Il nuovo fumetto di JiokE (Giovanni Dell’Oro), ‘Voglio il tuo cuore’, è finalmente disponibile: la nostra intervista.

loading

Dopo la raccolta di racconti brevi Pazzia e La casa dei pulcini, JiokE (aka Giovanni Dell’Oro) torna con il nuovo fumetto horror Voglio il tuo cuore. In uscita il 18 aprile per Edizioni BD, il volume conferma la volontà del suo autore di infrangere i tabù raccontando le ombre più oscure dell’animo umano. In questa storia, ambientata in una triste e macabra periferia, i destini della piccola Martina e di Umberto si incrociano tra grigiori e mancanze. Un incontro salvifico? Nei fumetti di JiokE – è bene ricordarlo – mai nulla è come sembra.

«Voglio il tuo cuore nasce banalmente dalla volontà di provare a raccontare un rapporto di coppia che risultasse sin da subito morboso e disturbante. – ci spiega Giovanni Dell’Oro – Soprattutto per la differenza d’età tra i due personaggi. È tuttavia un rapporto non scontato. All’inizio immagini che andrà in un determinato modo, ma a mano a mano ti accorgi che entrambi nascondono qualcosa. Anche il loro effettivo carattere. Alla fine i miei lavori ti mostrano sempre una realtà e poi, pian piano, ti rivelano l’effettiva faccia delle cose».

Una fascinazione per le ombre che in JiokE risale al 2014. «In quell’anno ricordo che c’è stato un boom di webcomic che parlavano di argomenti seri, come l’ansia sociale e la paranoia, in modo romantico e poetico. – ci racconta l’autore – Nonostante il successo stratosferico di questi prodotti, una fetta di pubblico era molto scontenta. Sembrava che si stessero sfruttando problematiche serie, con il rischio che venissero poi sottovalutate dalla maggior parte dei lettori. Ho voluto essere l’alternativa a questo filone, creando storie brevi che prendessero estremamente sul serio queste tematiche». Un’operazione condotta anche fuor di metafora. «Questi webcomic – dice JiokE – rappresentavano il problema mentale attraverso la figura del mostro, mentre io voglio mostrare gli effettivi sintomi e il disagio vero e proprio».

Si crea in questo modo, secondo l’autore, «un legame empatico tra lettore e storia». «Sono scelte stilistiche – precisa – ma è stata la mia logica a portarmi a lavorare su temi così pesanti. Questo tipo di horror, che chiamo erroneamente horror viscerale, non è molto sfruttato. Soprattutto in Italia. In questo senso, mi ispiro di più alla cinematografia franco-belga che basa la paura su questi aspetti. Non sul mostro, ma su qualcosa che conosciamo bene: l’essere umano stesso».

JiokE, Voglio il tuo cuore e il grigio della periferia

In un certo senso, quindi, JiokE ha deciso di spingersi oltre la semplice dicotomia del bianco e nero. «Io provo a creare varie sfumature di grigio. – spiega – Così il lettore si rende conto che, come chiunque, un personaggio può essere oscuro. Questo rende molto più forte l’empatia con i personaggi che mostro».

L’ambientazione di questo volume, molto cupa e periferica, è però solo una conseguenza quasi necessaria della narrazione. «Farò un po’ spoiler – spiega Giovanni Dell’Oro – ma all’inizio vediamo Martina piena di lividi. Ho pensato che il lettore si sarebbe chiesto perché nessuno facesse nulla. Per questo ho ambientato la storia in un luogo in cui le istituzioni lasciano morire la città. Per renderla credibile. E poi, verso il finale, ho dovuto trovare il modo per giustificare il fatto che la scuola non fosse mai intervenuta. Dovevo cercare di rendere credibile la storia e, nello stesso tempo, trovare un luogo in cui si sentisse il bisogno di dover scappare. Questi personaggi non hanno futuro, per forza di cose dovevano vivere in un luogo sgradevole».

Paletti e riflessioni

Chiediamo a JiokE se anche lui, disegnando, non si senta a volte infastidito dal suo stesso racconto. «Certo! – risponde – Capisco se una storia funziona proprio dalle sensazioni che provo mentre la immagino». E si è mai imposto dei paletti, quantomeno morali? «Secondo me, soprattutto se non fai riferimento a vere minoranze, puoi permetterti di disegnare qualunque cosa. – precisa – Io evito l’effetto scandalo di cose gravi. Soprattutto quando distruggo un tabù, preferisco lasciarlo in secondo piano. Non inquadro mai il corpo del reato, se non successivamente agli eventi, così devi immaginare cosa è accaduto. L’intento è quello di non rendere la violenza voyeuristica, ma turbare il lettore. Si può fare senza mostrare violenze dirette. Quando il lettore ricostruirà ciò che è successo, gli risulterà più tosto perché ognuno ha la propria versione».

Lo stile e il tratto

Che JiokE si ispiri alle tecniche xilografiche è cosa nota («Mi ero già approcciato al fumetto ma volevo risaltare in mezzo al mucchio. – ci racconta – Bisogna costruire una propria impronta caratteriale nel disegno e mi sono lasciato ispirare dalle tecniche xilografiche»). Così è stato per La casa dei pulcini, ad esempio: «Alla gente questo stile piaceva molto e ho provato ad allargare e fare altri esperimenti. – dice JiokE – Ogni opera, pur avendo lo stile dell’autore, deve avere un aspetto che la renda unica e a sé stante. Qui, prima di tutto, c’è un uso del bianco e nero più marcato. Ci sono contrasti più forti e una bicromia tendente al verde acido per esprimere l’atmosfera di marcio che assorbe personaggi e città. La ricerca deve essere rivolta al tipo di sensazioni che vuoi trasmettere, sin dalle prime battute».

E in che modo, chiediamo infine all’autore, la proliferazione dei mezzi e internet stanno aiutando i fumetti? «La verità è nel mezzo – risponde – da una parte i social danno a tutti la possibilità di esprimersi, dall’altra c’è il rischio che si formi un lago di persone. Anche per questo è assolutamente essenziale trovare la propria voce e il proprio stile».