Abbiamo parlato con il producer di ‘Loki’ Kevin Wright di espansione dell’universo Marvel, fedeltà a Loki e connessioni tra i personaggi.

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Attesissima dopo il successo della prima stagione, la seconda stagione di Loki è finalmente disponibile su Disney+. Tante le novità, a partire dalle new entry nel cast (Ke Huy Quan, tra gli altri) ma anche dallo storytelling della serie che continua ad espandere lo stesso universo Marvel. Nessuno meglio del producer Kevin Wright poteva dunque darci qualche risposta sul making ok di questa seconda stagione, che – se possibile – alza ancora di più l’asticella. A partire proprio dal primato di serie Marvel più vista sulla piattaforma: cosa ha significato questo risultato nella realizzazione della seconda stagione?

«Penso che siamo molto fortunati. – risponde Wright – Il fatto che sia stata accolta così bene ci ha dato un’incredibile libertà. Nella prima stagione c’erano tante strane idee che i fan avrebbero potuto completamente rifiutare, invece le hanno accolte. Per noi ciò ha significato poter continuare con questi concetti, poter approfondire questo mondo. Le persone vogliono vedere ancora di più della TVA e possiamo farlo. Per noi è stato come poter costruire il nostro mondo e la nostra storia».

Kevin Wright: «Loki è in cerca della migliore versione di sé»

La costruzione del mondo di Loki è un punto focale della serie. Ma in cosa è necessario che la linea narrativa dello show resti fedele completamente al personaggio che conosciamo?

«Penso che Loki e tutti i personaggi debbano essere il punto focale della storia, anche solo perché tutto funzioni e risulti interessante. – risponde il producer – Per quanto riguarda Loki, la stagione 1 era definita dal concetto di identità. Chi sei? Qual è il tuo posto? Come trovi la tua appartenenza? La stagione 2 approfondisce questo aspetto. E non è solo il sequel di Loki che trova la propria identità, ma credo che sia fondamentale il fatto che lui cerchi la versione migliore di se stesso. Gran parte di questo concetto può essere definito dalle connessioni che crei. E questo è un po’ il nostro Mago di Oz. Le connessioni tra i personaggi sono al centro ed è la ragione per cui questi protagonisti sono un ensemble».

Chiediamo infine a Kevin Wright quali siano le sfide maggiori nel tentare di creare una serie così cinematografica. «Deve essere una priorità. Noi lo abbiamo fatto già con la prima stagione. – risponde – Volevamo costruire dei set e permettere ai nostri direttori della fotografia di avere tempo e modo di rendere la serie bellissima. Avevamo bisogno di dare a Christine Wada, la nostra costume designer, lo spazio per dar vita a questi costumi fantastici. A volte significa semplicemente adeguare i programmi così che tutto possa essere fatto. Di solito, nel nostro mondo, non significa avere più soldi perché il programma va rispettato e i soldi sono quelli. Serve tempo per creare la flessibilità e una programmazione che permetta di farlo».