Roma piange la scomparsa di Nicola Pietrangeli: il campione, simbolo di un tennis fatto di racchette di legno e imprese leggendarie, come la vittoria di Coppa Davis e Roland Garros, legandosi alla Capitale come pochi altri. Dietro i numeri e i trofei, però, resta soprattutto il rapporto speciale con una città che lo ha adottato, celebrato e accompagnato lungo tutta la vita, dentro e fuori dal campo.
Nicola Pietrangeli e il suo legame con Roma come casa, campo e destino
Nato a Tunisi, Pietrangeli arrivò a Roma senza parlare italiano, trasformandola nella sua città d’adozione e nella cornice della sua carriera sportiva. Due volte re degli Internazionali d’Italia (1957 e 1961), il suo nome è inciso sulla terra del Foro Italico: il Campo Pietrangeli, definito “imbarazzante per quanto è bello”, è un monumento vivente alla sua storia.
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Nel documentario “La Roma di Nicola Pietrangeli”, il campione accompagna lo spettatore tra Stadio Olimpico, Foro Italico e Circolo Canottieri, ripercorrendo i luoghi della sua infanzia e formazione sportiva, compresi gli anni nelle giovanili della Lazio. Anche perché, a Roma, Pietrangeli non era solo leggenda: era memoria condivisa e compagno di passeggiate e racconti.
Leader carismatico, Pietrangeli fu il capitano dell’Italia nella leggendaria Coppa Davis del 1976, vinta contro il Cile di Pinochet, un traguardo che lo consegnò all’eternità sportiva. Nel suo legame con Roma entrava anche un’etica dello sport. Quando si parlò di spostare gli Internazionali di Tennis disse chiaramente che avrebbe preferito “saltare un anno che giocare lontano da Roma”, disse parlando del torneo, a cui partecipò per 22 stagioni .
Ma pur di restare a Roma rinunciò anche a uno “scatto” di carriera, nel 1960. Come raccontato nell’intervista conservata nelle Teche Rai: “Io ho proprio dei ricordi legati all’Olimpico, abbastanza lontani, delle Olimpiadi del 1960. Qui avevo firmato un accordo che mi legava alla famosa troupe di Jack Kramer per tre anni. Avrei dovuto abbandonare tutte quelle attività ‘dilettantistiche’ come la Coppa Davis e altri tornei così. Solo che venni all’Olimpico, mi piazzai in tribuna e ci fu l’inaugurazione delle Olimpiadi e c’è stato l’alzabandiera e l’inno di Mameli. Potrà sembrare stupido e patetico ma mi sono scesi due lacrimoni. Finita l’inaugurazione sono sceso, ho preso l’assegno da 5mila dollari e l’ho strappato. L’ho rimandato indietro dicendo che mi scusavo ma che non me la sentivo”.
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