Al Trapani Film Festival, Ninni Bruschetta presenta il film ‘Prophecy’ e riceve il premio speciale alla carriera. La nostra intervista.
È Ninni Bruschetta il protagonista della seconda serata del Trapani Film Festival. L’attore e scrittore ha prima conversato con Alessandro Pieravanti e Danilo da Fiumicino nello spazio del De Core Podcast e ha poi presentato il film Prophecy, proiettato nel corso della serata. «Trapani al momento non ha bisogno di cinema, nel senso che ne ha tantissimo. – ci dice Bruschetta dietro le quinte del Festival – È un altro modo di intendere il cinema, il concetto di rassegna cinematografica. È un appuntamento innanzi tutto fortemente attrattivo e divertente per il pubblico. Chi organizza un festival pensa infatti ad un percorso di visione del cinema». «Negli anni vedremo cosa succederà e quali saranno le idee – continua – perché la fortuna e la durata di un festival dipende dalle idee, non certo dai grandi nomi».
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A proposito di Prophecy, diretto da Jacopo Rondinelli, abbiamo chiesto a Bruschetta com’è stato l’approccio a questa modalità di storytelling. Il film è infatti tratto da un manga e porta sul grande schermo la storia di Paperboy, un misterioso individuo il cui volto nascosto da un foglio di giornale appare in brevi video nel web in cui denuncia ingiustizie e fatti di cronaca preannunciando la punizione dei colpevoli.

«Per me è stato facile – ci dice l’attore – perché intanto mi piace tantissimo fare cose nuove. È l’unica cosa che ti ringiovanisce. Poi, quando un attore arriva su un set in qualsiasi situazione gli viene regalata, è sempre positivo. Mai imbarazzante e mai complicato. Non sapevo di cosa si trattasse, ma l’ho trovato interessantissimo. Devo dire che rispetto al fumetto il lavoro di Rondinelli è veramente eccellente».
Infine, sul rapporto con i giovani, Ninni Bruschetta chiosa: «Io disprezzo un paese che ritiene i giovani una categoria, perché sono l’unica vera popolazione di un paese. Noi siamo osservatori privilegiati e avremmo il dovere di rispondere alle loro domande, non dar loro dei consigli. Noi non capiamo niente del mondo moderno, mentre loro vivono la vita oggi. In Palestina o Ucraina muoiono i giovani o addirittura i bambini. Sono loro che fanno il mondo, dobbiamo avere rispetto e sostenerli. E concludo: un paese che paga i professori meno di un usciere di qualsiasi ufficio pubblico non ha futuro».

