Premiato durante la terza serata del ‘Trapani Film Festival’, Giovanni Esposito si è raccontato sul palco tra aneddoti e ricordi prima della proiezione del film ‘Nero’.

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“Sento la Sicilia vicina a Napoli ed è come essere a casa”. Così Giovanni Esposito saluta la platea che lo applaude al Trapani Film Festival 2025. Ospite della terza serata in occasione della proiezione del film Nero, di cui è regista e protagonista, l’attore partenopeo si è raccontato sul palco al De Core Podcast. Amatissimo dal pubblico, Giovanni Esposito ha infatti raccontato il suo legame con l’isola ma anche le radici napoletane e un percorso artistico che lo ha portato a diventare uno degli interpreti più versatili del cinema e del teatro italiani.

“Di questa terra amo la sua bellezza, il cibo, le persone. Sono empatiche e accoglienti, come a Napoli. Sono nato a Porta Capuana, sopra quella che all’epoca era una sala mortuaria… di buon auspicio, diciamo!”, ricorda sorridendo. “Poi, appena sono venuto al mondo, è diventata la sede della nettezza urbana: un segno del destino, probabilmente (ride). Dopo ci siamo trasferiti a Miano-Secondigliano, che conoscete tutti anche per come è stata raccontata in film e serie come Gomorra. Quella vita di quartiere mi ha formato tantissimo”.

Giovanni Esposito

“Da Secondigliano il mare me lo raccontavano, non lo vedevo mai”, ricorda ancora Esposito. “Dopo tanti anni a Roma ho deciso di tornare a Napoli e ora vivo il mare ogni giorno. Appena ho un giorno libero prendo il sup o il kayak e me ne vado in acqua. La costa napoletana è meravigliosa, soprattutto ad agosto, quando tutti scappano. Resta un paradiso terrestre, con tanti parchi. Se fossi sindaco per un giorno? Costruirei una passerella da casa mia a Posillipo!”.

Gli esordi nella recitazione

Affondando ancora nei ricordi tra i vicoli di Napoli, Giovanni Esposito spiega: “Frequentavo la parrocchia e lì ho iniziato a fare teatro amatoriale. Ogni anno organizzavamo una stagione teatrale, si chiamava Giugno al Chiostro, per raccogliere fondi da destinare a iniziative sociali: un centro di recupero per tossicodipendenti, uno per malati mentali, uno sportello per il quartiere. Lì ho conosciuto persone che mi hanno cambiato la vita: da timido che ero, sono diventato estroverso. È stato davvero il mio trampolino”.

“Mio padre, vedendomi sul palco, mi disse: ‘Ma tu tieni talento, che fai all’università? Perché non fai l’attore?’. Mi ha cambiato la prospettiva. E non solo lui: anche mia madre. Ricordo il primo contratto. Mi avevano visto allo Stabile di Parma e mi offrirono un contratto di 4 anni. All’epoca erano 120mila lire al giorno: una cifra enorme per me. Andai da mio padre tutto entusiasta e gli dissi: ‘Papà, mi hanno offerto 100!’. E lui, senza perdere tempo: ‘Metà sono mie’!”.

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Tutto, dunque, è partito dalle assi di legno di un teatro a proposito del quale, Esposito osserva che “non è mai esistito un teatro di lingua italiana. Il nostro teatro è sempre stato legato alle regioni, alle radici culturali e ai tempi comici che ogni territorio porta con sé. Pirandello, Eduardo, Goldoni… ognuno di loro è espressione di una realtà regionale, eppure il loro teatro vive ovunque. Se metti insieme un attore romano e uno napoletano, i tempi comici sono completamente diversi, ma proprio per questo si incastrano in maniera sorprendente. Ne nasce una poesia incredibile, purché quelle radici siano sincere e autentiche. Oggi la regionalità è una delle poche cose rimaste davvero agli attori: è la nostra ricchezza, ciò che ci distingue”.

Ma il progetto che ha definitivamente portato Esposito sulla via della recitazione è stato il film a episodi Polvere di Napoli di Antonio Capuano. “Un regista straordinario, un vero maestro, fuori dagli schemi”, osserva. “È stato il primo lavoro con un ruolo importante, da coprotagonista: un piano sequenza di 6 minuti e mezzo”, spiega l’attore. “Giravamo di fronte a una delle Vele di Scampia, che all’epoca dovevano abbattere. Nel film io sparavo un colpo e, secondo l’idea di Capuano, nel momento dello sparo sarebbe dovuta crollare la Vela. E invece… la Vela sta ancora lì! (ride). Quello è stato il film che mi ha cambiato la prospettiva e mi ha fatto amare profondamente il cinema”.

Il film Nero e il debutto alla regia di Giovanni Esposito

Al Trapani Film Festival, l’attore ha portato il suo primo film da regista, Nero. “È un progetto a cui tengo molto e mi piace soprattutto quello che provoca nel pubblico. Dopo le proiezioni spesso la gente mi scrive, mi racconta le sensazioni che ha avuto: è meraviglioso. Sono quei film che, per quanto faticosi da realizzare, poi continuano a vivere dentro chi li guarda”.

Lavorare alla pellicola, infatti, è stato un percorso impegnativo. “Durissimo! Alla fine ero esausto e dicevo: ‘Non mi chiamate mai più!’. Però poi, col tempo, mi sono riconciliato con quel lavoro. C’è una scena a cui sono molto legato: con Susy, che interpreta mia sorella affetta da un problema mentale e che nella vita è anche mia moglie. Non era prevista in sceneggiatura, ma ho voluto inserirla: una scena intima, in cui le faccio una doccia. Ogni volta che la rivedo mi emoziona e mi provoca un affetto speciale. È quel tipo di verità che solo il cinema può restituire”.

Giovanni Esposito TFF
Foto di Simone Nicotra

Nella pellicola, Esposito interpreta anche il ruolo eponimo. Nero, un piccolo criminale di mezza età, vive di espedienti per prendersi cura della sorella Imma, affetta da gravi disturbi mentali. Durante una rapina in un supermercato, un colpo accidentale della sua pistola ferisce mortalmente un benzinaio. In fuga e tormentato dal senso di colpa, Nero scopre con stupore che la vittima si è inspiegabilmente risvegliata, illesa.

Il miracolo viene attribuito alla “Madonna dei detersivi”, una statua della Vergine nel reparto del negozio, ma il poliziotto Abate, analizzando i video di sorveglianza, sospetta che il vero potere di guarigione sia di Nero. Disperato, Abate lo supplica di salvare sua figlia, in coma da anni. Quando Nero riesce a risvegliarla, comprende di possedere un dono straordinario, ma ogni miracolo ha un costo: con ogni guarigione, perde uno dei suoi cinque sensi. Fino a dove sarà disposto a spingersi per redimersi e aiutare gli altri?