fama, popolarità e Grammy. Fino alla prematura scomparsa, nel 1998, di Rob Pilatus, caduto in una spirale di auto-distruzione e droga. Nel documentario sono in molti a dare la loro versione dei fatti, a partire da Fab Morvan. «Ho avuto dubbi per anni, perché molta gente si avvicinava a me con un approccio sbagliato. – ci dice Morvan quando gli chiediamo come mai abbia accettato di prendere parte al doc – Volevo raccontare la storia a modo mio, permettendo alle persone di mettersi nei miei panni e capire l’aspetto umano della vicenda. Volevo che le persone sapessero davvero cosa è successo dietro le quinte per capire come funziona l’industria musicale. Per me era veramente importante».

Milli Vanilli, la verità di Fab Morvan

«Volevo mostrare cosa è veramente successo a Rob e il viaggio genuino che abbiamo intrapreso. – continua Morvan – Solo così la gente poteva capire perfettamente che niente fosse premeditato da parte nostra. È sempre sembrato che avessimo pianificato tutto, ma la gente ha visto i titoli di giornale senza conoscere la storia. Per anni ho cercato di andare oltre la superficie, perché sapevo che a un certo punto qualcuno con della qualità si sarebbe unito alla mia causa per raccontare insieme questa vicenda. In questo documentario, hanno permesso a tutti di parlare. Non ci sono stati tagli, ognuno ha detto la sua versione. E se guardi la storia così, capisci che c’entrava l’etichetta discografica, il produttore e che hanno organizzato tutto alla perfezione. E anche che questi due giovani ragazzi, che non sapevano nulla dell’industria discografica, sono caduti in trappola».

Eppure, al di là della questione in sé, ad emergere nel documentario è soprattutto la capacità di Morvan di essersi saputo a suo modo reinventare. A riflettori spenti, è riuscito a venire a patti con il suo passato e con la scomparsa del suo migliore amico. «Alla fine credo che questa storia possa essere di ispirazione. – commenta – L’ho imparato e ci sto ancora lavorando. Ci si può legare a una storia come questa. Una storia che a un certo punto può diventare negativa, ma che ora è positiva. Le persone così imparano che puoi cadere, rialzarti e reinventarti. C’è vita dopo un trauma. E dipende tutto da quanti sacrifici hai voglia di fare». Fab Morvan ha in fondo vissuto «una vita alla volta, e la felicità è sempre stata una priorità». «Penso che nel documentario si capisca che non sono migliore, ho solo perdonato le persone che mi hanno fatto del male. – ci confessa – Ma ho dovuto anche perdonare me stesso, perché sono stato io a infilarmi in quella situazione. Ho abbracciato la bugia. Ero giovane, ho sbagliato ma non ero consapevole delle conseguenze».

Innocenti e colpevoli

Il burattinaio di tutta la vicenda – colui che ha messo insieme il progetto per poi distruggerlo pubblicamente – era di fatto Frank Farian, che ha rifiutato di apparire nel documentario. Dopo che il producer rivelerà al mondo la verità, la reazione del mondo contro i Milli Vanilli è stata brutale. «Il sistema c’è sempre stato, c’era anche all’epoca e gli artisti che ci sono finiti dentro sono stati usati. E poi sono stati sputati. – dice Morvan – Noi non abbiamo avuto alcun tipo di protezione. Siamo stati buttati via. Hanno tolto i dischi dalle pareti e, con i soldi guadagnati grazie a Rob & Fab, hanno investito in altre etichette. Quindi il sistema continua, a finire sono solo le persone. Noi da offrire avevamo solo la nostra gioventù. Frank Farian aveva un piano e noi ci siamo cascati. L’aveva fatto già con Boney M. perché cantava lui le canzoni al posto di Bobby Farrell».

Oggi Fab Morvan ha fatto pace con il suo passato, ha quattro figli e la musica è ancora centrale nella sua vita: «La musica è mia madre, mio padre, mia amica, una confidente. – rivela – Se sono ancora qui è proprio grazie alla musica. Parte del documentario è proprio sulla mia storia d’amore con la musica. È una storia d’amicizia tra Rob & Fab, una storia su come ci si reinventa e sul fatto che c’è luce alla fine del tunnel. Ora ho la mia famiglia, ho quattro figli e la vita mi rende felice. Non puoi sopravvivere altrimenti, ma dipende da te. Nessun altro, solo tu puoi farlo. Rob non ce l’ha fatta. Ho fatto di tutto per salvarlo, ma alla fine devi farcela da solo».