In occasione della proiezione di ‘Afrodite’, il regista Stefano Lorenzi ci racconta la lavorazione e il messaggio del suo film. L’intervista.
Nella terza serata del Trapani Film Festival 2025, il regista Stefano Lorenzi ha presentato il film in concorso Afrodite, che vede protagoniste Ambra Angiolini e Giulia Michelini. Girata proprio a Trapani, la pellicola racconta la storia di Ludovica, subacquea professionista, che vede crollare la sua scuola di immersioni a causa dei debiti accumulati dal suo socio con la mafia. “Il rapporto fra Trapani e il cinema?Direi totale”, ci spiega Lorenzi.
“Trapani sta crescendo tantissimo con il cinema. La trovo fiorente, come un bocciolo che finalmente sta sbocciando. Sta acquisendo sempre più un’identità, legata anche al cinema: qui si girano tanti film, anche internazionali, e diverse serie tv”, prosegue. “Insomma, c’è un movimento che sta cambiando la città, che non vive più solo di pesca o di altre attività tradizionali, ma che ha trovato anche nel cinema una nuova linfa”.

“E a me piace moltissimo. Lo dicevo in macchina mentre venivo qui: ho girato proprio qui il mio film e l’ho trovata molto cambiata rispetto a tanti anni fa, quando la conoscevo solo come tappa di passaggio per Favignana o Levanzo. Oggi non è più solo un luogo di passaggio, ma un posto da vivere. Il Trapani Film Festival è l’esempio perfetto di questa trasformazione: una rassegna giovane, ma già molto significativa. Ricordo che, quando giravo il mio film, vidi un manifesto del festival e pensai: ‘Che bello sarebbe presentare qui un lavoro girato a Trapani’. Ed eccoci, ci siamo”.
Entrando più nel merito della storia, Stefano Lorenzi spiega: “È stato un lavoro durissimo, soprattutto dal punto di vista emotivo. Pensate, ci sono 35 minuti di girato subacqueo. Lo spettatore non se ne rende conto – ed è giusto così – ma per un film indipendente, con un budget ridotto, è stata una sfida enorme. Abbiamo girato tutto dal vivo, senza effetti speciali: le attrici hanno preso il brevetto, sono scese a 20 metri di profondità dentro un relitto, affrontando paure e timori reali. Hanno recitato lì, sott’acqua, e questo rende tutto molto autentico”.
“Molti produttori non credevano che si sarebbero viste le loro espressioni, e invece sì”, aggiunge con orgoglio. “Sono loro, si riconoscono, e questo crea un legame fortissimo con chi guarda. Per me è stato emozionante. Certo, il film non è perfetto, ha i suoi difetti, ma è un film sincero, onesto, con una grande verità. Quella del riscatto di due personaggi femminili che vogliono liberarsi dalla mafia, dal patriarcato, da un destino pesante”.


La genesi di Afrodite arriva da lontano. “È un progetto che porto avanti da 7-8 anni, e che per fortuna ha trovato oggi il suo momento, anche grazie alla nuova attenzione verso questi temi. Alla base, però, c’è sempre stato un seme sano: la ricerca della libertà. Una libertà universale, che appartiene a tutti, uomini e donne, senza tempo. Dico sempre che la Sicilia è come una donna bellissima, ma ferita, violentata. Nel mio film ho voluto raccontare anche il riscatto, non solo la sofferenza. Molto cinema ha mostrato le ferite, io ho scelto di dare spazio alla possibilità di rinascita”.
Foto copertina di Simone Nicotra

