‘Echo’ è una prima volta nel mondo MCU: è una serie per adulti, violenta in cui i (presunti) limiti dell’eroina diventano superpoteri.

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Con Echo – disponibile dal 10 gennaio su Disney+ – l’MCU prende una piega decisamente oscura, tanto che la serie è classificata TV-TA, solo per un pubblico adulto. Un elemento già sottolineato dal produttore Brad Winderbaum in conferenza stampa: «La Marvel dà il meglio di sé quando i narratori seguono il personaggio e gli permettono di condurre le danze e il viaggio. – aveva commentato – Seguendo Maya Lopez, abbiamo creato l’atmosfera della serie: più avida, più reale per il pubblico e, di conseguenza, più adulta e più TV-MA». Una prima volta per la Marvel, definita da Winderbaum come «un universo enorme, ancora in parte inesplorato»: «Maya ci ha permesso di vedere un angolo di questo universo mai visto prima. – ha dichiarato – E credo che questo sia il futuro della Marvel: raccontare storie inaspettate e focalizzate sui personaggi».

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Abbiamo girato la domanda a Richie Palmer, produttore esecutivo della serie. «Stiamo raccontando la storia di Maya Lopez che viene da un fumetto buio, violento e avido. – ci risponde – Lei è il cattivo sia quando la incontriamo nel fumetto che nel nostro universo, in Hawkeye. Volevamo onorare tutto ciò. Non è stata una cosa prestabilita, non avevamo la regola di fare una serie solo per un pubblico adulto. Semplicemente non volevamo trattenerci in ciò che potevamo fare col personaggio».

«È una tosta e anche Alaqua che la interpreta lo è. – continua – Volevamo assicurarci di andare il più lontano possibile con la serie in termini di un tono generale avido, violento e reale. Volevamo che le scene di azione fossero pazzesche. La regista, Sydney Freeland, è arrivata e la sua missione dichiarata era che Maya Lopez fosse tosta e, in questo, ha fatto un ottimo lavoro per noi. Grazie a lei e ad Alaqua abbiamo questa atmosfera unica per la Marvel e non potremmo esserne più felici».

Echo, Richie Palmer e il lavoro sulla lingua dei segni

Echo è, del resto, una serie a sé stante per tantissimi motivi. Maya Lopez è un personaggio sordomuto, nativo americano (dei Choctaw) e con una protesi alla gamba. La rappresentazione delle minoranze è dunque fondamentale, ma Maya Lopez è in grado di trasformare i propri (presunti) limiti quasi in superpoteri. Basti pensare al linguaggio dei segni, che diventa nella serie un modo segreto per comunicare con i propri familiari. «Alcuni sceneggiatori sono sordi, quindi è iniziato dalla scrittura. – ci dice Richie Palmer – E poi, durante lo sviluppo vero e proprio e la fase di pre-produzione, abbiamo deciso di lavorare con Doug Ridloff, che è un produttore ed è sordo. Avevamo già lavorato con lui in Eternals, ma in questa serie volevamo facesse parte della famiglia come uno dei principali creativi dello show, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui gli altri personaggi comunicano con Maya».

Echo

«Se ci fai caso – continua l’Executive Producer – ogni personaggio ha il suo modo specifico di parlare con i segni a Maya. Alcuni di loro parlano mentre fanno il linguaggio dei segni, si chiama SimCom e non è molto comune. Se nella vita vera sei un professionista del linguaggio dei segni, riesci a fare i segni senza parlare. Tante persone però non sono così brave con i segni e non riescono a non parlare. Quindi Doug ha lavorato con ogni singolo attore per far sì che avessero un modo unico di usare il linguaggio dei segni con Maya. Credo sia uno degli aspetti più speciali della serie vedere personaggi diversi. Alcuni di loro fanno fatica, ma vedi dalle loro facce che si stanno sforzando di comunicare. Questo ha reso alcuni personaggi accattivanti».

«Poi c’è Bonnie oppure Chula, interpretata da Tantoo Cardinal. – aggiunge – Chula è un personaggio che aveva una figlia sorda e ha una nipote sorda. Conosce benissimo il linguaggio dei segni ed è fluente, non parla quindi mentre fa i segni. Arriva tutto da Doug che è un genio».

Echo, un personaggio autentico e definito

«Volevamo raccontare una storia appassionante su un personaggio molto complesso che fosse un unicum per la Marvel. – conclude Richie Palmer – È complicata, sta affrontando tante cose emotivamente e poi è sorda ed è nativa americana. Volevamo essere sicuri che, nel raccontare la storia di un personaggio tosto, questo fosse anche autentico e definito. Non ci siamo tirati indietro. Fossimo stati poco autentici, ci saremmo distratti dalla storia».