‘Dislessico Famigliare’: Giampaolo Morelli e Gloria Bellicchi raccontano la neurodivergenza senza filtri

A Roma è stato presentato “Dislessico famigliare – Cronache (s)connesse di una famiglia straordinariamente normale”, il libro scritto a quattro mani da Giampaolo Morelli e sua moglie Gloria Bellicchi per Sperling & Kupfer. Un volume che nasce dall’esperienza diretta di una famiglia “per tre quarti neurodivergente”, come la definiscono gli autori, e che mescola memoir, riflessione personale e consigli pratici senza la pretesa di insegnare, ma con l’onestà di chi ha vissuto la dislessia sulla propria pelle.

La scoperta durante il lockdown

L’idea del libro è scattata durante la DAD, quando Giampaolo Morelli ha avuto l’opportunità di osservare suo figlio Gianmarco in prima elementare collegato al pc con la classe. «Notavo in lui gli stessi problemi che riscontravo io a scuola: tendenza a distrarsi facilmente. Questo succede perché soprattutto nei bambini quando sono in difficoltà il cervello stacca», ha raccontato l’attore e regista durante la presentazione. Quella consapevolezza ha portato la famiglia al Gemelli per una diagnosi, scoprendo che non solo Gianmarco, ma anche l’altro figlio Pier Maria condividono la dislessia del padre.

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Una diversità, non un disturbo

Il messaggio centrale del libro è chiaro: la dislessia non è un disturbo ma una diversità. «Diventa disturbo nel momento in cui ci mettete in una classe in cui i metodi di insegnamento sono per persone chiamiamole normali», spiega Morelli con franchezza. L’attore ha scoperto di essere dislessico solo dopo i trent’anni, e nel libro non nasconde quanto quella mancata diagnosi precoce abbia pesato sulla sua formazione: «Non c’è niente di peggio di una dislessia non diagnosticata, perché quando tu sei ragazzo formi le tue basi, le basi della tua autostima. Se quelle vengono meno, poi ci dovrai fare i conti per tutta la vita.»

L’approccio di Gloria Bellicchi: serenità e informazione

Gloria Bellicchi, nel libro e nell’intervista rilasciata alla presentazione, offre il punto di vista della madre che ha dovuto imparare a “non intervenire per aggiustare”. «Sapere che loro sono dislessici, che funzionano in maniera diversa, mi ha aiutato a bloccare questo interventismo e lasciare che loro mi mostrassero la loro strada», racconta. Il suo consiglio alle altre famiglie è di comunicare la dislessia ai bambini «in maniera serena, come si comunicherebbe una miopia. Ovvio che uno potendo scegliere preferirebbe non esserlo, ma nel momento in cui uno deve mettere gli occhiali non è che ci buttiamo a terra.»

Un contributo corale

Il libro include anche le voci dei diretti interessati: Giampaolo, Gianmarco e Pier Maria hanno risposto a un’intervista interna dando ciascuno il proprio punto di vista sulla dislessia. L’obiettivo, spiegano gli autori, è «evitare della sofferenza ai ragazzi, ai genitori, ai futuri genitori» e dimostrare che i talenti di ognuno possono emergere quando vengono riconosciuti. Come dice Morelli ai suoi figli: «Non andiamo bene a scuola, non è il nostro campo, ma poi nella vita ci saranno occasioni per rifarsi abbondantemente e per mettere in campo quelli che sono i nostri talenti»

Crediti foto@Ufficio stampa