Papa Francesco ci ha lasciato il 21 aprile 2025, e a più di quattro mesi dalla sua scomparsa il mondo continua a ricordare la figura di un pontefice che ha saputo parlare agli ultimi e agli emarginati, lasciando un segno indelebile nella storia della Chiesa.
Tra i tanti ricordi che riaffiorano, spicca il suo legame profondo con un’opera d’arte che custodiva nel cuore: La Vocazione di San Matteo di Caravaggio.
Il dipinto, custodito nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, rappresentava per il Papa qualcosa di molto più che un capolavoro artistico. Era una finestra sulla propria anima.
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Lo stesso Francesco raccontava di come, fin dai tempi in cui abitava in via della Scrofa, amasse recarsi spesso in quella chiesa per contemplare l’opera. In un’intervista a Civiltà Cattolica, aveva confidato:
“È il gesto di Matteo che mi colpisce: afferra i suoi soldi, come a dire: ‘no, non me! No, questi soldi sono miei!’. Ecco, questo sono io: un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi.”
Quel gesto esitante, quella mano che sembra voler restare ancorata al denaro, simboleggiava per Papa Francesco la lotta di ogni uomo con le proprie fragilità, e la misericordia di un Dio che chiama anche chi si sente indegno. L’immediatezza dei chiaroscuri di Caravaggio, la drammaticità della scena, il fascino della redenzione: tutto parlava a Bergoglio con una potenza emotiva unica.
La Vocazione di San Matteo racconta l’istante in cui Cristo, semplicemente dicendo “seguimi”, cambia il destino di un esattore delle tasse, un uomo ripudiato e marginalizzato, proprio come Francesco amava ricordare nei suoi discorsi più vibranti: nessuno è escluso dalla misericordia di Dio.
Ora che il suo cammino terreno si è concluso, l’immagine di quella mano tremante, di quel dito di Cristo che indica e chiama, si carica di un valore ancora più forte. È quasi come se Papa Francesco, per tutta la vita, avesse risposto a quella stessa chiamata, ogni giorno, con umiltà e coraggio.
Roma, con le sue chiese e i suoi quadri, custodisce anche questo frammento prezioso della sua memoria. E chi oggi si ferma davanti a La Vocazione di San Matteo può forse sentire, nel silenzio, l’eco di quel sì che ha cambiato la storia di un uomo, e attraverso di lui, quella di milioni di fedeli nel mondo.