Lorenzo Fabbri, founder di Jungle, racconta il progetto GreenGraffiti: pubblicità urbana e sostenibile contro lo spreco della cartellonistica.

Potrebbe esservi già capitato – camminando per strada – di ammirare uno dei GreenGraffiti dell’agenzia milanese Jungle: uno strumento di comunicazione urbana, che prevede la realizzazione di messaggi pittorici temporanei, non convenzionali. Un’alternativa alla classica cartellonistica pubblicitaria, che da un lato ci pone di fronte all’evoluzione del concetto di pubblicità e dall’altro sposa tematiche come la transizione ecologica e l’attenzione alla sostenibilità.

I graffiti si rivolgono infatti ad un pubblico unicamente pedonale e non necessitano di impianti permanenti, lasciando di fatto lo scenario urbano inalterato. Creati con una tecnica serigrafica, i GreenGraffiti prendono vita grazie all’uso di un sistema di maschere in alluminio. Il colore è una miscela alimentare a base yogurt, gesso e cellulosa, facilmente rimovibile con un getto d’acqua calda ad alta pressione. L’intero processo operativo prevede un totale azzeramento nella produzione dei rifiuti. Non vi sono stampe da smaltire, né inchiostri o solventi chimici. Al termine del periodo di esposizione i graffiti si cancellano con sola acqua, e i template in alluminio possono passare alla fase di riciclaggio.

Lorenzo Fabbri e la nascita del progetto GreenGraffiti

«Il progetto GreenGraffiti nasce oltre 15 anni fa, era il 2007, con un obiettivo ben preciso: quello di portare il concetto di sostenibilità anche nel mondo del media Out-Of-Home e della cartellonistica. Un settore fondato storicamente sulla pratica dell’usa e getta. – dichiara il founder di Jungle, Lorenzo Fabbri – Si tratta di un tema noto per lo più agli addetti ai lavori e a cui l’informazione non ha mai dato troppo peso, ma non per questo meno rilevante di altri. Basti considerare che ogni due settimane, in una città come Milano, vengono affissi almeno 5-6mila mq di poster, rigorosamente mandati al macero due settimane dopo. Complessivamente parliamo di migliaia di tonnellate all’anno prendendo in considerazione l’intero panorama italiano, valori che credo non debbano essere ignorati. L’idea di GreenGraffiti è stata concepita proprio per offrire una soluzione alternativa alla cartellonistica, che possa contribuire a ridurre questo impatto».

Indiscutibilmente, l’attenzione alle tematiche ambientali ha portato «tanti settori B2C a introdurre nel proprio mercato di una serie di soluzioni che potessero rispondere ad un approccio green. – continua Fabbri – Dalle stoviglie compostabili alle auto elettriche, dal packaging plastic-free al cotone organico. Il nostro servizio si inserisce esattamente in questo contesto, rivolgendosi però ad un target B2B molto specifico: quello pubblicitario».

Genesi e sviluppo del progetto

«Come ogni innovazione, la fase di startup non è stata sicuramente semplice. – racconta il founder di Jungle – In primis, abbiamo incontrato lo scetticismo del mercato, abituato da decenni a confrontarsi sempre con gli stessi strumenti o al massimo con la loro versione digitale, e poco affine ai concetti di innovazione e cambiamento. Figuriamoci all’idea di dover utilizzare dei graffiti per fare pubblicità!». Un ulteriore difficoltà è derivata inoltre «dalla rigidità amministrativa che attanaglia il nostro Paese».

«Piano piano abbiamo iniziato a bussare alle porte di tutti i Comuni italiani, raccontando le caratteristiche dello strumento e chiedendo che fosse ammesso nei regolamenti locali. – dice Lorenzo – A volte siamo stati accolti a braccia aperte, molto spesso abbiamo dovuto intavolare una discussione lunga mesi o anni. In alcuni casi (vedi Roma) questo iter non si è ancora sbloccato». 

Va da sé che, negli ultimi anni, Green Graffiti ha trovato spazio «per lo più nelle città di Milano, Torino e Napoli, oltre che su una serie di Comuni più piccoli». «Le campagne che personalmente mi son rimaste più nel cuore sono quella per il docu-film di Asif Kapadia Diego Maradona in giro per i vicoli di Napoli. – racconta Lorenzo – Vi lascio immaginare le reazioni dei cittadini! Ma anche quella per il festival musicale MiTo Settembre Musica, una delle prime in assoluto. E infine quella prodotta qualche anno fa per un EP di Salmo, con la partecipazione dell’artista alla fase di graffitaggio».

Lo scetticismo del mercato

Chiediamo a Lorenzo Fabbri cosa ha stupito maggiormente gli ideatori di GreenGraffiti nel vedere i loro progetti realizzati. «Diciamo che lo stupore è sorto una volta che ci siamo resi conto che la soluzione non era solo green, ma anche funzionale. – risponde – Prima facevo accenno all’iniziale scetticismo del mercato, inteso come agenzie di comunicazione e centri media. La vera paura che avevamo nei primi mesi però era quella di non incontrare le attenzioni ed il gusto dei consumatori finali. Nel nostro caso cittadini e turisti che si muovono per le città. Che i graffiti venissero criticati, o ancor peggio, ignorati. Fortunatamente non è andata così, e oggi in tutte le città in cui possiamo operare siamo riconosciuti come una delle soluzioni più efficienti e smart».

Inclusione e sostenibilità

Il progetto GreenGraffiti si muove intorno a temi quali inclusione e sostenibilità: quanto è importante oggi pensare la comunicazione in quest’ottica? «Si tratta di due aspetti che erano fondamentali anche 20 anni fa e che oggi fortunatamente sono diventate due componenti imprescindibili nella vita di tutti noi. Questo grazie al progresso sociale, alle norme che lo sanciscono e alla comunicazione che ha accompagnato questo processo di trasformazione culturale. – ci dice Fabbri – Al giorno d’oggi è essenziale che questi due temi vengano continuamente comunicati. E questo per far sì che l’attenzione rimanga sempre alta. Nello stesso tempo, ogni impianto di comunicazione deve tenerne traccia, non potendo permettersi di ignorare il nuovo sistema valoriale».

«Non penso – riflette poi – che una sovraesposizione possa svuotarne il significato. O che l’abuso della parola sostenibilità e le battaglie per l’inclusione da parte dei brand possano rallentare o inquinare l’acquisizione di consapevolezza. Sicuramente rispetto al secolo scorso si richiede una sempre maggiore capacità critica da parte degli utenti/consumatori, ma anche questo ritengo sia un trend consolidato».

Il processo di compensazione idrica

Per ridurre ancor di più al minimo l’impatto sull’ambiente, da giugno 2023 è in vigore un processo di compensazione idrica grazie a WAMI e OXFAM.

«Ogni azione che compiamo ha un impatto sulla Terra. Questo impatto viene solitamente valutato tenendo conto delle due principali risorse di cui il genere umano ha bisogno per sopravvivere, ovvero aria e acqua. – spiega Lorenzo – L’impatto in termini di consumo di aria è noto a tutti e si riferisce alle emissioni di C02 dovute all’utilizzo dei mezzi a combustione, alle lavorazioni industriali, etc. Meno conclamato è invece l’impatto idrico (o waterfoot print), attraverso cui viene calcolato il consumo d’acqua che si cela dietro alla produzione di ogni cosa, dai generi alimentari alla carta. Le stime dell’UNESCO ci dicono ad esempio che un foglio A4 pesa poco più di 13 litri d’acqua. Una mela pesa circa 70 litri. Mentre una bottiglia di latte arriva a cubare quasi 1.000 litri (consumati per lo più nella produzione dei mangimi per animali)».

«Anche i GreenGraffiti hanno un impatto idrico dovuto alla fase di rimozione dei messaggi, che viene effettuata appunto con acqua. Il consumo stimato al momento è di circa 120.000 litri / anno. – continua – Per azzerare questo impatto abbiamo aderito ad un’iniziativa organizzata da WAMI e attivato un processo di compensazione idrica, prevedendo degli investimenti destinati ad aree economicamente depresse per facilitare l’accesso all’acqua dei residenti. In questo primo anno, ad esempio, la collaborazione ha portato all’allacciamento all’acquedotto di 8 reti domestiche nel distretto di Rockwood, in Sri Lanka, collegando all’acqua corrente 44 abitanti dell’area, con un complessivo stimato di oltre 600.000 litri erogati all’anno».