A Milan Games Week & Cartoomics, incontriamo l’autrice inglese Samantha Shannon che ci racconta ‘Un Giorno di Notte Cadente’.

Alla Milan Games Week & Cartoomics abbiamo chiacchierato con Samantha Shannon, in fiera per presentare Un Giorno di Notte Cadente. Il romanzo (edito da Mondadori) è il prequel de Il Priorato dell’Albero delle Arance, primo libro della saga Radici del Caos. La nuova saga di Samantha Shannon – a differenza della precedente The Bone Season (La stagione della Falce) – si immerge completamente in un universo fantasy che ha pochi riferimenti con il mondo reale. Un mondo in cui le donne sono assolute protagoniste e si interrogano su temi attualissimi anche nel nostro – molto meno fantasy – universo.

La saga Radici del Caos, a differenza de La Stagione della Falce, si immerge in un universo completamente fantasy e meno distopico. Com’è stato per te questo viaggio? Che tipo di ricerche hai fatto?
«Sicuramente direi che Il Priorato dell’Albero delle Arance è un romanzo high fantasy. Il mondo è composto da paesi che in parte sono ispirati a nazioni reali, ma sì, è un fantasy. Sicuramente è diverso quindi da La Stagione della Falce che ha come ambientazioni Londra, Oxford e la Francia. Radici del Caos, per me, è stato nello stesso tempo più facile e più difficile da realizzare. È più difficile perché ho dovuto creare da zero un intero universo, non potevo usare il nostro mondo. È stato però anche più semplice perché c’è più flessibilità. Quando devi raccontare il mondo reale, devi essere accurato e fedele, soprattutto nella descrizione delle città. Ne Il Priorato dell’Albero delle Arance ho potuto usare la mia immaginazione un po’ di più. È stato comunque un viaggio bellissimo, mi piacciono entrambe le esperienze».

Credo che avere un foglio bianco davanti sia sicuramente una sfida, ma non ti sei sentita più libera?
«Sicuramente. Per esempio, ho dovuto fare delle ricerche di persona mentre scrivevo i libri de La Stagione della Falce. E ti confesso che sono qui in Italia anche per fare ricerche sul quinto libro della saga, perché voglio che sia autentico. Se scrivo qualcosa su Venezia, non voglio che i lettori italiani si accorgano di qualche inesattezza. Nella nuova saga posso prendere ispirazione dal mondo reale, ma non importa se una strada non è esattamente come appare nella realtà. Diciamo che posso fare ciò che voglio, fino a un certo punto».

Samantha Shannon e il suo universo in cui ogni donna può essere ciò che vuole

L’idea del prequel era già nella tua testa quando hai iniziato a scrivere la saga o è venuta dopo?
«È venuta dopo. Quando sono andata dal mio agente con l’idea de Il Priorato dell’Albero delle Arance gli ho detto Guarda, sarà sicuramente un volume unico. Lui non mi ha creduto, perché la mia prima serie è composta da ben 7 libri. Semplicemente credeva fosse impossibile che fossi in grado di scrivere un libro unico. Aveva ragione! Ero a metà libro e stavo raccontando questo particolare evento storico che accade nell’universo della saga e ho pensato che sarebbe stato affascinante e sicuramente una sfida dedicare a questo evento un intero libro. In quel momento ho deciso che avrei scritto un altro volume».

È interessante come scelta. Succede spesso al cinema che, dopo una saga, esca un prequel. In questo caso hai regalato ai lettori un vero approfondimento necessario anche per loro.
«Credo anche io e credo arricchisca molto questa storia. Volevo che i due libri potessero funzionare insieme. È possibile leggerli separatamente, ma se li leggi insieme è più significativo perché aggiunge molta ricchezza alla narrazione».

Hai creato un mondo bellissimo, dove le donne sono assolute protagoniste. È strano dire che sia un mondo unico, perché il mondo dovrebbe essere così. Senza sessismo. Grazie comunque per averlo creato, dice molto anche sulla nostra società.
«Volevo creare una storia in cui non ci fosse quello che io chiamo il sessismo quotidiano. Un mondo in cui una donna può essere un Cavaliere e nessuno le dice che dovrebbe essere altro. Ho voluto analizzare il patriarcato strutturato, in particolare ad esempio attraverso le monarchie ereditarie, e in che modo una donna sia in parte destinata per nascita. In questo è simile al nostro mondo. Se ci pensi in UK è illegale essere sessisti, ma ci sono ovviamente ancora insidiose forme di sessismo meno evidenti. Il mondo del mio libro è un po’ così: ci sono problemi strutturali legati al patriarcato. Non volevo però che fosse una battaglia quotidiana e una forma continua di violenza contro le donne».

In genere, invece, il fantasy spesso abbonda di questo tipo di narrazione.
«Penso che molti romanzi fantasy siano così perché si ispirano alla storia e la storia è piena di misoginia. C’è spesso tanta esplicita violenza, anche sessuale, contro le donne nei romanzi fantasy e io assolutamente non volevo niente del genere». 

Il tema della maternità in Un Giorno di Notte Cadente

Infatti introduci temi molto attuali, che credo possano aiutare molte donne a rivedersi. Ad esempio, il giudizio nei confronti delle donne senza figli.
«Sì in Un Giorno di Notte Cadente in particolare volevo trattare il tema della maternità. Credo che ogni donna nella vita, a un certo punto, si confronti con il dubbio se essere o meno una madre. C’è tantissima pressione sociale, indipendentemente da ciò che scegli. Se non hai figli la gente dice che dovresti farne, se ne hai solo uno ti dicono che crescerà da solo e che dovresti farne un altro. Se ne hai più di uno, vieni comunque criticata. Volevo approfondire questo tema attraverso donne che hanno una prospettiva diversa sulla maternità. Glorian, il personaggio più giovane, non vuole diventare madre ma viene costretta ad esserlo. Dumai è simile, non vuole avere figli ma viene da un passato complicato. E poi Tunuva che vuole disperatamente essere madre, ma ha già perso un bambino».

Un approccio molto variegato al tema.
«Il fantasy è sempre stato tradizionalmente un genere molto maschile. Volevo dare al tema della maternità un’attenzione maggiore. Ammetto che io stessa non voglio avere figli e mi sono sempre sentita molto giudicata per questo. Ora un po’ meno, ma quando avevo 20 anni la pressione sociale era forte. Volevo celebrare le donne che non vogliono avere figli, ma anche le splendide madri che conosco. E il libro è soprattutto dedicato a mia mamma, che è fantastica». 

In questo senso, quali sono le reazioni dei tuoi lettori che ti hanno fatto sentire più orgogliosa?
«È sempre bello quando un lettore ti dice di essersi rivisto nel libro. Le persone mi dicono spesso di essersi riviste in un personaggio in particolare. Uno dei motivi per cui ho creato il personaggio di Tunuva è proprio perché volevo raccontare una donna sui 50 anni. Mia mamma spesso mi dice che, dai 50 anni in su, le donne sembrano scomparire dai media. E per me era molto importante che non accadesse nel mio libro. Se qualche lettore lo nota, mi fa molto piacere. C’è poi molto amore tra donne ed è bellissimo quando un lettore mi dice che, leggendo, ha capito chi è veramente o si rivede nella storia».

Senza andare troppo nel dettaglio, ogni personaggio è ispirato a una situazione della tua vita o a qualcuno di tua conoscenza?
«Un po’ sì, soprattutto in questo prequel. Ogni personaggio principale femminile riflette un aspetto di me. Glorian ha 15 anni e io a quell’età ero molto simile a lei. Non ero un principessa ovviamente, ma Glorian ha la mia stessa idea sulla maternità e sul matrimonio. È stato catartico tornare indietro nel tempo a quando ero così piccola. Dumai ha più o meno la mia età ed è stato bello scrivere della scoperta della sua sessualità. Per me il processo è stato simile perché, quando avevo vent’anni, ho scoperto di non essere eterosessuale. Tunuva invece è ispirata a conversazioni con mia madre, ma anche al fatto che non voglio di certo scomparire da questo ambiente quando avrò 50 anni».

La società odierna ti preoccupa, in questo senso?
«Ho 32 anni ora e già vedo poche donne della mia età protagoniste di storie e racconti. Credo che il genere abbia bisogno di mostrare personaggi con più esperienza, più esperti e più maturi. Soprattutto donne».

Infatti credo che tante donne si sentano rappresentate. Questi libri non sono un lezione, ma mostrano in parte come il mondo dovrebbe essere. 
«È sempre complicato con i libri, perché vuoi lasciare il tuo messaggio ma senza che sembri una predica. Ed è un equilibrio difficile da raggiungere. Spero però che le idee espresse, anche se non dichiarate esplicitamente, possano comunque arrivare ai lettori».

Ci dobbiamo aspettare un’ulteriore espansione di questo universo?
«Assolutamente, c’è già un terzo libro in programma. Non ci lavorerò molto presto però, perché mi sto concentrando sull’altra serie. Devo scrivere il quinto e sesto libro de La stagione della Falce e poi vedremo. Sto scrivendo anche un libro ispirato alla dea greca Iris, per cui aspetterete un po’ di anni. Nella mia testa però già mi sto attivando, non temete».

Foto: Louise Haywood-Schiefer